«Oggi migliaia di
uomini e di donne cercano un rifugio nella Saggezza degli Antichi,
nella Scienza di quei tempi che non conobbero né persecuzione
religiosa, né intolleranza scientifica — di quei tempi in cui la
saggezza di un iniziato ai Misteri Egiziani, la ricchezza di un
adoratore di Moloch e l'abilità di un settario di Mithra lavoravano
nella più sublime armonia alla costruzione di un Tempio eretto al
Dio di Israele, tempio nel quale una idolatra, la bella regina di
Saba, ed un altro idolatra, Alessandro il Grande, vennero ad adorare
il Santo dei Santi.
«Di fronte a
questo ritorno fatale verso la Saggezza Antica che ha prodotto Rama,
Krishna, Ermete, Mosè, Pitagora, Platone e Gesù, il Martinismo,
depositario di sacre Tradizioni, esce dalla sua volontaria oscurità
ed apre i suoi santuari di scienza agli Uomini del Desiderio capaci
di comprendere i suoi simboli, incoraggiando quello che è animoso,
sconsigliando colui che è debole, sin quando la speciale selezione
dei Superiori Incogniti sia completa; allora, il Martinismo chiuderà
le sue Assemblèe e tornerà al suo sonno secolare».
Tessier
Luigi Claude de
Saint Martin, durante il suo periodo di guarnigione a Bordeaux
(1766-1771) fu affiliato alla Loggia Massonica degli Eletti Scozzesi
alla quale apparteneva pure Martinez de Pasqually, cabalista,
teurgista ed occultista, a cui, come detto, devesi il sistema degli
Eletti Cohens.
Dopo la morte del
Pasqually, abbandonata la divisa militare, Saint Martin effettuò un
viaggio in Italia e dopo si stabilì a Parigi ove raccolse un
cenacolo che fu detto «degli Uomini del Desiderio» poiché gli adepti
si dedicavano con tutte le loro forze alla ricerca della Verità.
Da questo cenacolo
nacque l'Ordine Martinista che assunse la caratteristica di catena
esoterica formata fra gli adepti dei quali era richiesta
l'attitudine naturale, la possibilità intellettuale e la volontà di
«conoscere» e di elevarsi interiormente a profitto dell'umanità.
All'affermarsi ed al rapido diffondersi dell'Ordine contribuì
potentemente l'opera di G. B. Willermoz che fu del Maestro il più
attivo collaboratore; dalla Francia l'Ordine, che già aveva assunto
la forma di ramificazione illuministica del Rito Scozzese, si
diffuse in Europa ed in America; nel 1887 fu riorganizzato e gli fu
impresso un carattere più «intimo», tale da legare tutti gli
aderenti con un vincolo spirituale intimamente sentito, vincolo
animico più che comunanza di indirizzo del pensiero.
L'Italia, per
quella idealità cavalleresca e mistica che sta nel fondo della
nostra razza, ove è fusa ad una particolare genialità, non soltanto
accolse il Martinismo ma gli conferì delle espressioni particolari e
ne sviluppò il concetto.
Già nel 1924
l'Ordine italiano assunse caratteristica autonomia procedendo alla
formazione di un suo Supremo Consiglio a reggere il quale fu
chiamato l'avv. A. Sacchi (Sinesius), coadiuvato da un certo numero
di Gr. Maestri Regionali alla cui opera coraggiosa si deve la
conservazione dell'Ordine durante tutto il periodo dittatoriale
subito dal nostro Paese.
Alla base dell'adeptato
Martinista è la più ampia libertà di pensiero e di coscienza, la più
completa indipendenza in fatto di religione, ma un vincolo potente
lega tutti gli aderenti all'Ordine, di cui l'abnegazione profonda
che è necessaria per esservi accolti, educata e potenziata, nonché
la progressiva catarsi che adduce alla rinascita spirituale
risvegliando in noi il «divin bambino» determina in effetto una
coesione così intima contro cui qualsiasi azione è praticamente
inoperante.
Di quale forza di
coesione sia capace un assieme costituito da oneste persone per le
quali lo spirito di fratellanza è una seconda coscienza, e l'adeptato
prescelto è sentito in tutta la sua bellezza, ne abbiamo la prova
nel recente periodo di persecuzione di tutte le collettività che
direttamente od indirettamente avversavano le forme dittatoriali.
Disposto per
l'annientamento di tutte le associazioni a carattere indipendente,
la maggioranza delle comunità più note si disciolse non soltanto
apparentemente ma pure sostanzialmente poiché ad esse mancava quel
cemento costituito dalla reciproca fiducia e dalla forza di un
ideale compreso tanto profondamente da ammettere anche il sacrificio
personale; di esse rimasero solo dei singoli, il più delle volte
isolati, che furono quelli che, con il ritorno delle possibilità di
azione, levarono alta l'antica fiaccola, cercando con essa di
illuminare gli spiriti e pervenire ad una effettiva fratellanza che
non venga meno quando più se ne fa sentire il bisogno.
