mercoledì 21 agosto 2013
Aforismi di Eliphas Lévi
"I Tarocchi sono una macchina filosofica, che evita alla mente di divagare, pur lasciandole iniziativa e libertà; si tratta di matematica applicata all'assoluto, l'unione di ciò che è logico con ciò che è ideale, come una combinazione di pensieri esatti tanto quanto i numeri, forse la concezione più semplice e più grande del genio umano."
"Una volontà lucida può agire sulla massa della luce astrale e, col concorso di altre volontà che essa assorbe e seco trascina, determinare grandi e irresistibili correnti..."
"È una fatica di Ercole che assomiglia ad un gioco da bambini" dicono i maestri della santa scienza
"Ogni intenzione, che non si manifesta per mezzo di atti, è una vana intenzione, e la parola che la esprime una parola inutile; è l'azione che dà la prova della vita ed è pure l'azione che prova e dimostra la volontà"
"Il Grande Maestro ha dunque rivelato un mistero della scienza magica positiva quando ha detto: Volete accumulare carboni ardenti sul capo di chi vi ha fatto del male? Perdonategli e fategli del bene!..."
"Chi si dedica alle opere della scienza deve giornalmente muoversi con moderazione, astenersi dalle veglie troppo prolungate e seguire un regime sano e regolare...deve soprattutto distrarsi tutti i giorni dalle preoccupazioni magiche con occupazioni materiali o lavorando sia in arte sia nell'industria, sia anche ad un mestiere. Mezzo per ben vedere è quello di non guardare sempre, e chi passasse tutta la sua vita a mirare sempre allo stesso scopo finirebbe per non mai raggiungerlo."
mercoledì 14 agosto 2013
Il Pantacolo Martinista
Il Pantacolo Martinista
Su tutti i documenti dell’Ordine
Martinista, è stampato il Pentacolo Universale che confonde continuamente il
profano che molto spesso lo scambia per la Stella di David.
Dio, il Principio Primo
dell’Universo è rappresentato da un circolo, simbolo dell’eternità. L’effetto
di eternità, passante dal potere latente all’azione, è simbolizzato dalla
relazione mistica fra il centro e la circonferenza; è il Raggio proiettato sei
volte all’interno del cerchio… che produce l’esagono..simbolo dei sei periodi
di creazione.
Il Punto centrale forma il
settimo periodo, quello del Riposo.E’ tra queste emanazioni creative (eoni) che
la Natura evolve attraverso le sue due grandi correnti di Involuzione
(triangolo nero discendente) ed Evoluzione (triangolo bianco ascendente)
Osserviamo che la Natura,
simbolizzata dal Sigillo di Salomone, non arriva a Dio, ma solo alle forze
creative da Lui emanate. Dal Centro dell’Universo a Dio stesso (Circolo) nasce
il potere dell’uomo, unendo gli effetti della Divinità al fatalismo della
Natura nell’Unità della sua libera volontà simbolizzata da un quaternario (la
croce). Questa croce immagine dell’uomo, unisce il centro dell’Universo
(l’Anima Umana) a Dio Stesso. Essa esprime l’opposizione alla forza della
dualità da cui nasce la quintessenza. E’ l’immagine dell’azione dell’attivo
sopra il passivo…lo spirito sopra la materia.
La linea verticale simbolizza
l’Attivo; la linea orizzontale rappresenta il Passivo.
Il triangolo con la punta in alto
rappresentante tutto ciò che ascende, è
in particolare il simbolo del fuoco, del calore. Quello con la punta in basso
rappresenta ciò che discende ed è in particolare il simbolo dell’acqua,
dell’umido. L’unione dei due triangoli rappresenta la combinazione di caldo e
umido; del sole e della luna. Simbolizza il principio di creazione, la
propagazione dal cielo alla terra. Questa figura (il Sigillo di Salomone) da la
spiegazione delle parole di Hermes nella Tavola di Smeraldo: “ Esso sale dalla
terra al cielo e, viceversa discende sulla terra e riceve la forza delle cose inferiori e superiori”.
Sul Pantacolo Martinista, così,
concludeva il Papus: “ è la spiegazione
della più completa figura di sintesi che il Genio umano abbia mai scoperto.
Esso rivela TUTTI i misteri della Natura.
E’ applicabile nella fisica così come nella metafisica, nelle scienze
naturali come in teologia. E’ il Sigillo che unisce la ragione alla fede, il
materialismo allo spiritualismo, la religione alla scienza.”
