lunedì 5 dicembre 2016

La Meccanica del Rituale. Video della Pubblica Conferenza, Montecatini Terme Ottobre 2016



La meccanica del rito e del rituale. Pubblica conferenza organizzata dal Sovrano Ordine Gnostico Martinista in occasione del Convento Nazionale di Montecatini Terme (Ottobre 2016)

Come sua tradizione il Sovrano Ordine Gnostico Martinista, dedica la giornata della domenica a pubbliche conferenze (aperte a profani rispetto al martinismo) ottemperando così al dovere di divulgare.





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eremitadaisettenodi@gmail.com

Gérard Encausse (Papus). Video della Pubblica Conferenza, Montecatini Terme Ottobre 2016




Gérard Encausse (Papus) nel centenario del suo passaggio oltre il velo della manifestazione. Pubblica conferenza organizzata dal Sovrano Ordine Gnostico Martinista in occasione del Convento Nazionale di Montecatini Terme (Ottobre 2016)

Come sua tradizione il Sovrano Ordine Gnostico Martinista, dedica la giornata della domenica a pubbliche conferenze (aperte a profani rispetto al martinismo) ottemperando così al dovere di divulgare.





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sabato 3 dicembre 2016

Lo Studio e la Pratica




03 Dicembre 2016, dalla Grande Montagna del Sovrano Ordine Gnostico Martinista.


Oggetto: Lo Studio e la Pratica.


            Amati fratelli e dilette Sorelle,


            Il percorso martinista, così come inteso e professato nel Nostro Venerabile Ordine, si fonda su di un giusto ed armonioso equilibrio di elementi filosofici e laboriosa Opera. L'uno non può, e non deve, escludere l'altro, pena uno sviluppo disarmonico delle qualità intime dell’iniziato.

Lo studio per quanto attento, capace e proficuo in assenza della costante pratica non è altro che nozionismo: una sequela di idee, che per quanto nobili ed affascinanti, sono soggette alle perturbabilità del momento: a mutare costantemente in forza di nuovi interessi, curiosità e suggerimenti.
La pratica per quanto intensa, costante e ricca in assenza dell'attento studio non è altro che un vuoto fare: una sequela di operazioni, che per quanto appaganti ed armoniose, sono solamente portatrici di momentanei isolamenti: atte a generare un successivo stato di dolorosa estraniazione in noi e verso le cose di questo mondo.

            Ecco quindi come lo studio e la pratica debbano essere cosa unica. Entrambi fedeli compagni. Entrambi alchemici compartecipi, di quel dinamismo interiore che deve innescare il movimento verso il perfezionamento e la reintegrazione dell'iniziato.
           
            Lo studio metodico dovrà fornire all'iniziato quelle giuste nozioni in grado di:
1) Comprendere cosa sta ponendo in essere attraverso la pratica.
2) Fornire gli elementi filosofici e simboli, seppur in chiave intellettuale, che progressivamente pervaderanno il suo essere.
3) Separare il grano dalla gramigna delle tante assurdità e corbellerie che si veicolano nel sottobosco iniziatico.

            La pratica dovrà fornire all'iniziato quel giusto momento in grado di:
1) Fissare gli elementi filosofici e simbolici nei livelli profondi dell'essere.
2) Fornire quei simboli e parole di potere "esclusivamente" individuali. I quali non sono altro che le chiavi e le soglie interiori.
3) Separare il grano dalla gramigna delle tante illusioni e filastrocche interiori partorite dai dinamismi inconsci e dai meccanismi della nostra mente.

Per questo, amati fratelli e dilette sorelle, con l'iniziazione al Nostro Venerabile Ordine siete stati investiti di una trasmissione iniziatica. La quale trova terreno, fertile o meno starà a voi, nell'integrità del vostro essere, ed elementi di nutrimento nella vostra volontà di apprendere e nella vostra capacità di praticare.

Vi saluto con Amore e Gioia.

