giovedì 24 novembre 2016

I due pilastri



Prima della nascita, l’anima di ciascuno di noi sceglie un’immagine o disegno che poi vivremo sulla terra, e riceve un compagno che ci guidi quassù, un daimon, che è unico e tipico nostro. Tuttavia, nel venire al mondo, ci dimentichiamo tutto questo e crediamo di esserci venuti vuoti. È il daimon che ricorda il contenuto della nostra immagine, gli elementi del disegno prescelto, è lui dunque il portatore del nostro destino. ( J. Hillman)

"...le massime libertà nella interpretazione del simbolo devono essere salvaguardate contro ogni dogmatizzazione, perché se la speculazione e i risultati della meditazione e della illuminazione sono validi, la significazione ultima del simbolo resta e deve restare sempre eguale alla sua essenza cioè a se stessa." Francesco Brunelli - Martinismo e Pitagorismo


Ogni struttura iniziatica tradizionale, realmente tale, trova il proprio fondamento in due pilastri. 

Il primo di essi è rappresentato dal "mito fondativo" attraverso cui vi è una rappresentazione immaginifica/mitologia del messaggio sapienziale che ispira ed anima la struttura stessa. 
Nel martinismo tale mito è rappresentato dalla caduta dell'uomo da una condizione di creatura privilegiata da Dio, ad una condizione di reietto e succube di forze di prevaricazione. L'uomo precipita a seguito di un atto di disubbidienza, ma a differenza di altre creature cadute prima di lui, ha la possibilità di riacquistare la condizione perduta e riconciliarsi al divino. Tale narrazione viene, nel martinismo, riassunta in una parola "reintegrazione". 

E' necessario comprendere come il "mito" rappresenti un antico sistema di trasmissione della sapienza, sicuramente superiore alla semplice enunciazione di pensieri e concetti. In quanto il mito, per sua stessa natura, è costituito da una molteplicità di elementi dialettici, immagini, collusioni e collisioni fra il mondo degli uomini e il mondo del divino in grado di veicolare un novero informativo ben maggiore. L'immagine, la narrazione dinamica, evidentemente raccolgono un numero di informazioni superiori alla fallace parola contemporanea, al nostro modo di comunicare livellato e costellato di presunte oggettività. E' altrettanto vero che è sufficiente scendere un poco oltre la soglia dell'ovvio e delle sorde e mute convenzioni per rendersi conto che non sussiste comunicazione alcuna, mentre piuttosto galleggiamo in un fiume di parole e concetti separativi. 
Se ben riflettiamo il mito, che viene riproposto dai nostri rituali individuali e collettivi, offre non l'apparenza di una comunicazione dialettica, ma la sostanza di un'esperienza condivisa in forza della sua funzione formativa e catartica. La quale insemina la nostra mente, il nostro cuore e progressivamente tutto in noi pervade.

Il secondo pilastro su cui necessariamente deve reggersi una reale struttura iniziatica, è rappresentato dal complesso docetico e dal corpo rituale che sono amministrati e trasmessi dalla Grande Maestraza. I quali devono congiuntamente essere espressione del Mito fondativo e permettere la vivificazione del medesimo in ognuno dei fratelli. Ecco quindi che è necessario che ognuno degli strumenti proposti, così come il corpo degli insegnamenti, sia adeguatamente valutato e calibrato. In modo, che esso, sia non un un qualcosa di fine a se stesso, ma un utile viatico fra l'iniziato e quella soglia che deve essere attraversata.

Perchè la purificazione? Perchè attraverso tale momento ci rendiamo consapevole della nostra condizione di imperfezione e impudicizia, e volontariamente ed attivamente, con l'assistenza delle potenze celesti che in noi albergano, procediamo a mondarci.
Perchè il rituale giornaliero? Perchè attraverso tale tale il singolo iniziato, e la collettività fraterna, adempiano alla propria laboriosa testimonianza, volta a tendersi verso la Casa del Padre Benevolo.
Perchè i rituali maggiori? Perché si procede ad un servizio sacerdotale verso l'interna comunità, e riproponiamo, traendone energia vitale, il mito fondativo e i suoi corollari.

La comprensione dal parte dell'iniziato del "mito fondativo", lo conduce ad una sensibilità maggiore e profonda a riguardo del luogo dove ha deciso di operare. La quale produrrà sicuramente dei benefici effetti nella sua pratica e nella sua crescita interiore. 
La comprensione degli elementi rituali e docetici lo porterà a valutare l'adesione da parte della struttura alla propria radice tradizionale. Onde  evitare che questa non sia altro che un bivacco di cultori di cose esoteriche o di illusi. 


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Le Dieci Preghiere di Louis Claude de Saint-Martin (nuova traduzione)



