mercoledì 17 agosto 2016

Le necessarie domande che il postulante al martinismo si dovrebbe porre.

Per quanto possa essere  impopolare in un mondo come quello moderno, dove la disgregazione di ogni identità è eletta a emblema,  specie  attraverso le pagine pubbliche di un social, dove tutto è ridotto a semplici e neutre affermazioni inclusive, ritengo che un amante della tradizione non possa permanere in un colpevole silenzio attorno a talune verità. A causa della mancanza di lungimiranza di alcuni, alla ricerca di autoreferenzialità, e della mercantile falsità di altri, votati all'effimera affermazione di se stessi, viene alimentata, fatalità, la pia illusione che esiste il Martinismo, così come la Libera Muratoria, quale corpo formalmente e sostanzialmente unico, giammai indiviso e comunque univocamente sano in ogni sua articolazione.  
Da cui discende la comoda, e quindi fasulla, idea che ovunque , e soprattutto da chiunque, si riceva iniziazione essa è valevole e pregante. I banditori di tale triste novella sostengono che la nostra iniziazione derivi da Papus, attestano la fedeltà agli insegnamenti del Filosofo Incognito (Louis Claude de Saint-Martin) e si scagliano, in modo subdolo e pretestuoso, contro i “danni” causati dalle precedenti generazioni (a tal proposito ricordo che la mia età anagrafica mi potrebbe suggerire di assistere in modo silente a questo mortifero macello, ma la tradizione e la divulgazione impongo altre scelte). Rimangono, inoltre, questi personaggi sul vago e sul generalista, attorno all’uomo di desidero, alla reintegrazione, a quanto è bello essere fratelli, e alle origini delle loro iniziazioni. 
Purtroppo esistono delle verità, queste incontrovertibili, che possono essere così riassunte:

1. Un qualsiasi percorso iniziatico tradizionale è tale proprio perché è viatico che deve essere compiuto, attraverso una retti-lineare progressione. La quale non ammette salti quantici, improvvisi balzi di grado, un continuo raccattare, attraverso mercimonio o pietose bugie o abili furbizie, gradi, brevetti e filiazioni. Giungendo all'evidenza di gradi estorti uno ad ordine (o vorrei dire disordine), o di triangolazioni degne più di una partita di carambola che di un cimento iniziatico.
2. Nel martinismo, argomento a me caro, si è conosciuti, non in virtù di qualche picaro brevetto, ma perché riconosciuti per la formazione all'interno di un regolare ordine e per l’opera di cristallina divulgazione. Sarebbe bene chiedere a certi personaggi per quale motivo le porte della grande comunità martinista sono a loro precluse ? Come mai gli unici interlocutori a loro concessi non sono altro che isolati o emarginati par loro ?
3. Possibile che coloro che hanno accumulato espulsioni su espulsioni, da parte di Ordini o Obbedienze tradizionali, oggi si fregiano di roboanti titoli ?
4. Ogni struttura martinista ha una propria docetica e un proprio corpo rituale. I quali sono espressione della particolare sensibilità e lettura del percorso di reintegrazione che l’uomo deve compiere. Tale varianza è accettata ed accettabile, fino a quando rimanere compresa all'interno dell’alveo tradizionale del martinismo. Diventa perniciosa, quando moderni stregoni dal non cristallino passato, frammischiano ad essa elementi in controtendenza sotto il profilo operativo

Sarebbe quindi opportuno che il postulante, che l’uomo di desiderio, prima di volgere il proprio passo verso talune virtuali strutture, si interrogasse attorno al percorso compiuto da coloro che pretendono di possedere le qualifiche reclamizzate o suggerite (la loro formazione è stata lineare all'interno di una struttura tradizionale ? Sono stati espulsi da altre strutture e si perché?). Ancora si dovrebbe interrogare attorno agli strumenti e alla filosofia offerti (sono attinenti con la radice del martinismo, oppure sono espressione di altro?) .



Concludo ricordando come nel nostro rituale giornaliero vi sono due passi, che molto hanno da suggerire attorno vicende sopra menzionate.    

Il primo recita: “ecce quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum….” Possiamo così intercalarlo nel nostro discorso: “I fratelli della comunità martinista italiana, seppur con le sue peculiari caratterizzazioni, mi accoglierebbero se sono componente di questa o di quest’altra struttura?”

Il secondo recita: ” Beatus vir qui non abiit in consilio impiorum et in via peccatorum non stetit et in cathedra pestilentiae non sedit;…..” che possiamo prendere come un monito:”beato il fratello che non presta ascolto a certi mercanti di iniziazioni, che non trova formazione interiore nelle loro false parole e che non siede in mezzo a loro in falsi templi.”
Qualche domanda è sempre utile.


www.martinismo.net 

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