Per quanto riguarda il Sigillo di
Salomone con la Stella a Sei Punte, che è parte integrante del Pentacolo
Martinista, Papus e Teder spiegano come segue:
“ Il Sigillo di Salomone
rappresenta l’Universo ed i suoi due Ternari…Dio e Natura.
Per questa ragione viene chiamato
“simbolo del Macrocosmo o Mondo Grandioso”, in opposizione alla Stella a Cinque
Punte che è il simbolo del “microcosmo” o “piccolo mondo” o “Uomo”. La Stella
di Salomone è composta da due triangoli; quello con la punta verso l’alto
rappresenta tutto ciò che sale. Esso simbolizza il fuoco ed il calore.
Psichicamente corrisponde alle aspirazioni dell’uomo che si innalza verso il
suo creatore; materialmente l’evoluzione
delle forze psichiche dal centro della terra al nostro sistema terrestre, il
sole. In una parola esprime il ritorno naturale di moralità e psichismo al principio da cui essi emanano. Il
triangolo con la punta verso il basso rappresenta tutto ciò che discende; esso
è il simbolo ermetico dell’acqua e dell’umidità. Nel mondo spirituale
simbolizza l’azione della Divinità sulle sue creature; nel mondo fisico
rappresenta la corrente involutiva che parte dal sole, centro del nostro
sistema terrestre ed arriva al centro della terra. Uniti, questi due triangoli
esprimono non solo la legge di equilibrio ma anche l’attività eterna di Dio e l’Universo. Essi
rappresentano il movimento perpetuo, la costante generazione e ri-generazione
attraverso il fuoco e l’acqua.
In altre parole “la putrefazione”
termine usato nel passato al posto di quello più scientifico di “fermentazione”.
Il Sigillo di Salomone è allora
la perfetta immagine della creazione e secondo Papus e Teder è con questo
significato che Louis Claude de Saint-Martin lo ha incluso nel suo Pentacolo
Universale.
[1] Non riusciamo a trovare la fonte originale
di questo lavoro sul web. All'autore sarà sufficiente scriverci una mail e
provvederemo celermente a citarlo dandogli il rilievo che merita.
martedì 13 agosto 2013
PAPUS MISTICO CRISTIANO - di Phaneg
Arriviamo ai giorni ove la Chiesa visibile riprende le sue forze spirituali nella Comunione della Chiesa Invisibile del Cristo, ove la pietà dei vivi depone un fiore sulla tomba dei morti alla Terra… Che mi sia permesso di far fiorire, anch’io, il ricordo di un grande dimenticato: il dottor Papus. Che il suo Spirito , sempre vicino a noi, seguendo il suo cammino, accolga questo omaggio, con il sorriso indulgente che metteva una tempo un bagliore nel suo profondo sguardo a ognuna delle nostre domande d’ardenti ricercatori della Verità.
E qual più bel fiore potrò offrirgli che far rivivere per un istante, per tutti quelli che egli aiutò e che guardano ancora, nel fondo dei loro stessi ricordi, il vero amore che la nostra guida aveva per il Signore Gesù? Il Cristo è diventato per la gran parte dei più vecchi allievi di Papus, il fine definitivo dei loro sforzi, ma molti sembrano aver dimenticato che è lui che mostra loro per primo il divino splendore del Crocifisso. È per questo che io sono felice di rendere al mio Maestro questo omaggio pubblico e di piacere agli occhi dei lettori di Psyché. Questi due o tre passaggi dove Papus lascia intravedere a tutti che l’occulto lo condusse alla mistica e quanto profondamente egli comprese, che in Gesù solo si trova la Vera Luce, e nel suo Amore la Sola Via. Un pensiero tenero, uno slancio di riconoscenza, caro amico sconosciuto, e lo Spirito di Papus ne sarà fortificato. Papus ci disse:
“la prima via dell’illuminazione è la più rara: è quella che è seguita fino che l’Invisibile agisce direttamente sull’essere di sua scelta, senza che colui lo domandi o lo attenda. Il caso di Swedenborg e quello di Giovanna d’Arco sono tipici a questo soggetto. Dopo il primo choc stabilente i rapporti tra i due piani, la comunicazione si fa semplicemente, ma sempre sotto la direzione dell’Invisibile e senza che il soggetto perda, anche per un secondo, il controllo delle sue facoltà.