Introduzione
Altopascio, 20 Novembre 2016
Carissimo e paziente lettore giunto a te nel presentarti questa nuova traduzione delle “Dieci Preghiere” di Louis Claude de Saint-Martin. Tralascio in questo momento una qualsiasi nota biografica attorno all’importanza dell’autore, rimandando all’appendice di questo piccolo libro, per soffermarmi attorno ad alcune semplici ed umili riflessioni in merito a questo testo.
Sovente l’importanza della preghiera all’interno di un percorso realizzativo dell’Essere, che nel martinismo assume la forma di reintegrazione dell’uomo nell’uomo e dell’uomo nel divino, viene sminuita, quando addirittura rimossa con frettolosa superficialità. Tale atteggiamento in molti è frutto di un riflesso condizionato, di un antagonismo, nei confronti del fenomeno religioso. Quando non si tratta, e spesso lo è, di un autentico sentimento di superiorità nei confronti di un atto ritenuto di sottomissione e popolare.
Andrebbe però considerato come la preghiera, così come qualsiasi strumento spirituale, non è vivo in quanto tale, ma bensì in guisa della prospettiva e della forza ad essa impressa. Colui che lo riterrà meccanismo d’opera, capace di porlo in contatto con stati dell’essere profondi e canale di influenze sottili, certamente si pone fuori da un contesto meramente devozionale. Egli tenderà a vedere la preghiera come uno strumento avente finalità invocative ed evocative. Del resto amo sovente ricordare come lo stesso rituale Teurgico è composto di numerosi e significativi atti configurabili, se osservati singolarmente, come preghiere. Sono la capacità, il genio e la volontà operativa del Teurgo che, fondendo i vari elementi ritualistici in un unicum, determinano un viatico fra l’uomo immerso nel quaternario e l’uomo coagente della divina volontà (che è in Lui). Amico mio, via teurgica e via cardiaca non sono altro che i due risvolti della medesima medaglia: la ricerca da parte dell’uomo di una manifestazione, di uno stato, del divino.
Portando adesso l’attenzione a questo lavoro di Louis Claude de Saint-Maritn, vorrei evidenziare alcuni elementi che sono fondamentali per comprenderne, e spero implementare in un atto di opera, la fatica filosofica. Il mito fondativo di riferimento del Filosofo Incognito consiste in una caduta da uno stato edenico dell’uomo, a causa di un atto di ribellione, di superbia nei confronti del suo Creatore. A differenza di altre creature in precedente condannate a medesima sorte, è però riservata all’uomo, tramite il pentimento per quanto commesso e il riconoscimento della volontà divina, la possibilità di riconquistare il ruolo di creatura prediletta.
E’ la reintegrazione che permette all’uomo di riabilitarsi e riconquistare quanto un tempo era sua prerogativa e potenza. Tale processo trova, per il Filosofo Incognito, inizio con una presa di conoscenza attorno alla propria misera condizione di essere transeunte e sottoposto alla mercè di forze a lui superiori. Forze che lo hanno infettato, e reso a sua volta elemento di contaminazione. Tale rivelazione interiore spinge l’Uomo di Desiderio a chiedere, strappando il Dio Inneffabile dalla sua incuranza per le sorti della creature, l’invio di uno spirito, di un agente sostanziale, di verità e di luce.
Il Dio che Louis Claude de Saint-Martin ci offre è ineffabile, estraneo a questa “terra di prova” (così come indicato proprio in queste preghiere dal Filosofo). Terra in cui l’uomo inconsapevole, cieco innanzi all’errore, è ghermito, schernito e abusato dai “Prevaricatori”. I quali sono le creature spirituali cadute prima dell’uomo stesso, e a cui è stata negata la possibilità di essere riammesse alla condizione originaria, per esse inesorabilmente perduta. Ecco quindi che l’uomo stesso non è altro che un campo di battaglia fra l’azione di questi spiriti di separazione, la forza della potenze naturali e la medesima volontà spirituale umana di riconciliarsi con il proprio Creatore. “Sorgente eterna di tutto ciò che è, Tu che invii ai prevaricatori degli spiriti di errore e di tenebre che li separano dal Tuo amore, invia a colui che Ti cerca uno spirito di verità, che lo riconcili a Te per sempre” E’ significativo, come sopra proposto, che la prima preghiera si apra proprio con tale “supplica”, la quale altro non è che la CHOSE, la manifestazione divina tanto ricercata nella pratica degli Eletti Cohen di cui lo stesso Louis Claude de Saint-Martin era stato esponente di indubbio rango e spessore.
E’ quindi inevitabile che il “semplice messaggio” di cui è portatore il Filosofo Incognito, non possa che essere raccolto in tali elementi e simboli formali. Non sarebbe stato possibile, non sarebbe stato concepibile altrimenti. Un messaggio spirituale è elemento sottile per eccellenza, impalpabile e in se stesso incomunicabile; necessita di elemento grossolano comunicativo per essere seminato, prima nella mente e poi nel cuore, di colui che è meritevole di riceverlo. Come tutti i semi, esso necessita poi dell’opera del buono e solerte contadino, capace di cogliere le necessità della terra e l’azione degli elementi, affinchè il seme possa fruttare ed essere nutrimento supersostanziale.
Procedendo lungo la sofferta via della presa di coscienza interiore, comprendendo l’errore ancestrale commesso, l’uomo, con il sostegno del Padre, da succube diviene campione del divino, opponendosi all’azione degli agenti di prevaricazione. Tale titanica lotta trova espressione nell’arrendersi alla volontà divina, la quale colma l’uomo nel momento in cui, e solamente in tale istante, l’uomo rinuncia alla propria volontà contingente ed impermanente. Come mi permettevo di far notare ad una cara persona, dobbiamo comprendere, quando siamo innanzi ad un testo a carattere spirituale, che il messaggio in esso raccolto è custodito all’interno di una forma comunicativa. La quale risente, ovviamente e non potrebbe essere altrimenti, del linguaggio tipico del tempo, della formazione culturale dell’estensore e di coloro che ne dovrebbero beneficiare. Il Filosofo Incognito vive ed opera in una Francia stravolta dalla rivoluzione e dal regno del terrore che segue a tale epocale evento. Una Francia ancora intrisa della narrazione e dei simboli cattolici, i quali erano, e sono, patrimonio comune, substrato immaginifico e culturale degli “amici” da cui è circondato e di cui è imbevuto egli stesso.
Edizioni Lulu http://www.lulu.com/spotlight/lachimera70
In estrema conclusione, ti porgo, caro amico, due ulteriori pensieri in merito a quest’opera del Filosofo Incognito. La mia sensibilità, il mio studio, ed infine la pratica che da tutto ciò è derivata mi porta a riconoscere negli scritti di Louis Claude de Saint-Martin una profonda venatura gnostica. La quale vede l’uomo, nella sua condizione di caducità, profondamente e mortalmente lontano dalla sua radice spirituale: il Pleroma Gnostico. Sottoposto all'azione di questi terribili ed invasivi agenti di separazione che sono i Prevaricatori e che nello gnosticismo assumono la denominazione degli Arconti. Lo stesso “spirito di verità” trova rimembranza nell'azione salvifica della Gnosi la quale è forma e veicolo di redenzione. Concludo poi soffermando sul numero 10, il numero di queste preghiere, il quale non solo rappresenta la completezza e la perfezione divina, ma anche l’eterno nuovo inizio di colui che è consapevole. Oltre ovviamente ad essere la somma dei primi quattro numeri, che alchemicamente possiamo leggere, e giustamente comprendere, come i quattro elementi. Questa semplice premessa ha avuto come unico obiettivo quello di sottoporti sotto una diversa valenza non solo l’opera del Filosofo Incognito, ma la stessa preghiera quale valido e formidabile strumento di opera interiore. Introduzione al testo "Le Dieci Preghiere di Louis Claude de Saint-Martin"


mercoledì 23 novembre 2016

Le Origini dei Superiori Incogniti



In una riunione di studio tra pari, quale é quella in questa occasione é anche permesso di divergere nella interpretazione di quello che é il deposito tramandatoci dai  Maestri Passati, e tale divergenza non altera in alcun modo il ruolo gerarchico nell’Ordine ne quantomeno il livello del Fratello o dei Fratelli con cui si discute.

Questa é una promessa necessaria alla quale ovviamente dobbiamo farne seguire un'altra e cioé che il Martinismo sia esso proveniente dagli insegnamenti di Luis Claude de Saint Martin, da quelli di Willermotz, da quelli di Papus, Cham­boseau, de Guaita, Ambelain ecc..  ha per unico primo agente vivificante un solo nome e cioé Martinez de Pasqually. Se noi desideriamo pertanto porre delle discussioni dobbiamo rifarci al suo insegnamento ed alle interpretazioni che successivamente sono state date a tale insegnamento da coloro che direttamente o indirettamente sono partiti da lui.

Ma Martinez de Pasqually che sicuramente non dava un insegnamento cristiano anche se lo “tingeva” di cristianesimo, era costretto ad agire ed a parlare in termini comprensibili al suo uditorio (che era già per quei tempi un uditorio scelto!) ed in termini comprensibili parlava di una caduta, di una reintegrazione, di angeli, di profeti, di santi e via dicendo.. .. con questo intendendosi non degli esseri ma delle forze che venivano antropomorfizzate per necessità.

Sostenere tale tesi significa non dare una interpretazione letterale, ma nel nostro ambiente, questo é normale. Noi dovremmo essere capaci di vedere dietro i simboli, dietro le personificazioni, dietro gli adattamenti letterali e simbolici quella verità che é sempre una, comunque la si voglia rigirare.

