venerdì 14 aprile 2017

Editoriale Ecce Quam Bonum Equinozio di Primavera 2017

Questo numero della nostra amata rivista cade prossimo alla Santa Pasqua, momento in cui le celebrazioni religiose ricordano la crocifissione e la risurrezione di Gesù. Non desidero affrontare in questa sede il rapporto che sussiste fra sfera mesoterica (religiosa) ed esoterica (iniziatica), esso è fin troppo ampio e profondo per essere risolto in poche pagine, mi limito solamente a suggerire come il lavoro dell’iniziato sia quello di rimuovere le fratture e non, come altri malamente intendono, di crearne di nuove.
Seguendo tale indirizzo minimalista mi limiterò ad esporre alcune riflessioni attorno al simbolismo della domenica della palme.

Giovanni 12,12-15
12 Il giorno seguente, la gran folla che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, 13 prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele! 14 Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto: 15 Non temere, figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene, seduto sopra un puledro d'asina.

Tale passo evangelico semplicemente ricorda della necessità della forma culturale e religiosa, simbolicamente rappresentata dall’asinello, affinchè essa perpetui nel corso dei secoli il senso e la sostanza del sacro. Le religioni raccolgono, in forma di rituali e festività, la tradizionale sapienza: la quale non è loro patrimonio particolare, ma è racchiusa nelle loro forme particolari. Osservando le grandi religioni monoteistiche, non possiamo che concordare come esse raccolgono, perpetuano e custodiscono (spesso in mondo inconsapevole), nei simboli e negli insegnamenti, il lascito delle culture e dei popoli che ci hanno preceduti. Questa è la funzione dell’asino. Animale rotto alla fatica, capace di sopportare un carico di lavoro insostenibile per l’uomo ed altri animali e docilmente trasportarlo laddove è richiesto.
E’ Gesù che rappresenta l’insegnamento, la sapienza, il nuovo modo di interpretare la parola e la legge divina. Egli giunge al popolo in festa per la ricorrenza religiosa. Simboleggiando come necessariamente un insegnamento iniziatico si raccoglie all’interno di una densa scorza che lo preserva. Un insegnamento che deve raggiungere comunque un novero non limitato di uomini affinché non si disperda nel tempo e nella memoria. Ciò è inevitabile.
Pensiamo al caso contrario, una piccola comunità di iniziati chiusi in se stessi, refrattari ad ogni rapporto con il mondo circostante. Cosa accadrebbe quando l’ultimo di loro avesse a mancare? Senza rapporto, senza forma di trasmissione, senza dura scorza a preservare, l’insegnamento andrebbe perduto e con esso la fiaccola in grado di guidare altri uomini nella notte dell’ignoranza. In assenza di quei grandi contenitori che sono le religioni, capaci di procedere nel tempo e nello spazio ben oltre l’effimera vita del singolo, ci troveremo sprovvisti non solo di quei collegamenti necessari fra noi e le nostre origini, ma anche, e soprattutto, di quella massa energetica in grado di colmare le carenze del singolo. Ovviamente la sapienza e le energie raccolte nella forma religiosa, saranno poi comprese, governate ed indirizzate da quella casta sacerdotale di adepti in grado di raccoglierne i flussi sottili.  Nella speranza che quanto asserito sia chiaro e comprensivo per tutti gli uomini di buona coscienza, va detto che il martinismo non si occupa di religione e neppure di politica. Onde preservare se stesso da quelle malevole attenzioni che sembrano, oggi, essere riservate a talune strutture tradizionali.

Indubbiamente quanto sta accadendo ad altre Realtà Iniziatiche (la gogna dei mass media, le bassezze che si consumano fra “fratelli”, l’accostamento, sicuramente fittizio, con deleterie situazioni sociali, ecc…) deve imporre una qualche riflessione a coloro che intendono o si arrogano di rappresentare il martinismo. Orbene malgrado che tale arroganza mi è particolarmente estranea, in quanto è già difficoltoso per me rappresentare degnamente il N:::V:::O, mi permetto però di spendere alcune riflessioni.

Sarebbe forse il caso di procedere ad una maggiore selezione di coloro che bussano alle porte dei nostri templi? Indagare accuratamente del possesso, non tanto delle qualifiche spirituali, quanto di quel minimo senso di orientamento nello spazio e nel tempo?

Sarebbe forse il caso di evitare di accogliere nei propri perimetri, siano quelli che siano, persone dubbie ed espulse da altre strutture per comportamenti indegni o controinizaitici?

Sarebbe forse il caso che personaggi disturbati, fossero immediatamente allontanati e rimossi dalle catene iniziatiche?

Sarebbe forse il caso che le varie strutture martiniste, degne di questo nome, assumessero regolare veste associativa, onde evitare il fermento del germe del sospetto?

Sarebbe forse il caso che non sussistesse nessuna possibilità di commistione fra il martinismo ed altri, pur rispettabili, percorsi iniziatici?

Sarebbe forse il caso che coloro che sono chiamati ad essere pastori di uomini, avessero una vita lavorativa certa?

Sarebbe forse il caso che coloro che pretendono di atteggiarsi a moralizzatori, si guardassero allo specchio e si interrogassero su determinati aspetti non lineari del proprio percorso?

Sarebbe forse il caso di evitare di utilizzare il martinismo, come luogo di avviamento alla Libera Muratoria o, peggio ancora, ambito su cui esercitare pressioni, dirette o indirette,  indebite?

Sarebbe il caso che molti si interrogassero se esiste il martinismo, o se piuttosto esistono i martinismi. In cosa differiscono e quali sono i lineari interpreti di tali fiume carsico tradizionale che precede sicuramente la stessa opera di Papus e del Filosofo Incognito?

Nella mia ingenuità credo che qualora fossero chiari, per tutti, questi semplici punti di buon senso si potrebbe effettivamente guardare con serenità alla nostra opera interiore. Purtroppo fino a quando per comodo, per interesse, per pavidità e per danno verso altri tutto ciò viene trascurato assisteremo sia a deprecabili spettacoli, organizzati da grottesche conventicole di eterni fuori luogo, sia al rischio che l’accidente sociale colpisca l’interno martinismo.
E’ tollerabile tutto ciò? Ovviamente non lo è. Proprio per queste ragioni il Nostro Ordine ha deciso di continuare la propria azione di solitaria testimonianza e custodia del deposito martinista. Del resto non abbiamo necessità di far parte di reti di contatto, quando esse stesse tollerano, o addirittura incentivano, il male che deriva dal disconoscimento dei punti summenzionati. Avendo, a differenza di altri, lavoro certo e radicamento nella società; non ricercando compensazioni a quanto non ottenuto nella vita profana; ci possiamo permettere di scegliere chi considerare, chi salutare e chi semplicemente ignorare.

In attesa dell’inevitabile Carthago delenda est.

Elenandro XI Grande Maestro

eremitadaisettenodi@gmail.com


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