L’altra via dell’illuminazione è più facile, in quanto questa può essere seguita con metodo, sia solo, sia sotto la direzione dei maestri viventi. Quando diciamo più facile noi dovremmo aggiungere “d’accesso” poiché, come tutta la via mistica, essa è riempita di prove, d’umiliazioni, di sacrifici costanti che scoraggiano anche i più zelanti all’inizio. La storia degli amici di Gitchel è luminosa a questo punto di vista. Loro erano venti prima di decidere di fare di tutto per seguire questa via e, alle prime prove di rovina dei soldi, di salute e di perdita di speranze, diciannove lasciarono; Gitchel restò solo e arrivò alla fine.
Molte fraternità iniziatiche conducono i loro membri verso questa via. Si comincia per la purificazione corporale a mezzo del regime, in generale vegetariano, e la forza mentale. Là vi è questo piccolo debutto con il pericolo di egoismo che fa si che il soggetto si creda “più puro” che gli altri umani e a non voler insudiciare la sua “purezza” con delle frequentazioni astrali o fisiche di cattivo titolo. Gli sfortunati che si lanciano in queste idee si disorbitano, lasciano il piano cardiaco di Carità e Amore per il piano mentale farcito d’orgoglio e sono condotti nel soggiorno astrale ove il serpente Pantheo l’illude a sua facilità. Per un soggetto così uscito dalla via cardiaca, la ginnastica astrale è tutto, la preghiera e il piano di personalità divina non esistono affatto; poiché il suo orgoglio porta a negare tutto quello che non percepisce. È un debuttante che bisogna piangere e aiutare se possibile, senza giudicarlo, poiché è vietato giudicarlo se non si vuole esserlo noi stessi. Se si è superato questo primo passo e se si trionfa delle illusioni del serpente astrale, ciò non può essere che per il soccorso di una potenza invisibile del piano divino; chiamiamola: angelo guardiano, ricevitore di luce, inviato dalla vergine celeste o anche altrimenti. Questo importa poco; il fatto solo è interessante. La nozione della sua umiltà reale, fortificata dalla nozione esatta degli altri esseri non demonizzati come noi, spinge il soggetto a gettarsi “verso la preghiera ardente” nelle braccia del Riparatore che è tutto, poiché lui non fa nulla per trascinare e per non sparlare dei suoi poveri fratelli né a giudicarli; ancora meno a condannarli. Allora si sviluppa sia l’audizione diretta per il cuore, sia la visione diretta per la ghiandola pineale e i suoi annessi,sia il tocco a distanza per i centri del plesso solare; tutte le facoltà sconosciute dei nostri fisiologisti “del torrente” come diceva Saint Martin.”
“l’essere così sviluppato non teme di perdere la sua purezza in mezzo agli impuri. Così come il Cristo ha mostrato la via vivendo in mezzo i sofferenti e gli umili, come l’illuminato cristiano si mescola ai malati, ai disperati e ai poveri. Ed è per lo sforzo costante verso la divisione di quello che gli si è donato con quelli che non hanno niente, che si fortificano le sue aspirazioni e i suoi meriti, allo stesso tempo anche le sue facoltà. Allora la percezione delle personalità divine divengono più acute, gli avvertimenti sono costanti e il soggetto può abbandonarsi senza temere alla direzione del Padre che gli dona la vita, del Figlio che gli dona il processo intellettuale per il Verbo e per l’Amore, e dello Spirito che l’illlumina.” (Papus: vita di Louis Claude de Saint-Martin)
(…) “come riprendere la lettura dell’imitazione, del Vangelo o anche dei libri di morale buddista, come pervenire alla certezza quando vi sono là dei fatti così positivi che i fatti occulti; come infine aprire il suo essere morale alla preghiera e alle influenze dell’Alto, quando si crede qualcuno, quando ci si è fatti “centro nell’Universo”? Non vi è che una sola via: l’umiltà e il ritorno al piano di comunione universale dove la pietra, la pianta e tutte le modalità dell’anima del mondo si uniscono nello stesso e totale ringraziamento. Cessate di credervi qualcuno; abbiate il sentimento che, davanti l’immensa potenza dell’Alto, voi siete appena qualche cosa; fraternizzate con gli inferiori che soffrono, andate dietro i poveri di cuore, di spirito o di corpo, fate loro capire di benedire le prove e non più a odiare e lentamente, la vostra libera ragione , la vostra orgogliosa volontà s’inclineranno con benevolenza senza perdere nulla delle loro qualità, e la vita di cuore si sveglierà in voi. Allora, i fatti si cancellano davanti le idee che rivelano e che traducono: le divisioni delle religioni e delle sette spariranno nell’amore universale dei peccatori e dei deboli e l’anima, circondata per l’estasi e l’infinito, fa poco a poco queste basi terrestri sulle quali deve esercitare la sua attività. L’illuminato diviene un solitario, un mistico; è la via di Swedenborg e di Claude de Saint-Martin, è la strada che indicano i cavalieri spirituali di cui il Martinismo è un esempio.