Orbene la REINTEGRAZIONE non deve essere interpretata exotericamente in senso giudeo-cristiano, ma nel senso er­metico tradizionale (in senso iniziatico direi) allora si profilerebbe la validità di un lavoro di ridivinizzazione di una essenza degradata attraverso dei "piani" o delle "sfere" di coscienza che deve risalire necessariamente. Che questo avvenga attraverso delle operazioni rituali o senza di queste, il fatto poco importa, ciò che importa e ciò che é condizione sine qua non, é che questa essenza deve progres­sivamente raggiungere degli "stati" - sempre più differenti da quelli in cui vive la attuale umanità.  E questo é tutto. Ovviamente secondo me é più facile ottenere la visione di un evento a New York attraverso una apparecchiatura captante, che non attraverso il solo sforzo del soggetto che resta seduto (in tutti e due i casi) per esempio a Perugia.  E' quindi una pura questione di tecnica che naturalmente richiede dall'operatore in tutti e due i casi delle doti particolari senza lo sviluppo delle quali, indipendentemente dai mezzi, non si riuscirà a veder niente!

Per tali ragioni già dissi ed affermai che parlare di via umida o via secca in senso assoluto è semplicemente risibile, mentre non lo é parlando relativamente.

E ce lo dice Saint Martin secondo quanto scrive Amadou, il maggiore storico saintmartiniano (I) "In effetti Saint Martin non si é mai proposto, né mai ha proposto agli uomini altro fine che quello della reintegrazione di cui Martinez gli aveva precisato la nozione, fornito i termini, affinato il gusto ed eccitato il desiderio, per Saint Martin come per Martinez de Pasqually il metodo é quello teurgico. Anche Saint Martin fa largo posto alle virtù ed alle potenze intermediare, ma Saint Martin ritiene che il lavoro su queste virtù e su queste potenze si compie meglio nel nostro intimo: operazione del cuore quindi in un triplice senso: lavoro di conoscenza (l'occhio del  cuore é l'organo della scienza spirituale); lavoro d'amore (il cuore è l'or­gano del sentimento); lavoro delle forze vitali interiori legate al sangue: immaginazione, parole, gesti. Ecco il senso per cui la via tracciata dal Filosofo Incognito é detta "interiore" (Saint Martin) e "cardiaca" da Papus.

E' così chiaramente percepibile da queste parole come il metodo tanto discusso non é altro che una interiorizzazione del metodo indicato da Martinez de Pasqually.  Tutto qui !

E queste sono le messe a punto dovute e doverose, affatto polemiche, ma che necessariamente debbono essere dette onde evitare equivoci presenti e futuri. Da ciò scende che un Superiore Incognito, quando realmente ha conseguito quello "stato" può indifferentemente adoperare l'una o l'altra tecnica maggiormente confacentesi ai suoi gusti, alle sue necessità ed ai suoi bisogni del momento. Non é importante la tecnica, é importante il conseguimento “dello "stato” che avviene attraverso un lavoro interiore e non, per conferimento, in quanto attraverso l’iniziazione passa una potenzialità, che deve essere poi sviluppata. Discorsi soliti questi su cui non é il caso di intrattenersi maggiormente.

Veniamo dunque ai Superiori Incogniti.

Altri diranno ed han detto dei doveri di questi, io desidero limitare il campo della discussione andando alla ricerca dell'origine delle lettere S.I. perché é dalle origini che si può intendere ciò ch'esse rappresentano in realtà, quale é il ruolo di coloro che ne sono insigniti e quali sono i loro doveri.

Se é vero che l'Ordine Martinista attuale é stato ex novo ricostruito da Papus, non é men vero che in esso sono confluite differenti filiazioni preesistenti rifacentesi tutte a Martinez de Pasqually ed ai suoi discepoli. Il Martinismo di Lione é una realtà, il Martinismo di Strasburgo é un'altra realtà, la storia non é ancora stata scritta interamente e non si debbono dare giudizi definitivi su tale assunto considerando il carattere "riservato" delle iniziazioni e delle loro trasmissioni.

Il Martinismo fu rivivificato da Papus é vero nel 1891, ma Papus che cosa aveva realmente in mano? La trasmissione del sacramento dell'Ordine nei piani sottili e "un povero deposito costituito da due lettere e qualche punto".  (2)

Allora la tradizione martinista da chi venne portata ? E' a tutti noto che collaboratore intimo di Papus fu Agostino Chamboseau, questi aveva ricevuto un'altra trasmissione martinista più sostanziosa, mettendo insieme le comuni conoscenze ed i comuni depositi, Papus ha potuto dare un vestito alle lettere ed ai punti ricevuti in eredità e cioé alla ben nota sigla S:: I:: (3).

I quaderni dell'Ordine stabiliti con l'aiuto di Stanislao de Guaita danno a queste due lettere un seguito e cioè quello di SUPERIORE INCOGNITO con il significato ormai a tutti i martinisti noto.  E rifacendosi solo al 1891 vanno bene tutte le citazioni ed i significati che si vogliono e si danno a tale qualifica,  che, dichiaro subito, di accettare e condividere.

In realtà tanto Papus che Chamboseau possiedono una filiazione derivante in linea diretta da Luis de Saint Martin, il Philosofo Incognito come amava chiamarsi.

Allora dovremo sapere per avere la piena coscienza di ciò che in realtà siamo o dovremo essere, anche Saint Martin attribuiva una simile significazione alle due lettere S. I. o se gliene attribuiva un'altra.

E da Saint Martin necessariamente ritengo che dovremo procedere a ritroso sino a Martinez de Pasqually.

A questo punto mi sembra opportuno riferire una tradizione scritta da Jean Chaboseau (figlio) e pubblicata nel volume di Philippe Encausse consacrato alla memoria di suo padre Papus. (4)  

<<Quale é dunque la filiazione cui si può reclamare Papus? E' da sola sufficiente per giustificare l'origine dell'Ordine Martinista tale quale fu fondato da Papus? Questa filiazione che rimonta a Saint Martin ... non ha alcun rapporto con l'Ordine dei Cohen bensì alla “Società dei Filosofi Incogniti” di cui il barone Tachoudy ci dà gli statuti nella sua “Stella Fiammeggiante” (1784). E' a questo ordine o fratellanza mistica che conta Khunradt, Gichtel, Salzmann, Boheme tra i suoi membri,  a cui si collega Saint Martin quando si dimise dai Cohen. E' a questo Ordine, che si ricollega ai "Fratelli d'Oriente" e che é ancora più antico... che appartengono i simboli fondamentali ed unici del Martinismo e le lettere che accompagnano il ”Crismon” i sei punti misteriosi.... E' da questa Società che egli trasmette il deposito nella sua "Società degli Intimi" di cui l’esistenza é attestata dalla lettera del Prof. Koester nel 1795 e quella indirizzata a Von Meyer da J.Pont, di cui parla Clichten.>>

E' dunque tutto chiaro? No.

Jean Chaboseau non era semplicemente aggiornato quando scrisse tale nota.

