Non di rado capita di udire che il fine di una struttura
iniziatica sia quello di “dare la luce”, oppure di accogliere gli “uomini di
buona volontà o di desiderio”, e ancora di “raccogliere i fratelli”, oppure
altri nobili proponimenti. Vi è molto di celato in queste frasi e brevemente
vorrei spendere alcune riflessioni, che spero risulteranno utili malgrado la
loro crudezza.
Nelle parole “dare la luce” vi è una forte componente di
arroganza ed automatismo, i quali dovrebbero essere estranei ad ogni contesto
iniziatico. Nessuno è in grado di “dare la luce”, al massimo è in grado di
“trasmettere” un novero di strumenti e di insegnamenti, che se adeguatamente
compresi condurranno l’iniziato ad una serie di rivelazioni interiori e a un
progressivo dissipamento delle tenebre che lo avvolgono. E’ tristemente vero
che molti, fin troppi, ritengono che il percorso iniziatico sia esperito
tramite il semplice conferimento iniziatico. Purtroppo sfugge loro che la reale
acquisizione iniziatica è frutto di un’Opera Laboriosa, la quale ha inizio
proprio nell'istante seguente alla catartica iniziazione. La
quale per essere reale deve rispondere all'evidente requisito di
coincidenza fra essa stessa e il ruolo/funzione che si andrà a ricoprire nell'Ordine o nell'Obbedienza.
La volontà di accogliere tutti coloro che rispondono
alla semplice volontà o desiderio di conoscenza nasconde un terribile
inganno. Un Ordine realmente iniziatico non può essere aperto a chiunque
manifesti un semplice desiderio di apprendere. In quanto l’Ordine deve
preservare se stesso e i fratelli in esso armoniosamente raccolti, da
coloro, che malgrado l’apparenza, sono privi delle qualifiche necessarie ad
operare e ad integrarsi psichicamente ed energeticamente. In un Ordine
come il nostro dove il fratello è chiamato a compiere, in virtù del grado,
rituali a carattere teurgico, preghiere, meditazioni, purificazioni, conformarsi
ad una regola e accettare una serie di norme non è possibile accogliere colui
che è sprovvisto delle adeguate qualificazioni psicologiche e spirituali.
In questo non vi è discriminazione, ma solamente attenta
volontà a
Queste caratteristiche spirituali vivono nel corpo, nella
mente e nel cuore dei fratelli. Qualora questi fratelli siano portatori di
istanze, apparenti od occulte, sovversive rispetto all'identità della struttura
in cui operano, è questa, e tutta la comunità, a ricevere danno e malanno. Non
è il desiderio profano che deve animare colui che si accinge ad essere accolto,
bensì la tensione ideale di colui che si riconosce in un’impostazione docetica,
spirituale e rituale.
Purtroppo è da sottolineare come molte strutture tendono ad
esimersi a mostrare un proprio “manifesto”, impegnandosi a celare la propria
identità e erigere cortine fumose composte da buonismo e superficialità. Non
voglio qui scendere nelle motivazioni di tale omertose azioni, che comunque
sono riconducibili a questioni fin troppo umane, mi limito solamente ad
osservare che in assenza delle adeguate qualificazioni, in chi bussa e in chi
apre, tutta l’impalcatura, docetica e rituale, determinerà lo slittamento dell’opera,
in una parodia della medesima … sottoposta alla vorace e parassitaria azione
del basso psichichismo.
Raccogliere in una comunità fratelli, è ben altro dalle
fumose asserzioni che sovente si odono. La fratellanza, quella autentica, non
deriva da eguale iniziazione formale, ma da sostanziale opera. Nell'antichità si
era fratelli in virtù della nascita da stesso ventre di donna, per il sangue
versato nel comune cimento e per il patto stretto fra uomini che si
riconoscono come fratelli.
Non ho certo la pretesa di far versare sangue, anche perché
per taluni sarebbe impossibile, ma solamente sottolineare come
anticamente nella parola fratello vi era un qualcosa di vitale e dinamico, che
purtroppo sembra oggi andato in parte perduto.
Sui social si spreca la parola fratello, è un fiorire
continuo di fraterni abbracci e uno sperticarsi di attestazioni. Salvo poi
riscontrare un viscidume nauseante proprio in coloro che apparentemente più si
dimostrano “aperti”,”tolleranti” e “paterni”. Ho l’impressione che il vuoto
dell’anima, la solitudine nella vita di tutti i giorni e le frustrazioni del
quotidiano, per taluni, trovino linimento in questa vuota fratellanza virtuale.