Ma l’essere umano non è completo che per l’unione delle anime sorelle separate durante l’incarnazione fisica; così l’Essere spirituale non nasce nell’uomo in tutto il suo splendore che per un nuovo e più considerevole sforzo, l’uomo realizza l’unione del cervello e del cuore, del fatto e della legge per sviluppare l’unità del principio.
Questa scienza illuminata per la fede, questa fede coagulata per la Scienza, bisogna consacrarle all’elezione dei deboli e degli oppressi, e l’azione spirituale, più ancora che naturale, devono ora essere il fine di colui che aspira alle sofferenze coscienti del terzo stadio.
Sempre sconosciuto, egli deve salvare questi stessi che lo scherniscono e lo ingiuriano, egli deve evitare loro il dolore e prenderlo su di lui al bisogno. E mai si arroghi il diritto di fare sfoggio dei suoi poteri reali, egli non può dire che egli è superiore agli altri uomini, al più ignorante e al più peccatore degli uomini, poiché egli è nel piano dove tutta la superiorità è sparita davanti la necessità della devozione universale.
È la via indicata nell’ordine degli illuminati della Rosa-Croce; è la via del pneumatico ed è la strada che Gesù rivela a quelli che vogliono seguirlo. Non si raggiunge mai il sentiero dei maestri della vita e della sofferenza con il corpo astrale; solo il corpo spirituale è capace di arrivarvi.
“la prima via dell’illuminazione è la più rara: è quella che è seguita fino che l’Invisibile agisce direttamente sull’essere di sua scelta, senza che colui lo domandi o lo attenda. Il caso di Swedenborg e quello di Giovanna d’Arco sono tipici a questo soggetto. Dopo il primo choc stabilente i rapporti tra i due piani, la comunicazione si fa semplicemente, ma sempre sotto la direzione dell’Invisibile e senza che il soggetto perda, anche per un secondo, il controllo delle sue facoltà.
L’altra via dell’illuminazione è più facile, in quanto questa può essere seguita con metodo, sia solo, sia sotto la direzione dei maestri viventi. Quando diciamo più facile noi dovremmo aggiungere “d’accesso” poiché, come tutta la via mistica, essa è riempita di prove, d’umiliazioni, di sacrifici costanti che scoraggiano anche i più zelanti all’inizio. La storia degli amici di Gitchel è luminosa a questo punto di vista. Loro erano venti prima di decidere di fare di tutto per seguire questa via e, alle prime prove di rovina dei soldi, di salute e di perdita di speranze, diciannove lasciarono; Gitchel restò solo e arrivò alla fine.
Molte fraternità iniziatiche conducono i loro membri verso questa via. Si comincia per la purificazione corporale a mezzo del regime, in generale vegetariano, e la forza mentale. Là vi è questo piccolo debutto con il pericolo di egoismo che fa si che il soggetto si creda “più puro” che gli altri umani e a non voler insudiciare la sua “purezza” con delle frequentazioni astrali o fisiche di cattivo titolo. Gli sfortunati che si lanciano in queste idee si disorbitano, lasciano il piano cardiaco di Carità e Amore per il piano mentale farcito d’orgoglio e sono condotti nel soggiorno astrale ove il serpente Pantheo l’illude a sua facilità. Per un soggetto così uscito dalla via cardiaca, la ginnastica astrale è tutto, la preghiera e il piano di personalità divina non esistono affatto; poiché il suo orgoglio porta a negare tutto quello che non percepisce. È un debuttante che bisogna piangere e aiutare se possibile, senza giudicarlo, poiché è vietato giudicarlo se non si vuole esserlo noi stessi. Se si è superato questo primo passo e se si trionfa delle illusioni del serpente astrale, ciò non può essere che per il soccorso di una potenza invisibile del piano divino; chiamiamola: angelo guardiano, ricevitore di luce, inviato dalla vergine celeste o anche altrimenti. Questo importa poco; il fatto solo è interessante. La nozione della sua umiltà reale, fortificata dalla nozione esatta degli altri esseri non demonizzati come noi, spinge il soggetto a gettarsi “verso la preghiera ardente” nelle braccia del Riparatore che è tutto, poiché lui non fa nulla per trascinare e per non sparlare dei suoi poveri fratelli né a giudicarli; ancora meno a condannarli. Allora si sviluppa sia l’audizione diretta per il cuore, sia la visione diretta per la ghiandola pineale e i suoi annessi,sia il tocco a distanza per i centri del plesso solare; tutte le facoltà sconosciute dei nostri fisiologisti “del torrente” come diceva Saint Martin.”