Se avesse letto il Soro (5) o se avesse condotto delle serie ricerche come quelle pubblicate da Amadou (6) nella Tour S.Jacques si sarebbe accorto che dietro la Società dei Filosofi Incogniti da lui citati c'era semplicemente un grado del Rito Massonico dei Filaleti tra i quali Saint Martin non venne mai accolto.

Tutto quì, un pò di confusione, scarsa documentazione ed il gioco è fatto. Forse non basta essere figlio di tanto padre per dettare storie e sentenze.

Nella rivista l'Initiation (7) J. de la C. (S.I.) sotto il titolo “Il Martinismo e la Tradizione dei Superiori Incogniti”, sostiene che “l'Ordine Martinista, malgrado il suo titolo ufficiale e la sua invocazione permanente a Luis Claude de Saint Martin non é affatto il vero nome di questa organizzazione, come l'Ordine degli Eletti Cohen che lo ha preceduto. Si possono considerare come periodi di risveglio più conosciuti quelli che hanno lasciato traccia nella storia: La Società dei Superiori Incogniti nel I646,  l'Ordine degli Eletti Cohen nel 1754, la Società degli Intimi  o degli Amici a Strasburgo verso la fine del 18° secolo, l'Ordine di Papus nel 1891."

Questo AA. riferendo delle tradizioni orali sostiene che esiste una occulta Fratellanza avente come compito principale quello di insegnare e di perpetuare ad un piccolo numero di persone scelte la tradizione esoterica universale, che il canale donde deriva questo branca manifestantesi con periodi di risveglio aveva verso il III° secolo il suo centro a Bisanzio.  E' inutile quì che riferisca i particolari dello studio citato, veramente  interessanti che meriterebbero la pena di un vaglio storico, non tanto per essere provati, che nel nostro campo le cosiddette "prove" hanno un valore relativo, ma per avere delle conferme e delle chiavi.

Indipendentemente da ciò e da quanto si può continuare a scrivere su questo argomento, ritengo che dato per risolto il problema delle iniziazioni individuali di Luis Claude de Saint Martin, si possa accettare che le due lettere trasmesse quelle di S.I. abbiano per lui avuto effettivamente il valore di un grado o di una carica se così ci si può esprimere creata da Martinez e precisamente “Superiore Incognito o di Sovrano giudice (Souverain Juge) dell'Ordine degli eletti Cohen (tutti Reux + Croise)” .

In effetti Saint Martin è sempre rimasto fedele alle dottrine del suo Maestro Martinez, ma spirito semplificatore per eccellenza, é concepibile ch'egli abbia voluto trasmettere, al di fuori di ogni ritualità il massimo grado dell'Ordine (così come quasi parallelamente fece Willermotz).

“A questo Ordine degli Eletti Cohen”, scrive Robert Amadou (I) "Saint Martin si può dire, ha appartenuto per tutta la sua vita, Coen fu e Coen resta?  Intendo Coen di spirito e di cuore, Coen di intelligenza e di fede - anche se non di metodo. Per maggiore esattezza posso dire che egli non rigetta affatto il metodo Coen ma, molto presto, lo transpose".

Molte ombre permangono ancora sulla trasmissione delle due lettere e soprattutto sul loro significato iniziale, almeno se andiamo alla ricerca di documenti storici così difficile da trovare quando ci si muove in campo iniziatico ove la trasmissione orale gioca un ruolo preminente. Ed  é appunto di questa tradizione che dobbiamo avere un debito conto quando esponiamo la nostra interpretazione.

Concluderò riassumendo da Van Rijnberk una validissima interpretazione simbolica.

Papus dice che le lettere S.I.  già si trovano sull'ultima figura del libro di Kunrath ”L'anfiteatro della saggezza eterna” pubblicato nel 1609.

Al centro una collina rocciosa rappresentante la sua opera, intorno i suoi detrattori che vomitano invettive. Al di sopra la stella fiammeggiante che tra i suoi raggi porta il none IOD HE SCHIN VAU HE, all'interno una sigla composta da un S attorcigliata intorno ad una I .

E' il serpente di bronzo di Mosé prototipo del Cristo, é il simbolo dello spirito inchiodato al palo della materia.

Ora la S simbolo del serpente di bronzo, simbolo dello spirito, prototipo del Cristo simboleggia altresì l'iniziato qui sulla terra posto anch'esso sulla croce della materia. Il Rijnberk conclude (3 ) – Nelle due sentenze che attorniano la stella fiammeggiante: “Durans veritatis astrum hoc fulget et monstrat iter” (questo astro eterno di verità illumina e mostra la via) e “Pone me ut sigillum super cor tuum” (ponimi come sigillo sul tuo cuore), vi sono due parole principali SIGILLUM ed ITER le cui iniziali sono ancora S. I. L'iniziazione é il sigillo che permette l’accesso alla via e contemporaneamente indica il sentiero....

Per chi ha ricevuto nella sua anima il sigillo indelebile della iniziazione, se queste due lettere gli ricordano sempre che lo spirito dell'uomo é inchiodato alla materia, gli ricordano pure che per la liberazione dai legami della carne, è in essa, per essa, attraverso essa che deve purificarsi .

E ricordano ancora l'arcano 13 del Taro: come il serpente crocifisso di Mosé, l'iniziato deve sacrificarsi per la salute dei suoi simili, legato al palo hilico, deve effondere tutti i tesori ch'egli ha avuto la fortuna d'acquistare.

Che la pace, la gioia e la carità siano sui nostri cuori e sulle nostre labbra ora e sempre.



BIBLIOGRAFIA

1- R. Amadou: L'Initiation 40,N.2,I966 pag 68

2- Papus : Martinezisme, Willermozisme, Martinisme et  Franc-Maconnerie,1899, 44-45

3- Van Rijnberk: Martines de Pasqually 1938, II° vol.

