Questo
numero della nostra amata rivista cade prossimo alla Santa Pasqua, momento in
cui le celebrazioni religiose ricordano la crocifissione e la risurrezione di
Gesù. Non desidero affrontare in questa sede il rapporto che sussiste fra sfera
mesoterica (religiosa) ed esoterica (iniziatica), esso è fin troppo ampio e
profondo per essere risolto in poche pagine, mi limito solamente a suggerire
come il lavoro dell’iniziato sia quello di rimuovere le fratture e non, come
altri malamente intendono, di crearne di nuove.
Seguendo
tale indirizzo minimalista mi limiterò ad esporre alcune riflessioni attorno al
simbolismo della domenica della palme.
Giovanni
12,12-15
12 Il giorno seguente, la gran folla che era venuta per
la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, 13 prese dei
rami di palme e uscì incontro a lui gridando: Osanna! Benedetto colui che
viene nel nome del Signore, il re d'Israele! 14 Gesù, trovato
un asinello, vi montò sopra, come sta scritto: 15 Non temere,
figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene, seduto sopra un puledro d'asina.
Tale
passo evangelico semplicemente ricorda della necessità della forma culturale e
religiosa, simbolicamente rappresentata dall’asinello, affinchè essa perpetui
nel corso dei secoli il senso e la sostanza del sacro. Le religioni raccolgono,
in forma di rituali e festività, la tradizionale sapienza: la quale non è loro
patrimonio particolare, ma è racchiusa nelle loro forme particolari. Osservando
le grandi religioni monoteistiche, non possiamo che concordare come esse
raccolgono, perpetuano e custodiscono (spesso in mondo inconsapevole), nei
simboli e negli insegnamenti, il lascito delle culture e dei popoli che ci
hanno preceduti. Questa è la funzione dell’asino. Animale rotto alla fatica,
capace di sopportare un carico di lavoro insostenibile per l’uomo ed altri
animali e docilmente trasportarlo laddove è richiesto.
E’
Gesù che rappresenta l’insegnamento, la sapienza, il nuovo modo di interpretare
la parola e la legge divina. Egli giunge al popolo in festa per la ricorrenza
religiosa. Simboleggiando come necessariamente un insegnamento iniziatico si
raccoglie all’interno di una densa scorza che lo preserva. Un insegnamento che
deve raggiungere comunque un novero non limitato di uomini affinché non si
disperda nel tempo e nella memoria. Ciò è inevitabile.
Pensiamo
al caso contrario, una piccola comunità di iniziati chiusi in se stessi,
refrattari ad ogni rapporto con il mondo circostante. Cosa accadrebbe quando
l’ultimo di loro avesse a mancare? Senza rapporto, senza forma di trasmissione,
senza dura scorza a preservare, l’insegnamento andrebbe perduto e con esso la
fiaccola in grado di guidare altri uomini nella notte dell’ignoranza. In
assenza di quei grandi contenitori che sono le religioni, capaci di procedere
nel tempo e nello spazio ben oltre l’effimera vita del singolo, ci troveremo
sprovvisti non solo di quei collegamenti necessari fra noi e le nostre origini,
ma anche, e soprattutto, di quella massa energetica in grado di colmare le
carenze del singolo. Ovviamente la sapienza e le energie raccolte nella forma
religiosa, saranno poi comprese, governate ed indirizzate da quella casta
sacerdotale di adepti in grado di raccoglierne i flussi sottili. Nella speranza che quanto asserito sia chiaro
e comprensivo per tutti gli uomini di buona coscienza, va detto che il
martinismo non si occupa di religione e neppure di politica. Onde preservare se
stesso da quelle malevole attenzioni che sembrano, oggi, essere riservate a
talune strutture tradizionali.
Indubbiamente
quanto sta accadendo ad altre Realtà Iniziatiche (la gogna dei mass media, le
bassezze che si consumano fra “fratelli”, l’accostamento, sicuramente fittizio,
con deleterie situazioni sociali, ecc…) deve imporre una qualche riflessione a
coloro che intendono o si arrogano di rappresentare il martinismo. Orbene malgrado
che tale arroganza mi è particolarmente estranea, in quanto è già difficoltoso
per me rappresentare degnamente il N:::V:::O, mi permetto però di spendere
alcune riflessioni.
Sarebbe
forse il caso di procedere ad una maggiore selezione di coloro che bussano alle
porte dei nostri templi? Indagare accuratamente del possesso, non tanto delle
qualifiche spirituali, quanto di quel minimo senso di orientamento nello spazio
e nel tempo?
Sarebbe
forse il caso di evitare di accogliere nei propri perimetri, siano quelli che
siano, persone dubbie ed espulse da altre strutture per comportamenti indegni o
controinizaitici?
Sarebbe
forse il caso che personaggi disturbati, fossero immediatamente allontanati e
rimossi dalle catene iniziatiche?
Sarebbe
forse il caso che le varie strutture martiniste, degne di questo nome,
assumessero regolare veste associativa, onde evitare il fermento del germe del
sospetto?
Sarebbe
forse il caso che non sussistesse nessuna possibilità di commistione fra il
martinismo ed altri, pur rispettabili, percorsi iniziatici?
Sarebbe
forse il caso che coloro che sono chiamati ad essere pastori di uomini,
avessero una vita lavorativa certa?
Sarebbe
forse il caso che coloro che pretendono di atteggiarsi a moralizzatori, si
guardassero allo specchio e si interrogassero su determinati aspetti non
lineari del proprio percorso?
Sarebbe
forse il caso di evitare di utilizzare il martinismo, come luogo di avviamento
alla Libera Muratoria o, peggio ancora, ambito su cui esercitare pressioni,
dirette o indirette, indebite?
Sarebbe
il caso che molti si interrogassero se esiste il martinismo, o se piuttosto
esistono i martinismi. In cosa differiscono e quali sono i lineari interpreti
di tali fiume carsico tradizionale che precede sicuramente la stessa opera di
Papus e del Filosofo Incognito?
Nella
mia ingenuità credo che qualora fossero chiari, per tutti, questi semplici
punti di buon senso si potrebbe effettivamente guardare con serenità alla
nostra opera interiore. Purtroppo fino a quando per comodo, per interesse, per
pavidità e per danno verso altri tutto ciò viene trascurato assisteremo sia a
deprecabili spettacoli, organizzati da grottesche conventicole di eterni fuori
luogo, sia al rischio che l’accidente sociale colpisca l’interno martinismo.
E’
tollerabile tutto ciò? Ovviamente non lo è. Proprio per queste ragioni il
Nostro Ordine ha deciso di continuare la propria azione di solitaria
testimonianza e custodia del deposito martinista. Del resto non abbiamo
necessità di far parte di reti di contatto, quando esse stesse tollerano, o
addirittura incentivano, il male che deriva dal disconoscimento dei punti
summenzionati. Avendo, a differenza di altri, lavoro certo e radicamento nella
società; non ricercando compensazioni a quanto non ottenuto nella vita profana;
ci possiamo permettere di scegliere chi considerare, chi salutare e chi
semplicemente ignorare.
In
attesa dell’inevitabile Carthago delenda est.
Elenandro XI Grande Maestro
eremitadaisettenodi@gmail.com
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