Elenandro XI

GM del Sovrano Ordine Gnostico Martinista


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giovedì 24 novembre 2016

I due pilastri



Prima della nascita, l’anima di ciascuno di noi sceglie un’immagine o disegno che poi vivremo sulla terra, e riceve un compagno che ci guidi quassù, un daimon, che è unico e tipico nostro. Tuttavia, nel venire al mondo, ci dimentichiamo tutto questo e crediamo di esserci venuti vuoti. È il daimon che ricorda il contenuto della nostra immagine, gli elementi del disegno prescelto, è lui dunque il portatore del nostro destino. ( J. Hillman)

"...le massime libertà nella interpretazione del simbolo devono essere salvaguardate contro ogni dogmatizzazione, perché se la speculazione e i risultati della meditazione e della illuminazione sono validi, la significazione ultima del simbolo resta e deve restare sempre eguale alla sua essenza cioè a se stessa." Francesco Brunelli - Martinismo e Pitagorismo


Ogni struttura iniziatica tradizionale, realmente tale, trova il proprio fondamento in due pilastri. 

Il primo di essi è rappresentato dal "mito fondativo" attraverso cui vi è una rappresentazione immaginifica/mitologia del messaggio sapienziale che ispira ed anima la struttura stessa. 
Nel martinismo tale mito è rappresentato dalla caduta dell'uomo da una condizione di creatura privilegiata da Dio, ad una condizione di reietto e succube di forze di prevaricazione. L'uomo precipita a seguito di un atto di disubbidienza, ma a differenza di altre creature cadute prima di lui, ha la possibilità di riacquistare la condizione perduta e riconciliarsi al divino. Tale narrazione viene, nel martinismo, riassunta in una parola "reintegrazione". 

E' necessario comprendere come il "mito" rappresenti un antico sistema di trasmissione della sapienza, sicuramente superiore alla semplice enunciazione di pensieri e concetti. In quanto il mito, per sua stessa natura, è costituito da una molteplicità di elementi dialettici, immagini, collusioni e collisioni fra il mondo degli uomini e il mondo del divino in grado di veicolare un novero informativo ben maggiore. L'immagine, la narrazione dinamica, evidentemente raccolgono un numero di informazioni superiori alla fallace parola contemporanea, al nostro modo di comunicare livellato e costellato di presunte oggettività. E' altrettanto vero che è sufficiente scendere un poco oltre la soglia dell'ovvio e delle sorde e mute convenzioni per rendersi conto che non sussiste comunicazione alcuna, mentre piuttosto galleggiamo in un fiume di parole e concetti separativi. 
Se ben riflettiamo il mito, che viene riproposto dai nostri rituali individuali e collettivi, offre non l'apparenza di una comunicazione dialettica, ma la sostanza di un'esperienza condivisa in forza della sua funzione formativa e catartica. La quale insemina la nostra mente, il nostro cuore e progressivamente tutto in noi pervade.

Il secondo pilastro su cui necessariamente deve reggersi una reale struttura iniziatica, è rappresentato dal complesso docetico e dal corpo rituale che sono amministrati e trasmessi dalla Grande Maestraza. I quali devono congiuntamente essere espressione del Mito fondativo e permettere la vivificazione del medesimo in ognuno dei fratelli. Ecco quindi che è necessario che ognuno degli strumenti proposti, così come il corpo degli insegnamenti, sia adeguatamente valutato e calibrato. In modo, che esso, sia non un un qualcosa di fine a se stesso, ma un utile viatico fra l'iniziato e quella soglia che deve essere attraversata.

Perchè la purificazione? Perchè attraverso tale momento ci rendiamo consapevole della nostra condizione di imperfezione e impudicizia, e volontariamente ed attivamente, con l'assistenza delle potenze celesti che in noi albergano, procediamo a mondarci.
Perchè il rituale giornaliero? Perchè attraverso tale tale il singolo iniziato, e la collettività fraterna, adempiano alla propria laboriosa testimonianza, volta a tendersi verso la Casa del Padre Benevolo.
Perchè i rituali maggiori? Perché si procede ad un servizio sacerdotale verso l'interna comunità, e riproponiamo, traendone energia vitale, il mito fondativo e i suoi corollari.