4- Encausse: Sciences Occultes 1949:66-69

5- Soro: Il gran libro della natura. Ed.Atanor

6- Amadou: La Tour Saint Jacques

7- lnitiation: 30° N.1 1956:21-25


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martedì 22 novembre 2016

Note Storiche sul Rito Antico e Primitivo di Memphis e Misraïm e sul Martinismo



Introduzione

Altopascio, 06 Novembre 2016

E’ con molta soddisfazione che presento questa nuova traduzione, a cura dell’amica Valeria Noli, delle due opere divulgative di Jean Bricaud. Personaggio dotato di una grande capacità organizzativa, di mente e volontà non comuni, che ha saputo raccogliere l’eredità lasciata da Papus. Un compito non facile il suo, tenuto conto anche della grande livella rappresentata dalla prima guerra mondiale, ma che ha adempiuto, seppur commettendo inevitabilmente degli errori di valutazione, con vigore ed abilità. Bricaud nel suo transito terreno, (lo vedremo ampiamente in appendice) è stato Grande Maestro del Martinismo, Ierofante del Memphis e Misraïm e, soprattutto, Primate della Chiesa Gnostica francese. La sua visione, in seguito ripresa dallo stesso Ambelain[1], era quella di una piramide di ordini e riti, dove l’apice fosse rappresentato dalla Chiesa Gnostica e dalla funzione sacerdotale. Difatti, nella visione di Bricaud, solamente la consacrazione sacerdotale e la teurgia, che ricordiamo essere tradizionalmente riservata ai sacerdoti, hanno la possibilità di rendere gli strumenti dell’iniziato attivi e capaci di essere tramite fra il medesimo e le influenze sottili. Ecco quindi che tale impostazione prevedeva la necessaria conditio sine qua non che il fratello che desiderasse accedere a tale strutturazione operativa, fosse Maestro Libero Muratore. Per Bricaud, soltanto così sarebbe stata garantita una precedente formazione “morale” e “filosofica” in grado di scremare i curiosi e gli indisciplinati. La sua azione di riforma non fu accettata universalmente, così come la sua successione a Papus-Téder. A fronte dei suoi successi, è necessario registrare fratture e spaccature all'interno del mondo martinista e dei riti egizi. Spaccature ancora oggi vive e pulsanti. E’ indubbio come i Riti Egizi e il Martinismo, anche se sarebbe necessario parlare di “martinismi”, rappresentino, ieri come oggi, degli approdi operativi capaci di animare il percorso iniziatico di coloro che, delusi dalla Libera Muratoria simbolica e scozzese e che rifuggano dalle sirene della New Age, ricercano una formazione tradizionale che non rinunci al significato profondo della parola esoterismo. Entrambi, Riti Egizi e Martinismo, sembrano raccogliere oltre ai precetti morali, allo studio del simbolo e alla formazione filosofica, anche, e soprattutto, quella dimensione di formazione individuale, di laboriosa Opera sulla Pietra Grezza, tanto anelata e tanto necessaria per un reale processo di reintegrazione e nobilitazione dell’individuo. Difficile dire chi, fra le due realtà rituali, abbia maggiormente influenzato l’altra. E’, però, utile ricordare che malgrado le indubbie similitudini e la sovente presenza di entrambe nella disponibilità delle Grandi Maestranze, ognuna di esse presenta una propria irrinunciabile individualità. Il Rito di Memphis e Misraïm è comunque un rito massonico e come tale risponde a determinate cadenze rituali, formali e simboliche tipiche di tale contesto. Il Martinismo, quando correttamente inteso e pratico, vuole invece calibrare il carico informativo e formativo all'interno di una dinamica Superiore Incognito Iniziatore ed Iniziato. Tale rapporto si estrinseca non solo in una formazione filosofica e storica attorno alla storia e alla docetica del martinismo, ma, e piuttosto, nella trasmissione di strumenti operativi e della facoltà di utilizzo dei medesimi. Osservando la stato del mondo iniziatico e profano moderno è, a mio avviso, preferibile avere delle Grandi Maestranze erudite e capaci su di un arte ed un mestiere, piuttosto dei tuttologi che spesso trovano compensazione ad un Ego ferito con mille fumosi riconoscimenti. Nel riproporre questo testo, completato da una ricca appendice da me curata, spero di poter fornire ulteriori spunti di riflessione e di indagine a coloro che trovano nella tradizione iniziatica e nell'esoterismo, luogo di ristoro e nutrimento in questo folle mondo di oggi.

Un fraterno saluto. Filippo Goti

il libro può essere reperito a:

http://www.lulu.com/shop/jean-bricaud/note-storiche-sul-rito-antico-e-primitivo-di-memphis-e-misra%C3%AFm-e-sul-martinismo/paperback/product-22956180.html



[1] Robert Ambelain, è stato un Massone ed occultista francese. Gran Gerofante del Rito di Memphis e Misraim, Gran Maestro Onorario del Grande Oriente del Brasile. Venne consacrato vescovo nella Chiesa Gnostica Universale sotto il nome di "Robert Tau" da Roger Ménard "Tau Eon II". Nel 1944 ricostituì l'Ordine Martinista degli Eletti Cohen, il quale rivendicava una discendenza, tramite il Martinismo e i C.B.C.S, con l'Ordine degli Eletti Cohen di Martinez de Pasqually. Il suo referente italiano, per l'intero deposito iniziatoco, è stato il compianto Francesco Brunelli.

giovedì 17 novembre 2016

Riflessioni attorno alla divulgazione e ai tempi moderni


Relazione del Grande Maestro del SOGM al Convento di Padova 2013

Il tema del nostro Convento non risulta essere legato solamente ad una dimensione dialettica del martinismo nei confronti di coloro che possono essere interessati al suo patrimonio iniziatico e spirituale, ma a come lo stesso martinismo si pone rispetto ad una società che trova nella comunicazione oltre ad uno dei suoi aspetti maggiormente evidenti, la matrice stessa che unisce ognuno dei suoi centri di potere ed elementi costituenti. Non possiamo certamente negare come la società contemporanea sia la società della comunicazione, dove le grandi masse sono orientate non più da ideali, valori, e riconoscimenti, quanto bensì dalle informazioni e da come queste sono veicolate ed assemblate.
Una comunicazione quella moderna frammentaria, breve ed intensa, convulsa e contraddittoria in virtù di una sua origine multipolare, che spesso si perde nelle continue riproposizioni prive di riferimenti storici, contestualizzazioni e possibilità di valutazione. All'interno della quale lo sprovveduto, colui che non trova nell'arte del pensare il discernimento fra ciò che è falso e ciò che è reale, cade prigioniero in un mondo di specchi, che rimandano particole deformate di verità, ed è questo che dobbiamo temere, non tanto la tenebra del falso, quanto la penombra del vero unito al falso. 
Tale stato di cose, evidente e palpabile, non ha risparmiato neppure, e come poteva farlo essendo noi nel mondo, i nostri sacri perimetri, aprendoli agli empi e ai simoniaci. Troviamo una miriade di documenti, siti, pagine, blog, che offrono un'informazione parziale, e discutibile su cosa mai è o cosa non è il martinismo. Inducendo all'errore, accecando con la luce malevola dei falsi divulgatori, stratificando verità a menzogna, e forgiando così nuovo materiale a disposizione del profano, come dell'ingannatore. Se questa è l'informazione che dall'esterno delle nostre sante logge, giunge investendoci, non dobbiamo omettere, fatto sommamente più grave, l'azione di quei tanti che si sono infiltrati tra le nostre catene, in virtù della negligenza di chi doveva controllare e non ha controllato, trafugando quanto poteva essere trafugato per i loro utilizzi sciagurati, legati al continuo mercanteggio, e gettando così un'ombra di discredito su tutti noi. Ancora non posso tacere nei confronti di quei tanti che da ieratiche posizioni danno agio a personaggi che vivono nel nostro sottobosco, utilizzandoli per azioni tese a gettare biasimo e danno su altri fratelli tramite il sussurro e la calunnia.
Ed ancora fratelli miei come possiamo non considerare la cattiva comunicazione che deriva da coloro che millantano di essere ciò che non sono, da quel calderone ribollente e ributtante da cui emergono Iniziatori, spesso in virtù di patenti fittizie o prezzolate provenienti da altri paesi, che propongono strani connubi fra martinismo e pratiche che con esso non hanno niente a che vedere? Fratelli miei dobbiamo essere convinti che di ognuna di queste imperfette e malevole comunicazioni il danno che riceve l'Ordine Martinista Spirituale, che tutti ci accoglie e tutti ci lega, è immenso, ed altrettanto devastante è il danno nei confronti di quei semplici che cercandoci non ci trovano e non ci troveranno in quanto storditi ed accecati da questi fuochi fatui.
Fratelli ricordiamoci che non vi è corretta informazione, senza sana formazione, e non vi è sana formazione se i discepoli e i maestri non sono valutati, pesati, considerati, in virtù delle loro reali e sostanziali qualità, e non in virtù del comodo e della convenienza del momento. In quanto monaci combattenti legati all'amore del Vero e della Fratellanza dobbiamo costantemente impegnarci che la maldicenza, il pettegolezzo, e gli empi, siano posti oltre i nostri perimetri sacri, in modo tale che quanto fino adesso è avvenuto nell'ombra, possa essere fumigato dalla nostra sacra volontà di essere aderenti ed ardenti testimoni dei valori del martinismo. 

