L’uomo vive nel tempo, nella
successione del tempo, e il magico animale nell’attualità, nell’eternità
costante. (Jorge Luis Borges)
Sfogliando un semplice album
delle fotografie e volgendo la nostra memoria al recente passato non possiamo
non stupirci attorno ai cambiamenti epocali degli ultimi decenni. Cambiamenti
economici, sociali ed economici che hanno stravolto non solo la forma di
aggregazione sociale, ma gli stessi presupposti su cui si fondava la nostra
società.
Portando poi la nostra capacità
di riflessione a quanto costituiva lo stesso mondo ottocentesco, perimetro
temporale in cui in Europa si sono formati i nostri Ordini Iniziatici, dobbiamo
ammettere che niente è rimasto integro. Tutto ha subito l’azione disgregante
della modernità, della globalizzazione e della spersonalizzazione. La livella è
calata, e con forza tutto ha spianato.
Gli stessi iniziati di oggi non
sono sbarcati da qualche nave del Sole intenta a solcare il Nilo, non sono
affiorati dalle sabbie di Alessandria, non hanno avuto per precettori Platone e
Pitagora, e neppure come Romolo e Remo sono stati allattati dalla Lupa. Essi,
nel bene e nel male, sono figli del tempo e del luogo in cui vivono, soggetti
alle forze plasmanti che tutto modellano in un rapporto di funzionalità sociale
tendenzialmente coercitiva.
Per questo le Grandi Maestranze,
a cui è affidato il ruolo di governo delle strutture iniziatiche e di indirizzo
delle energie delle catene che sorreggono, dovrebbero sempre interrogarsi
attorno all’adeguatezza del proprio deposito docetico ed operativo. Al contempo
dovrebbero considerare che le loro dimore filosofiche, non sono avulse dal
tempo e dallo spazio, ma proprio perché formate da uomini sono in varia misura
reattive o permeabili innanzi alle sollecitazioni del mondo quaternario.
Accettando l’urgenza di tali
considerazioni, discende che ognuno di questi elementi deve essere compreso
nella sua intima importanza. Necessariamente contestualizzato e proiettato
lungo un arco temporale, al fine avere consapevolezza della rispondenza di
quanto poniamo in essere con l’iniziazione. La quale non si esaurisce con una
cerimonia, ma si sviluppa nell’arco della vita iniziatica del fratello. Una
vita che è pur sempre difforme da altre vite, ma che risente di elementi base
formativi frutto del contesto in cui si sviluppa.
Siamo
quindi chiamati ad una sapiente opera di equilibrio. La quale deve tener conto
della forma e della sostanza tradizionale, che l’Ordine deve preservare e
perpetuare, e la sua attualizzazione nella comunicazione e nel deposito
docetico-rituale. Da un lato è
necessario essere baluardo innanzi degenerescenza contemporanea, che uccide
ogni sacra forma, che distoglie l’uomo dal tempo naturale e lo immerge in un
tempo innaturale, che offre una cultura povera e frammentaria, che polverizza
ogni legame sociale e che scaraventa l’uomo in un modo senza prospettive e
storia. Da un lato dobbiamo fronteggiare lo spiritualismo improvvisato, il
frammischio rituale di taluni improvvisati e la confusione degli eterni fuori
posto e molto altro ancora.
Ognuno
di noi è chiamato ad una presa di coscienza, ad un sacrificio fra ciò che è
comodo e ciò che è utile per la propria funzione e il proprio Ordine. Ognuno di
noi è chiamato ad essere testimone ed interprete della tradizione oggi. In un
Oggi così lontano dal Passato dei Nostri Maestri, degli Antichi Templi e dei
rituali alla tremante luce delle fiaccole all’ombra dei marmi e dei graniti dei
sacri altari.
Abbiamo
scelto di nascere in questo luogo e in questo tempo. Questo è il nostro campo e
la nostra battaglia. Non tenere conto di ciò è condannarsi all’inutile e all’effimero.
Elenandro XI
Elenandro XI
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