La comprensione dal parte dell'iniziato del "mito fondativo", lo conduce ad una sensibilità maggiore e profonda a riguardo del luogo dove ha deciso di operare. La quale produrrà sicuramente dei benefici effetti nella sua pratica e nella sua crescita interiore. 
La comprensione degli elementi rituali e docetici lo porterà a valutare l'adesione da parte della struttura alla propria radice tradizionale. Onde  evitare che questa non sia altro che un bivacco di cultori di cose esoteriche o di illusi. 


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Le Dieci Preghiere di Louis Claude de Saint-Martin (nuova traduzione)



Introduzione
Altopascio, 20 Novembre 2016
Carissimo e paziente lettore giunto a te nel presentarti questa nuova traduzione delle “Dieci Preghiere” di Louis Claude de Saint-Martin. Tralascio in questo momento una qualsiasi nota biografica attorno all’importanza dell’autore, rimandando all’appendice di questo piccolo libro, per soffermarmi attorno ad alcune semplici ed umili riflessioni in merito a questo testo.
Sovente l’importanza della preghiera all’interno di un percorso realizzativo dell’Essere, che nel martinismo assume la forma di reintegrazione dell’uomo nell’uomo e dell’uomo nel divino, viene sminuita, quando addirittura rimossa con frettolosa superficialità. Tale atteggiamento in molti è frutto di un riflesso condizionato, di un antagonismo, nei confronti del fenomeno religioso. Quando non si tratta, e spesso lo è, di un autentico sentimento di superiorità nei confronti di un atto ritenuto di sottomissione e popolare.
Andrebbe però considerato come la preghiera, così come qualsiasi strumento spirituale, non è vivo in quanto tale, ma bensì in guisa della prospettiva e della forza ad essa impressa. Colui che lo riterrà meccanismo d’opera, capace di porlo in contatto con stati dell’essere profondi e canale di influenze sottili, certamente si pone fuori da un contesto meramente devozionale. Egli tenderà a vedere la preghiera come uno strumento avente finalità invocative ed evocative. Del resto amo sovente ricordare come lo stesso rituale Teurgico è composto di numerosi e significativi atti configurabili, se osservati singolarmente, come preghiere. Sono la capacità, il genio e la volontà operativa del Teurgo che, fondendo i vari elementi ritualistici in un unicum, determinano un viatico fra l’uomo immerso nel quaternario e l’uomo coagente della divina volontà (che è in Lui). Amico mio, via teurgica e via cardiaca non sono altro che i due risvolti della medesima medaglia: la ricerca da parte dell’uomo di una manifestazione, di uno stato, del divino.
Portando adesso l’attenzione a questo lavoro di Louis Claude de Saint-Maritn, vorrei evidenziare alcuni elementi che sono fondamentali per comprenderne, e spero implementare in un atto di opera, la fatica filosofica. Il mito fondativo di riferimento del Filosofo Incognito consiste in una caduta da uno stato edenico dell’uomo, a causa di un atto di ribellione, di superbia nei confronti del suo Creatore. A differenza di altre creature in precedente condannate a medesima sorte, è però riservata all’uomo, tramite il pentimento per quanto commesso e il riconoscimento della volontà divina, la possibilità di riconquistare il ruolo di creatura prediletta.
E’ la reintegrazione che permette all’uomo di riabilitarsi e riconquistare quanto un tempo era sua prerogativa e potenza. Tale processo trova, per il Filosofo Incognito, inizio con una presa di conoscenza attorno alla propria misera condizione di essere transeunte e sottoposto alla mercè di forze a lui superiori. Forze che lo hanno infettato, e reso a sua volta elemento di contaminazione. Tale rivelazione interiore spinge l’Uomo di Desiderio a chiedere, strappando il Dio Inneffabile dalla sua incuranza per le sorti della creature, l’invio di uno spirito, di un agente sostanziale, di verità e di luce.