Ecco quindi che nostro compito, che compito della nascente Fratellanza Martinista Italiana, è quello di garantire un rivolo di acqua pura, che sappia dissetare la curiosità di colui che è ancora profano, e che sappia snebbiare la mente di quei tanti associati ed iniziati, che seppur legati ai nostri venerabili ordini, spesso si lasciano distrarre da pericolose sirene, o dalle frasi roboanti di quei tanti mistagoghi. La nostra fortuna è quella di avere qui riuniti i figli spirituali di Ventura e Brunelli, in modo da poter andare oltre una comunicazione piatta, ed anacronistica, basata sulle ragioni delle proprie filiazioni, a discapito di quelle altri, e cercare di parlare di cosa sostanzialmente hanno da proporre i nostri Ordini a colui che cerca un'alternativa alla decadenza del mondo contemporaneo. 
Amici miei cosa importa ad un giovane di oggi degli errori di Umani Maestri oramai passati oltre il velo? Non sarà invece interessato a quanto il Martinismo Italico ha da dire ed offrire sotto un profilo di crescita filosofica e spirituale, e degli strumenti di Laboriosa Opera disponibili ? Possibile che dobbiamo morire di aforismi, estratti, masturbazioni intellettuali attorno a quanto da altri detto o scritto? Perchè se così è, allora dobbiamo constatare che vi sono altri che lo sanno fare meglio, che hanno costruito attorno alla verbosità del tutto dire e niente fare miglior caseggiato del nostro. In una realtà che pretende essere Ordine Iniziatico dobbiamo saper comunicare ben altro che la fuga in sintesi precotte e predigerite oramai da oltre un secolo. 

Dobbiamo però doverosamente chiederci in cosa risiede il messaggio martinista. Risiede forse in una serie infinita di date storiche e di personaggi ? Risiede forse nella certosina archiviazione di bolle e patenti? Risiede forse nella strenua enunciazione di rituali in se e per se freddi se non animati da amore ? Oppure dietro ogni messaggio vi è un'identità che cerca di comunicare ? In una società come la nostra oramai incamminata sulla via della dissoluzione di ogni elemento simbolico tradizionale, dove il relativismo morale e l'incertezza sociale sono assunti a nuovo modello di sviluppo ed orientamento, dobbiamo rappresentare quell'ultimo baluardo della tradizione occidentale, della nostra sacra identità che ci ha permesso di coniugare la filosofia greca, con il diritto dell'impero romano, e la spiritualità del mediterraneo. Dobbiamo offrire una nuova pedagogia basata sul solerte lavoro interiore, sull'amore dell'unione con il divino che in noi alberga, e sul sacrificio per i fratelli e le sorelle in difficoltà. Senza niente attendersi che non la nobilitazione interiore che arriva non da facili promesse, o da vuoti pezzi di carta, ma dal cambiamento che nasce dall'esperienza di una vita consapevolmente vissuta. La nostra comunicazione deve fondarsi quindi sull'Orgoglio e l'Identità di ciò che siamo, senza cedere al compromesso del tutto raccogliere, per niente urtare. I nostri maestri passati non erano TEOSOFI, non erano astratti spiritualisti, non erano PAGANI, ma Louis Cloude de Saint Martin, Willermoz, Martinez, e Papus erano esoteristi, mistici e teurghi CRISTIANI, e in tale corrente spirituale trovano ragion d'essere i nostri rituali, i simboli preposti e proposti, e la nostra reale iniziazione, e non certo in strambi fritti misti che ogni tanto mi intendo di ascoltare. Questo va proposto, questo va comunicato, perchè questo siamo, e se non siamo questo non siamo altro che alberi divelti dal suolo, pronti a marcire in preda al tempo vorace.

Ecco quindi il mio sogno, ecco quindi la mia volontà, ecco quindi quanto cercherò di trasmettere all'interno di questa nuova fratellanza, il coraggio e la volontà di andare oltre le nostre maschere, di uscire dai nostri perimetri, di divulgare, di informare e di formare, in modo che dopo questo triste autunno della nostra società declinante, e passato l'inverno che verrà, la luce non sia andata perduta, ma trasmessa ad una nuova generazione MIGLIORE E MAGGIORMENTE CONSAPEVOLE DI QUANTO NOI SIAMO. Per ottenere ciò, per non ricadere nell'immobilismo del passato, per dare un forte segnale di rinnovamento e di azione, dobbiamo rompere i vecchi schemi. In modo da portare luce e vento di rinascita nelle nostre polverose stanze, in quanto Amici miei siamo alla fine giunti al terzo millennio e non è possibile ripercorrere strade vetuste, anacronistiche, e che hanno già dimostrato limiti e fallimenti nel passato.
Pensando alla nascente Fratellanza Martinista le nostre necessità sono quelle di costituire un'Accademia degli Studi Martinisti, una rivista sorretta da un comitato scientifico e filosofico, di una segreteria ampia e solida che sia di stimolo per tutto il mondo martinista italiano, la nascita di un'unica Sovrana Loggia della Maestranza, e la costituzione di gruppi di studio attorno a quelli che sono i fondamentali della nostra scienza sacra. Tale architettura ci permetterà di poter essere autorevoli referenti in mezzo a questa babele di voci cacofoniche, in mezzo a questi mercanti del vuoto. Comunicazione è anche messaggio, e il nostro deve essere autorevole, deve avere uno spessore iniziatico, deve essere in grado di dare risposte a chi non desidera precipitare nel vuoto della modernità. I Grandi Maestri qui presenti, i nostri fratelli maggiori, hanno dimostrato di essere pronti a sacrificare ulteriormente se stessi, per accogliere un progetto più ampio di servizio per noi tutti, per la nostra tradizione, per permettere la costituzione di una fratellanza Reale e Significativa. Questo sarà il nostro messaggio, la nostra forza, la nostra rinascita.