“l’essere così sviluppato non teme di perdere la sua purezza in mezzo agli impuri. Così come il Cristo ha mostrato la via vivendo in mezzo i sofferenti e gli umili, come l’illuminato cristiano si mescola ai malati, ai disperati e ai poveri. Ed è per lo sforzo costante verso la divisione di quello che gli si è donato con quelli che non hanno niente, che si fortificano le sue aspirazioni e i suoi meriti, allo stesso tempo anche le sue facoltà. Allora la percezione delle personalità divine divengono più acute, gli avvertimenti sono costanti e il soggetto può abbandonarsi senza temere alla direzione del Padre che gli dona la vita, del Figlio che gli dona il processo intellettuale per il Verbo e per l’Amore, e dello Spirito che l’illlumina.” (Papus: vita di Louis Claude de Saint-Martin)
(…) “come riprendere la lettura dell’imitazione, del Vangelo o anche dei libri di morale buddista, come pervenire alla certezza quando vi sono là dei fatti così positivi che i fatti occulti; come infine aprire il suo essere morale alla preghiera e alle influenze dell’Alto, quando si crede qualcuno, quando ci si è fatti “centro nell’Universo”? Non vi è che una sola via: l’umiltà e il ritorno al piano di comunione universale dove la pietra, la pianta e tutte le modalità dell’anima del mondo si uniscono nello stesso e totale ringraziamento. Cessate di credervi qualcuno; abbiate il sentimento che, davanti l’immensa potenza dell’Alto, voi siete appena qualche cosa; fraternizzate con gli inferiori che soffrono, andate dietro i poveri di cuore, di spirito o di corpo, fate loro capire di benedire le prove e non più a odiare e lentamente, la vostra libera ragione , la vostra orgogliosa volontà s’inclineranno con benevolenza senza perdere nulla delle loro qualità, e la vita di cuore si sveglierà in voi. Allora, i fatti si cancellano davanti le idee che rivelano e che traducono: le divisioni delle religioni e delle sette spariranno nell’amore universale dei peccatori e dei deboli e l’anima, circondata per l’estasi e l’infinito, fa poco a poco queste basi terrestri sulle quali deve esercitare la sua attività. L’illuminato diviene un solitario, un mistico; è la via di Swedenborg e di Claude de Saint-Martin, è la strada che indicano i cavalieri spirituali di cui il Martinismo è un esempio.
Ma l’essere umano non è completo che per l’unione delle anime sorelle separate durante l’incarnazione fisica; così l’Essere spirituale non nasce nell’uomo in tutto il suo splendore che per un nuovo e più considerevole sforzo, l’uomo realizza l’unione del cervello e del cuore, del fatto e della legge per sviluppare l’unità del principio.
Questa scienza illuminata per la fede, questa fede coagulata per la Scienza, bisogna consacrarle all’elezione dei deboli e degli oppressi, e l’azione spirituale, più ancora che naturale, devono ora essere il fine di colui che aspira alle sofferenze coscienti del terzo stadio.
Sempre sconosciuto, egli deve salvare questi stessi che lo scherniscono e lo ingiuriano, egli deve evitare loro il dolore e prenderlo su di lui al bisogno. E mai si arroghi il diritto di fare sfoggio dei suoi poteri reali, egli non può dire che egli è superiore agli altri uomini, al più ignorante e al più peccatore degli uomini, poiché egli è nel piano dove tutta la superiorità è sparita davanti la necessità della devozione universale.
È la via indicata nell’ordine degli illuminati della Rosa-Croce; è la via del pneumatico ed è la strada che Gesù rivela a quelli che vogliono seguirlo. Non si raggiunge mai il sentiero dei maestri della vita e della sofferenza con il corpo astrale; solo il corpo spirituale è capace di arrivarvi.