Vi è altro oltre l’esibizione e il desiderio di essere
riconosciuti come qualcosa o qualcuno?
Oppure si comprende che la fratellanza è tale non in virtù
dell’iniziazione, ma in forza di un riconoscimento di comune opera, di eguale
tensione, e di comune prospettiva ?
Compito di una struttura iniziatica è quello di preservare
se stessa e la “luce” che in essa alberga. Tale preservazione avviene
attraverso la trasmissione iniziatica a coloro che hanno le adeguate
qualifiche, per essere i successivi custodi del tempio. Solamente mantenendo
aderenza alla propria radice spirituale tradizionale, che nel Martinismo
autentico è il cristianesimo (cosa assai diversa dal cattolicesimo) è possibile
preservare la vitalità e raccogliere le pure influenze sottili. Altrimenti, in
caso di rescissione dall’autentica e particolare radice spirituale, l’intera
struttura diverrà una vuota struttura di carta, nel migliore dei casi, e un
guscio energivoro nel peggiore.
Non possiamo pretendere che un uomo vada contro la propria
natura per seguire un percorso spirituale, ma possiamo e dobbiamo pretendere
che coloro che seguono un determinato percorso abbiamo in sé quelle
caratteristiche che li rendono ad esso idonei. E' deleterio il fanatismo, ma
non meno è deleterio l'universalismo. L'uno e l'altro sono il risvolto della
stessa medaglia, in quanto l'uno e l'altro si fondano sulla convinzione che
tutto va bene per tutti, o che tutti vanno bene per il tutto. Eppure la
semplice osservazione delle cose di questo mondo ci insegna che ognuno di noi
ha caratteristiche che lo rendono affine verso qualcosa, o refrattario verso
altro. Ritengo che ciò sia un sommo bene. In quanto permette, e ha permesso, al
martinismo di preservare se stesso dai tanti inquinamenti psichici ed operativi
che ha subito nel corso della sua vita.
Laddove autenticamente la S di superiore è intesa come Servitore, e non come arrogante
manifestazione di autoritaria (im)potenza.
Laddove chiaramente chi governa l’Ordine ha la capacità di
porsi unicamente al servizio del martinismo, senza rispondere ad interessi
partigiani, o subire pressioni da terze strutture.
Laddove si comprenda che non sussistono fratture, nella
Tradizione, fra la sfera essoterica, quella mesoterica e quella esoterica.
Laddove chi pretende di fare docetica è capace di offrire
reali strumenti di armoniosa opera.
Laddove sia chiara la collocazione della Maestranza, senza
doppie o terze appartenenze ad altri Ordini Martinisti, con conseguente
confusione eggregorica.
Laddove si dimostri di seguire i corretti cicli
purificatori, senza covare, come galline gravide, rancore e fin troppo umani
desideri di linimento.
Laddove gli strumenti di Opera siano regolarmente detenuti,
e non siano il frutto di elemosina ricevuta.
Laddove il rapporto sia realmente iniziatico, e non una
sublimazioni di appagamenti emotivi o psicologici.
Laddove non si sia consumato il tradimento ai danni di
fratelli.
Laddove non si sventolino rituali, o parti dei medesimi,
solamente per il gusto di mostrare ciò che non è fatto.
Laddove la legittimità della struttura non sia ridotta alla
successione di qualche santino, ma incarni una reale cagione d’essere.
Laddove i fratelli e le sorelle utilizzino le forme e il
linguaggio tradizionalmente consoni.
Laddove la fratellanza si intesa come di Laboriosa Opera, e
non di senile e verbosa riproposizione di frustrazioni permutate da altri
ambienti.
Laddove la docetica è un qualcosa di integro a tale ordine,
e non copiato da altre istituzioni, o sviluppato in negativo rispetto a quella
altrui.
Solamente quando è presente tutto ciò il martinismo può
sperare di vivere e prosperare. In assenza di una sola di queste
caratteristiche, è bene e salubre mantenere la più netta separazione, fedeli al
monito: Beatus vir, qui non abiit in consilio
impiorum et in via peccatorum non stetit et in cathedra pestilentiae non sedit.
Quindi amatissimi fratelli, e carissimi lettori, verificate
con accuratezza la presenza di quanto sopra indicato, se vi aggrada e se lo
ritenete adeguato al vostro livello dell’Essere, nelle strutture che si offrono
a voi. Forse eviterete di cadere in una qualche confusione, che sembra
ottenebrare anche taluni oratori, fra ciò che viene professato essere
martinismo, e ciò che in realtà non lo è. Oppure fra ciò che è ancora integro e
quanto è stato corrotto.
www.martinismo.net
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