Elenandro XI


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Papus Mistico Cristiano (Traduzione di Francesco S:::I:::)

Arriviamo ai giorni ove la Chiesa visibile riprende le sue forze spirituali nella Comunione della Chiesa Invisibile del Cristo, ove la pietà dei vivi depone un fiore sulla tomba dei morti sulla Terra… Che anch'io mi sono permesso di far fiorire,ricordando un grande illuminato dimenticato:  Papus. Che il suo Spirito, sempre a noi vicino,prosegua il suo cammino ed accolga questo omaggio con il sorriso indulgente che un tempo ci donava,ad ogni nostra domanda,con un bagliore del suo profondo sguardo,a noi ardenti ricercatori della verità.
E qual più bel fiore potrei offrirgli, se non quello che gli offro nel far rivivere per un istante, a tutti quelli che lui aiutò e che guardano ancora nel profondo dei loro stessi ricordi, al vero amore che la nostra guida aveva per il Signore Gesù? Il Cristo è diventato per la gran parte dei più vecchi allievi di Papus, il fine definitivo dei loro sforzi ,ma , molti sembrano aver dimenticato che è lui a mostrare per primo il divino splendore del Crocifisso. È per questo che io sono felice di rendere al mio Maestro questo pubblico omaggio e di piacere agli occhi dei lettori della Psyché. Questi due o tre passaggi dove Papus lascia intravedere a tutti che l’occulto lo condusse alla mistica e quanto profondamente egli comprese, che solo in Gesù  c’è la Vera Luce, e nel suo Amore la Sola Via. Un pensiero tenero, uno slancio di riconoscenza, caro amico sconosciuto, e lo Spirito di Papus ne sarà fortificato.
Papus ci disse:
“la prima via dell’illuminazione è la più rara: è quella che bisogna seguire fino dal momento in cui  l’Invisibile agisce direttamente sull’essere per sua propria scelta, senza che gli venga chiesto o che lo si attenda. Il caso di Swedenborg e quello di Giovanna d’Arco sono tipici di questo fatto straordinario. Dopo il primo choc, che stabilisce i rapporti tra i due piani, la comunicazione avviene semplicemente, ma sempre sotto la diretta guida dell’Invisibile e senza che il soggetto perda, anche per un secondo, il controllo delle sue facoltà.
L’altra via dell’illuminazione è più facile, in quanto questa può essere seguita con metodo, ossia solo sotto la direzione dei maestri viventi. Quando diciamo più facile dovremmo aggiungere “inizialmente” poiché , come tutta la via mistica, essa è piena di prove, d’umiliazioni, di sacrifici costanti che all’inizio scoraggiano anche i più zelanti. La storia degli amici di Gitchel è,sotto questo punto di vista,illuminante. Questo gruppo era formato da 20 persone Gitchel compreso, prima di decidere  di fare di tutto per seguire questa via,ma nell’affrontare le prime prove,che portarono perdita di soldi, di salute e di speranze, diciannove lasciarono; solo Gitchel restò ed arrivò alla fine. 
Molte fraternità iniziatiche conducono i loro membri verso questa via. Si comincia con la purificazione corporale per mezzo di un regime, in generale vegetariano, e con la forza mentale. Qui vi è questo piccolo debutto con il pericolo che il nostro egoismo faccia si che il soggetto creda di essere il “più puro” di tutti e non vuole sporcare la sua “ purezza” con delle frequentazioni astrali o fisiche di cattivo gusto. Gli sfortunati che hanno queste idee si disorientano, lasciano il piano cardiaco di Carità e Amore per il piano mentale farcito d’orgoglio. Così facendo vengono condotti nel soggiorno astrale ove il serpente Pantheo l’illude facilmente. Per un soggetto così,che è uscito dalla via cardiaca , la ginnastica astrale è tutto, la preghiera e il piano di personalità divina non esistono affatto; poiché il suo orgoglio lo porta a negare tutto quello che non percepisce. È un debuttante che bisogna comprendere ed aiutare se possibile, senza giudicarlo, poiché è vietato giudicarlo se non si vuole essere giudicati noi stessi. Se si è superato questo primo passo e se si superano le illusioni del serpente astrale, lo si deve al soccorso di una potenza invisibile del piano divino; chiamiamola : angelo guardiano, ricevitore di luce o inviato dalla vergine celeste. Questo importa poco; il solo fatto è interessante. La nozione della sua umiltà reale, fortificata dalla nozione esatta degli altri esseri non demonizzati come noi, spinge il soggetto a gettarsi “ verso la preghiera ardente” nelle braccia del Riparatore che è tutto, poiché lui non fa nulla per trascinare  o sparlare dei suoi poveri fratelli e non li giudica e non li condanna. Allora si sviluppa sia l’audizione diretta del cuore, sia la visione diretta per mezzo della ghiandola pineale e i suoi annessi,sia il tocco a distanza attraverso i centri del plesso solare; tutte facoltà sconosciute dai nostri fisiologisti “del torrente” come diceva Saint Martin.”
“l’essere così sviluppato non teme di perdere la sua purezza in mezzo agli impuri. Così come il Cristo ha mostrato la via, vivendo in mezzo ai sofferenti ed agli umili come l’illuminato cristiano si mescola ai malati, ai disperati ed ai poveri.  Ed è con lo sforzo costante verso la divisione di quello che gli è stato donato con chi non ha niente,che si fortificano le sue aspirazioni e i suoi meriti ed allo stesso tempo anche le sue facoltà. Allora la percezione delle personalità divine divengono più acute, gli avvertimenti sono costanti e il soggetto può abbandonarsi senza temere alla direzione del Padre che gli dona la vita, del Figlio che gli dona il processo intellettuale con il Verbo e con l’Amore dello Spirito che lo illumina.” (Papus: vita di Louis Claude de Saint-Martin)
(…) «  come  riprendere la lettura per l’imitazione , del Vangelo o anche dei libri di morale buddista, come pervenire alle certezze quando vi sono dei fatti così positivi rispetto ai fatti occulti; come infine aprire il proprio essere morale alla preghiera e alle influenze dell’Altissimo, quando ci si crede qualcuno o quando ci si sente al “centro dell’Universo”? Non vi è che una sola via: l’umiltà ! Il ritorno al piano di comunione universale.dove la pietra, la pianta e tutte le modalità dell’anima del mondo si uniscono nello stesso e totale ringraziamento. Cessate di credervi qualcuno; abbiate il sentimento che, davanti all’immensa potenza dell’Altissimo, siete appena una piccola cosa. Fraternizzate con chi su tutti i livelli,non è alla vostra altezza. Seguite i poveri di cuore,i poveri di spirito o di corpo, fate loro capire che le prove alle quali veniamo sottoposti dobbiamo benedirle e non odiarle, la vostra libera ragione , la vostra orgogliosa volontà si piegherà con benevolenza, senza perdere nulla della sua qualità,così facendo la vita del cuore si sveglierà in voi. Allora, i fatti si cancellano davanti alle idee che rivelano e traducono. Le divisioni delle religioni e delle sette spariranno nell’amore universale dei peccatori e dei deboli e l’anima, circondata dall’estasi e dall’infinito, crea, poco a poco, queste basi terrestri sulle quali deve esercitare la sua attività. Così l’illuminato diviene un solitario, un mistico; è la via di Swedenborg e di Claude de Saint-Martin, è la la strada che indicano i cavalieri spirituali di cui il Martinismo è un esempio.
Ma l’essere umano è completo solo con l’unione delle anime gemelle separate all’atto dell’incarnazione fisica; così l’Essere spirituale nasce nell’uomo,con tutto il suo splendore solo grazie ad un nuovo e più considerevole sforzo e l’uomo realizza l’unione del cervello e del cuore, del fatto e della legge per sviluppare l’unità del principio.
Questa scienza illuminata dalla fede, questa fede coagulata dalla Scienza, bisogna consacrarla in favore dei deboli e degli oppressi, e l’azione spirituale, più ancora della naturale, devono ora essere il fine di colui che aspira alle sofferenze coscienti del terzo stadio.
Rimanendo sempre sconosciuto, egli deve salvare quelle stesse persone che lo scherniscono e lo calunniano, deve evitare loro il dolore e prenderlo su sé stesso. Non deve mai arrogarsi il diritto di fare sfoggio dei suoi poteri reali, egli non può dire di essere superiore agli altri uomini,anche al più ignorante ed al pegior peccatore degli uomini, poiché egli è nel piano dove tutta la superiorità è sparita davanti alla necessità della devozione universale.
Questa è anche la via indicata dall’ordine degli illuminati della Rosa-Croce; è la via dei Pneumatici  ed è la strada che Gesù rivela a chi lo vuole seguire. Non si raggiunge mai il sentiero dei maestri,quello della vita e della sofferenza con il corpo astrale; solo il corpo spirituale può arrivarci.