lunedì 12 agosto 2013
mercoledì 31 luglio 2013
Introduzione a la Metafisica del Numero di René Guénon
Introduzione a la Metafisica del Numero
René Guénon
Benché il presente studio sembri, almeno a prima vista, avere
un carattere alquanto "speciale", ci è parso utile intraprenderlo per precisare
e spiegare più completamente certe nozioni da noi richiamate nelle diverse
occasioni in cui ci siamo serviti del simbolismo matematico, e questa ragione
basterebbe a giustificarlo senza insistere oltre. Tuttavia, dobbiamo dire che vi
si aggiungono altre ragioni secondarie, che concernono soprattutto quel che si
potrebbe chiamare l'aspetto "storico" della questione; questo, in effetti, non è
interamente privo di interesse per il nostro punto di vista, nel senso che tutte
le discussioni che sono state sollevate sulla natura e sul valore del calcolo
infinitesimale offrono un sorprendente esempio di quella assenza di principi che
caratterizza le scienze profane, cioè le sole scienze che i moderni conoscono e
anzi concepiscono come possibili. Abbiamo spesso fatto rilevare che la maggior
parte di queste scienze, anche nella misura in cui ancora corrispondono a
qualche realtà, non rappresentano nulla di più di semplici residui naturali di
alcune delle antiche scienze tradizionali: è la parte più inferiore di quelle
che, avendo cessato d'esser posta in relazione coi principi, e avendo perduto
per ciò il suo vero significato originale, ha finito per assumere uno sviluppo
indipendente e per essere ritenuta come una conoscenza sufficiente a se stessa,
benché, in verità, il suo valore peculiare come conoscenza si trovi precisamente
ridotto con ciò stesso quasi a nulla. La qual cosa è soprattutto evidente quando
si tratta delle scienze fisiche, ma, come abbiamo già spiegato altrove (1), la
stessa matematica moderna non fornisce sotto questo aspetto una eccezione, se la
si confronta a quel che erano per gli antichi la scienza dei numeri e la
geometria; e, quando qui parliamo degli antichi, bisogna comprendervi anche
l'antichità "classica", come il minimo studio delle teorie pitagoriche e
platoniche basta a dimostrare, o almeno lo dovrebbe se non si dovesse tener
conto della straordinaria incomprensione di coloro che oggi pretendono di
interpretarle; se questa incomprensione non fosse così completa, come si
potrebbe sostenere, per esempio, l'opinione di una origine "empirica" delle
scienze in questione, quando, in realtà, appaiono al contrario tanto più lontane
da ogni empirismo quanto più si risalga lontano nel tempo, così come accade
d'altronde per ogni altra branca della conoscenza scientifica?
I matematici, nell'epoca moderna, e più particolarmente
ancora nell'epoca contemporanea, sembrano essere arrivati ad ignorare quel che è
il numero veramente; e noi non intendiamo parlare sol tanto del numero preso in
senso analogico e simbolico come lo intendevano i Pitagorici e i Kabbalisti,
cosa che è troppo evidente, ma anche, cosa che può sembrare più strana e quasi
paradossale, del numero nella sua accezione semplicemente e propriamente
quantitativa. In effetti essi riducono ogni loro scienza al calcolo, secondo la
più ristretta concezione che se ne possa avere, cioè considerato come un
semplice insieme di procedimenti più o meno artificiali e che non valgono
insomma che per le applicazioni pratiche alle quali danno luogo; in fondo, ciò
significa dire che essi sostituiscono il numero con la cifra, e, del resto,
questa confusione del numero con la cifra è così estesa oggi che si potrebbe
facilmente ritrovarla ad ogni piè sospinto persino nelle espressioni del
linguaggio corrente (2). Ora la cifra non è, in tutto rigore, niente di più che
il vestito del numero; non diciamo anche il suo corpo, perché è piuttosto la
forma geometrica che, sotto certi aspetti, può essere legittimamente considerata
come costituente il vero corpo del numero, come dimostrano anche le teorie degli
antichi sui poligoni e sui poliedri, messi in rapporto diretto con il simbolismo
dei numeri; e ciò si accorda d'altronde con il fatto che ogni "incorporazione"
implica necessariamente una "spazializzazione". Noi non vogliamo, tuttavia, che
le cifre stesse possano dirsi segni interamente arbitrari, la cui forma non
sarebbe stata determinata che dalla fantasia di uno o più individui; deve valere
per i caratteri numerici ciò che vale per i caratteri alfabetici, dai quali
d'altra parte i primi non si distinguono affatto in certe lingue (3), e si può
applicare agli uni come agli altri la nozione di una origine geroglifica, cioè
ideografica o simbolica, che vale per tutte le scritture senza eccezioni, per
quanto dissimulata questa origine possa essere in certi casi dalle deformazioni
o dalle alterazioni più o meno recenti.