Il Dio che Louis Claude de Saint-Martin ci offre è ineffabile, estraneo a questa “terra di prova” (così come indicato proprio in queste preghiere dal Filosofo). Terra in cui l’uomo inconsapevole, cieco innanzi all’errore, è ghermito, schernito e abusato dai “Prevaricatori”. I quali sono le creature spirituali cadute prima dell’uomo stesso, e a cui è stata negata la possibilità di essere riammesse alla condizione originaria, per esse inesorabilmente perduta. Ecco quindi che l’uomo stesso non è altro che un campo di battaglia fra l’azione di questi spiriti di separazione, la forza della potenze naturali e la medesima volontà spirituale umana di riconciliarsi con il proprio Creatore. “Sorgente eterna di tutto ciò che è, Tu che invii ai prevaricatori degli spiriti di errore e di tenebre che li separano dal Tuo amore, invia a colui che Ti cerca uno spirito di verità, che lo riconcili a Te per sempre” E’ significativo, come sopra proposto, che la prima preghiera si apra proprio con tale “supplica”, la quale altro non è che la CHOSE, la manifestazione divina tanto ricercata nella pratica degli Eletti Cohen di cui lo stesso Louis Claude de Saint-Martin era stato esponente di indubbio rango e spessore.
E’ quindi inevitabile che il “semplice messaggio” di cui è portatore il Filosofo Incognito, non possa che essere raccolto in tali elementi e simboli formali. Non sarebbe stato possibile, non sarebbe stato concepibile altrimenti. Un messaggio spirituale è elemento sottile per eccellenza, impalpabile e in se stesso incomunicabile; necessita di elemento grossolano comunicativo per essere seminato, prima nella mente e poi nel cuore, di colui che è meritevole di riceverlo. Come tutti i semi, esso necessita poi dell’opera del buono e solerte contadino, capace di cogliere le necessità della terra e l’azione degli elementi, affinchè il seme possa fruttare ed essere nutrimento supersostanziale.
Procedendo lungo la sofferta via della presa di coscienza interiore, comprendendo l’errore ancestrale commesso, l’uomo, con il sostegno del Padre, da succube diviene campione del divino, opponendosi all’azione degli agenti di prevaricazione. Tale titanica lotta trova espressione nell’arrendersi alla volontà divina, la quale colma l’uomo nel momento in cui, e solamente in tale istante, l’uomo rinuncia alla propria volontà contingente ed impermanente. Come mi permettevo di far notare ad una cara persona, dobbiamo comprendere, quando siamo innanzi ad un testo a carattere spirituale, che il messaggio in esso raccolto è custodito all’interno di una forma comunicativa. La quale risente, ovviamente e non potrebbe essere altrimenti, del linguaggio tipico del tempo, della formazione culturale dell’estensore e di coloro che ne dovrebbero beneficiare. Il Filosofo Incognito vive ed opera in una Francia stravolta dalla rivoluzione e dal regno del terrore che segue a tale epocale evento. Una Francia ancora intrisa della narrazione e dei simboli cattolici, i quali erano, e sono, patrimonio comune, substrato immaginifico e culturale degli “amici” da cui è circondato e di cui è imbevuto egli stesso.
Edizioni Lulu http://www.lulu.com/spotlight/lachimera70
In estrema conclusione, ti porgo, caro amico, due ulteriori pensieri in merito a quest’opera del Filosofo Incognito. La mia sensibilità, il mio studio, ed infine la pratica che da tutto ciò è derivata mi porta a riconoscere negli scritti di Louis Claude de Saint-Martin una profonda venatura gnostica. La quale vede l’uomo, nella sua condizione di caducità, profondamente e mortalmente lontano dalla sua radice spirituale: il Pleroma Gnostico. Sottoposto all'azione di questi terribili ed invasivi agenti di separazione che sono i Prevaricatori e che nello gnosticismo assumono la denominazione degli Arconti. Lo stesso “spirito di verità” trova rimembranza nell'azione salvifica della Gnosi la quale è forma e veicolo di redenzione. Concludo poi soffermando sul numero 10, il numero di queste preghiere, il quale non solo rappresenta la completezza e la perfezione divina, ma anche l’eterno nuovo inizio di colui che è consapevole. Oltre ovviamente ad essere la somma dei primi quattro numeri, che alchemicamente possiamo leggere, e giustamente comprendere, come i quattro elementi. Questa semplice premessa ha avuto come unico obiettivo quello di sottoporti sotto una diversa valenza non solo l’opera del Filosofo Incognito, ma la stessa preghiera quale valido e formidabile strumento di opera interiore. Introduzione al testo "Le Dieci Preghiere di Louis Claude de Saint-Martin"