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giovedì 3 novembre 2016

La progressione iniziatica: l'Associato Incognito



E' piuttosto improbabile sostenere che sussiste un'ortodossia nell'iniziazione martinista. In quanto essa, l'iniziazione, procede lungo una progressione che necessità di una pluralità di  atti formali e sostanziali. 

Proprio in forza di quanto sostenuto in precedenza, mi permetto di analizzare tale singolare evento all'interno dell'Ordine Martinista di cui sono servitore. Lasciando quindi alle buone riflessioni, del benevolo pubblico, come sia arduo, con riguardo al nostro percorso, parlare di una fratellanza sostanziale fra martinisti di diversi ordini. Possiamo certo sostenere l'esistenza di un fratellanza ideale nella prospettiva della Reintegrazione Individuale, qualora essa si ben intesa, o di una fratellanza formale, qualora siano i martinisti tutti egualmente collegati a Papus che è il fondatore del Nostro Ordine e prima espressione della nostra iniziazione. 
Risulta però improbabile parlare di fratellanza sostanziale; in quanto ogni Ordine esprime una propria docetica ed un proprio insieme operativo. Elementi, la filosofia e l'Opera, che incidono in misura diversa sul viatico inziatico, semmai vi è, del singolo.

La Meditazione dei 28 Giorni

Nel Nostro Ordine essa è consegnata al postulante. Il quale avrà modo, attraverso la cadenza di questa meditazione di accompagnamento, di saggiare la propria volontà di incidere in quella massa, spesso caotica e verminosa, di pensieri, umori, emozioni, vagheggiamenti e vaneggiamenti in cui l'uomo moderno è immerso. 
E' una grossolana opera di spoliazione, possiamo definirla il "gabinetto di riflessione" del martinista. Lungo un arco di 28 giorni, attraverso 14 semi pensiero, il postulante verrà posto innanzi ai propri condizionamenti e meccanismi psicologici. Dovrà comprendere se il desiderio che lo anima è fittizio, oppure se vi è la vera necessità di andare oltre se stesso e l'inconsapevolezza che lo pervade. Amo spesso ripetere che nessun dettato costituzionale, e nessuna prescrizione medica, conducano all'iniziazione. La quale per essere reale non è tanto, o non è solo, un istante gioioso di riunione fra (dis)simili; quanto piuttosto un catartico momento di presa di coscienza su ciò che siamo, su quanto vorremo essere e su quanto non ci permette di essere.

Terminata la meditazione dei 28 giorni

Giunti al termine della meditazione dei 28 giorni si dovrà redigere un quadernetto, animato dalle riflessioni occorse, e consegnarlo alla persona che ha fornito questo iniziale strumento. Successivamente, a seguito di uno o più colloqui, si valuterà se procedere con l'associazione al martinismo. 

Associazione al Martinismo

Attraverso un rituale che può essere svolto nella Loggia martinista, a mio avviso eccezionalmente, o tra l'associando e il Superiore Incognito Iniziatore, il nuovo fratello viene inserito, seppur non in modo "fisso", all'interno dell'Ordine. Egli è nuovo anello di una catena che trova la propria ragione d'essere nel lascito filosofico e spirituale dei Maestri Passati, ha facoltà di operare attraverso un rituale giornaliero all'interno di un campo eggregorico. Il quale, il campo eggregorico, deve essere inteso come un "tessuto energetico reattivo" in grado di esaltare, raccogliere e rettificare l'opera dei vari fratelli.

La Purificazione Mensile e il Rituale Giornaliero

Abbiamo accennato al rituale giornaliero. Esso per quanto benefico, fonte di una reale e continua opera, è però determinato da due condizioni egualmente necessarie ed indispensabili. La prima è l'Associazione al martinismo, la secondo il rituale mensile di purificazione in Luna Nuova. 
Della prima abbiamo già accennato, della seconda possiamo dire che trattasi di un rituale dove il fratello, segue prescrizioni comportamentali ed alimentari, prega, medita e esegue delle abluzioni rituali. Tutto ciò al fine di liberarsi da impurità, sedimenti e pressioni psichiche accumulate durante il suo transito quaternario. In assenza della purificazione l'opera giornaliera è da ritenersi formale e priva di reale sostanza e beneficio.

Il rituale giornaliero trova raccoglimento, nel Nostro Ordine, in adeguate finestre temporali. Le quali permettono da un lato un effettivo collegamento con gli altri fratelli e dall'altro di sfruttare una particolare "coincidenza" che si ripete 4 volte al giorno ogni 7 ore. Il rituale giornaliero è composto da una complessa apertura; uno svolgimento legato al potere dei salmi, oltre ad una serie di inserimenti che riguardano pratiche quali: visualizzazione, meditazione, uso dei nomi sacri; ed infine una chiusura speculare all'apertura. Come amo spesso ripetere il rituale giornaliero, qualora correttamente inteso e posto in essere, è già in sé e per sé completo sotto ogni profilo operativo (racchiudendo nel nostro ordine elementi cardiaci e teurgici).

Il buon lettore dovrebbe aver compreso come le peculiarità docetiche ed operative, che separano le varie strutture martiniste, anche se in talune vi sono delle forti convergenze, dovrebbero far riflettere attorno alla OVVIETÀ' che non è possibile un semplice passaggio da ordine ed ordine. In quanto sarebbe come pretendere che colui che è un buon giocatore di tennis, si improvvisi dalla sera al mattino come pugile o alpinista. Tutto ha una propria forma, tutto ha una propria cadenza, tutto ha una propria sostanza.
Qualora ciò accade siamo in presenza di una semplice evidenza: "assoluta mancanza di sostanza nell'operare, e riduzione del percorso a sterile dialettica"

Quanto già detto detto trova poi amplificazione con il passaggio al grado di Iniziato Incognito, dove il fratello, in Luna Piena, è abilitato ad operare su di un piano lunare completo. Tale laborioso impegno si concretizza nel rituale di consolidamento eggregorico.


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