Ciò che c'è di certo, è che i matematici impiegano nella loro
notazione dei simboli di cui non conoscono più il senso, e che sono come delle
vestigia di dimenticate tradizioni; e quel che è più grave, è che non solamente
essi non si domandano quale possa essere questo senso, ma anche sembra che non
vogliano che ve ne sia uno. In effetti, essi tendono sempre di più a considerare
ogni notazione come una semplice "convenzione", con il che intendono qualche
cosa che è data in maniera del tutto arbitraria, ciò che, in fondo, è una vera
impossibilità, perché non si fa mai una qualsiasi convenzione senza aver qualche
ragione di farla, e di fare precisamente quella piuttosto che ogni altra
possibile; è soltanto a coloro che ignorano questa ragione che la convenzione
può apparire arbitraria, come non è che a coloro che ignorano le cause di un
avvenimento che questo può sembrare "fortuito"; è ciò che accade in questo caso,
e vi si può vedere una delle conseguenze più estreme dell'assenza di ogni
principio, che arriva fino a far perdere alla scienza, o alla sedicente tale,
poiché allora essa non merita più veramente questo nome sotto nessun riguardo,
ogni significato plausibile. D'altra parte, per il fatto stesso della concezione
attuale di una scienza esclusivamente quantitativa, questo "convenzionalismo" si
estende poco a poco dalla matematica alle scienze fisiche nelle loro teorie più
recenti, che così si allontanano sempre più dalla realtà che pretendono di
spiegare; abbiamo insistito su ciò sufficientemente in un'altra opera e ci
dispensiamo dal parlarne ancora, tanto più che è della sola matematica che ora
ci dobbiamo occupare più particolarmente. Sotto questo punto di vista,
aggiungeremo soltanto che, quando si perde così completamente di vista il senso
di una notazione, è poi facilissimo passare dall'uso legittimo e valido di
quella ad un uso illegittimo, che non corrisponde più effettivamente a nulla, e
che può anche essere talvolta del tutto illogico; ciò può sembrare abbastanza
straordinario quando si tratta di una scienza come la matematica, che dovrebbe
avere con la logica legami particolarmente stretti, e tuttavia è talmente vero
che si può rilevare una molteplicità di illogismi nelle notazioni matematiche
come sono comunque concepite nella nostra epoca.
Uno degli esempi più notevoli di queste notazioni illogiche,
proprio quello che dovremo esaminare qui prima di tutto, benché non sia il solo
che incontreremo nel corso della nostra esposizione, è quello del preteso
infinito matematico o quantitativo, che è la fonte di quasi tutte le difficoltà
che sono state sollevate verso il calcolo infinitesimale, o, forse più
esattamente, contro il metodo infinitesimale, poiché qui c'è qualcosa che
oltrepassa la portata di un semplice "calcolo" nel senso ordinario di questa
parola, checché ne possano pensare i "convenzionalisti"; non vi sono eccezioni
da fare che per quelle di queste difficoltà che provengono da una concezione
erronea o insufficiente della nozione di "limite", indispensabile per
giustificare il rigore di questo metodo infinitesimale e per farne un'altra cosa
che un semplice metodo di approssimazione. C'è d'altra parte, come vedremo, una
distinzione da fare tra i casi in cui il cosiddetto infinito non esprime che una
pura e semplice astrusità, cioè una idea contraddittoria in se stessa, come
quella del "numero infinito", e quei casi in cui esso è semplicemente impiegato
in maniera abusiva nel senso di indefinito; ma non bisognerebbe credere per
questo che la stessa confusione dell'infinito e dell'indefinito si riduca ad una
semplice questione di parole, poiché veramente essa si basa sulle idee stesse
Quel che è singolare, è che questa confusione, che sarebbe stato sufficiente
dissipare per eliminare tante discussioni, sia stata commessa da Leibnitz
stesso, che è generalmente ritenuto come l'inventore del calcolo infinitesimale,
e che chiameremmo piuttosto il suo "formulatore", poiché questo metodo
corrisponde a certe realtà, che, come tali, hanno una esistenza indipendente da
colui che le concepisce e che le esprime più o meno perfettamente; le realtà
dell'ordine matematico non possono, come tutte le altre, che essere scoperte e
non inventate, mentre, al contrario, è di "invenzione" che si tratta allorché,
come pure accade troppo spesso in questo dominio, ci si lascia trascinare,
effettivamente da un "gioco di notazione", nella pura fantasia; ma sarebbe
sicuramente ben difficile far comprendere questa differenza a dei matematici che
si immaginano volentieri che tutta la loro scienza non è e non deve essere
niente altro che una "costruzione dello spirito umano", cosa che, se bisognasse
credere a loro, la ridurrebbe certo a non essere in verità che ben poca cosa!
Comunque, Leibnitz non seppe mai spiegarsi chiaramente sui principi del suo
calcolo, e ciò ben dimostra che qui vi era qualcosa che lo oltrepassava e che
gli si imponeva in una qualche maniera senza che egli ne avesse coscienza; se se
ne fosse reso conto, non si sarebbe sicuramente impegnato in una disputa di
"priorità" con Newton, e d'altra parte tali dispute sono sempre perfettamente
vane, poiché le idee, in quanto sono vere, non potrebbero essere proprietà di
qualcuno, nonostante l'"individualismo moderno", e non v'è che l'errore che
possa essere propriamente attribuito agli individui umani. In seguito non ci
dilungheremo su questa questione, che ci potrebbe trascinare molto lontano
dall'oggetto del nostro studio, benché può darsi che non sia inutile, sotto
certi punti di vista, far comprendere che il ruolo di coloro che si chiamano
"grandi uomini" è spesso, per una buona parte, un ruolo di "recettori", sebbene
essi siano generalmente i primi a illudersi della loro "originalità".
Ciò che ci concerne più direttamente per il momento, è
questo: se dobbiamo constatare tali insufficienze in Leibnitz, e delle
insufficienze tanto più gravi in quanto esse vertono soprattutto sui problemi
dei principi, che ne potrà essere degli altri filosofi e matematici moderni, ai
quali egli è malgrado tutto sicuramente molto superiore? Questa superiorità,
egli la deve, da una parte, allo studio che aveva fatto delle dottrine
scolastiche del medioevo, benché egli non le abbia sempre interamente comprese,
e, d'altra parte, a certi dati esoterici, di origine o di ispirazione
principalmente Rosicruciana (4), dati evidentemente molto incompleti e anche
frammentari, e che d'altra parte gli accadde talvolta di applicare assai male,
come ne vedremo qualche esempio proprio qui; è a queste due "fonti", per parlare
come gli storici, che conviene riferire, in definitiva, quasi tutto ciò che c'è
di realmente valido nelle sue teorie, e è ciò che anche gli permise di reagire,
benché imperfettamente, contro il cartesianismo, che rappresentava allora, nel
doppio dominio filosofico e scientifico, tutto l'insieme delle tendenze e delle
concezioni più specificatamente moderne. Questa nota è sufficiente insomma a
spiegare, con qualche parola, tutto quel che fu Leibnitz, e, se si vuol
comprenderlo, non bisognerebbe mai perdere di vista queste indicazioni generali,
che noi abbiamo creduto sia stato, per questa ragione, bene formulare
all'inizio; ma è tempo di lasciare queste considerazioni preliminari per entrare
nell'esame delle questioni stesse che ci permetteranno di determinare il vero
significato del calcolo infinitesimale.
Note
1. Vedere Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi.
2. La stessa cosa accade ai "pseudo-esoteristi" i quali sanno
così poco di ciò di cui vogliono parlare che non mancano mai di commettere
questa stessa confusione nelle elucubrazioni fantasiose che essi hanno la
pretesa di sostituire alla scienza tradizionale dei numeri!
3. L'ebraico e il greco ricadono in questo caso, ed anche
l'arabo prima dell'introduzione dell'uso delle cifre indiane, le quali, in
seguito, più o meno modificandosi durante il Medioevo passarono in Europa; si
può notare, a tale proposito che la stessa parola cifra non è altro che la
parola araba çifr, sebbene quest'ultima sia in realtà la designazione
dello zero. è vero che in ebraico, d'altra parte, saphar significa
"contare" o "numerare" come anche "scrivere", da cui sepher,
"scrittura" o "libro" (in arabo sifr, che designa particolarmente un
libro sacro), e sephar, "numerazione" o "calcolo"; da quest'ultima parola
proviene anche la designazione dei Sephiroth della Kabbala, che
sono le "numerazioni" principali assimilate agli attributi divini.
4. Il marchio innegabile di questa origine si trova nella
figura ermetica posta da Leibnitz all'inizio del suo trattato De arte
combinatoria: è una rappresentazione della Rota Mundi, nella quale al
centro della doppia croce degli elementi (fuoco e acqua, aria e terra) e delle
qualità (caldo e freddo, secco e umido), la quinta essentia è
simboleggiata da una rosa a cinque petali (corrispondente all'etere considerato
in se stesso e quale principio degli altri quattro elementi); naturalmente,
questo "disegno" è passato completamente inosservato a tutti i commentatori
universitari.
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