La maggior parte
delle collettività mancò al proprio compito quando tanto utile ne
sarebbe stata l'azione; ma non fu così dell'Ordine Martinista che
continuò silenzioso nell'opera sua, orientata, per la necessità del
momento, principalmente alla rivalorizzazione della dignità umana;
il suo lavoro fu prudente, tranquillo ed efficace tanto da
preoccupare i dominatori. Chi scrive lo fa con competenza in merito,
e, per non dire che di cose vedute, e vissute, si riferisce ad una
serie di circolari che ha sottocchio, circolari «riservatissime» in
cui le Autorità di allora richiamano l'attenzione dei dipendenti ad
una accurata vigilanza su certe «Società di Mutuo Soccorso a
carattere Massonico, illuministico, ecc.». Sono circolari che vanno
dal gennaio 1928 al dicembre 1938; quella del 10 settembre 1929 ha
per «oggetto» l'«Ordine Martinista» ed in essa sono i nomi di Aldo
Lavagnini, Alessandro Sacchi, Adolfo Banti, nomi sacri al Martinismo
Italiano e di cui il ricordo è vivo in tutti.
E che dire poi
dell'attuale Sovrano Gran Maestro Generale miracolosamente sfuggito
ad una persecuzione che molto ricorda quella dei Templari, che oltre
alle pene fisiche cui fu sottoposto ebbe a subire del lancinante
dolore di veder cadere nobili Fratelli cui si sarebbe volentieri
sostituito?
Vi è tanto quanto
basta a porre in evidenza, per chi non lo senta, tutta la potenza
fascinatrice di un Ordine!
L'Ordine
Martinista ha assunto oggi in Italia una caratteristica sua,
perfettamente aderente ai suoi principi fondamentali, e ciò grazie
all'opera del suo attuale Sovrano Gran Maestro Generale che non è
secondo a nessuno in fatto di speciale competenza e di
raffinatissima sensibilità.
Esso comporta due
sezioni: quella exoterica comprendente gli «Associati», quella
esoterica che in tre gradi affronta l'erta iniziatica.
Molto opportuna la
prima sezione che, mentre dà modo al postulante di ambientarsi,
permette di meglio conoscerlo rendendosi conto se sia utile avviarlo
verso quelle mète che non sono di tutti oppure se sia più
conveniente di dissuadervelo.
Ai tre gradi
iniziatici ne fanno seguito altri sei che sono prevalentemente
amministrativi.
Alla «valle»
massonica, il Martinismo sostituisce la «collina»; nessuna
pretensione in ciò, né uno sciocco desiderio di differenziazione, ma
piuttosto l'intendimento di precisare che ad una «Accademia» non si
può pervenire che dopo aver superato un non facile cammino; se la
Massoneria esige che gli aspiranti ad essi siano «uomini liberi e di
buoni costumi», il Martinismo chiede, oltre a ciò, che essi siano
dotati di buon volere, siano «uomini del Desiderio» il che implica
qualcosa di più e quasi comincia laddove la Massoneria ha già
cominciato. Nel Martinismo, poi, possono progredire (come del resto
anche in Massoneria che a tale scopo si divide nel Rito Scozzese, in
Massoneria Operativa ed in Massoneria Speculativa) soltanto coloro
che dispongono di particolari doti e di una certa cultura specifica,
a cui, l'Ordine Italiano, per iniziativa del suo attuale Sovrano,
provvede con speciali corsi facoltativi e gratuiti.
Non deve
sorprendere che la «graduatoria» Martinista sia tanto semplificata;
essa si inspira alla forma più nota della progressione iniziatica
egizia, cioè quella primitiva, ed afferma vigorosamente il concetto
del ternario. Si riallaccia pure alla primitiva forma Massonica,
essa pure in tre gradi, la quale, nel suo concetto originario,
intendeva pervenire alla integrale catarsi dell'Iniziando,
determinare la «morte» del Profano, e, per essa, vedere nascere
l'Iniziato.
D'altra parte il
numero dei gradi in una gerarchia di valori spirituali ha una
importanza assai meschina poiché qualunque gerarchia altro non è che
una forma di riconoscimento di valori personali, una valorizzazione,
destinata a stabilire delle distinzioni più adatte a dei profani che
non a degli Iniziati, il cui valore intrinseco assume delle forme
penetrative, suggestive, che, secondo la loro stessa potenza,
costituiscono una effettiva graduatoria. Questi tre gradi vanno
perciò intesi più come sezioni che come gradi veri e propri; i primi
due, specialmente, destinati a completare fa preparazione e le
cognizioni assolutamente necessarie al volenteroso cui si affaccia
lo sconfinato panorama del «Superiore Incognito».
Un Ordine
Iniziatico inspirato alla dottrina di Ermete ed alla Cabala, denso
di concetto quale è il Martinismo non poteva mancare di simboli
espressivi, di quelle espressioni sintetiche del pensiero che sole
possono trasmettere magicamente tutta l'anima di un concetto; esso
infatti ne ha di tre specie: mobili, grafici ed individuali.
Per un particolare
rispetto al buon volere del suo ideatore, il Martinismo italiano ha
conservati intatti i simboli originari per quanto esso sia dominato
non tanto dallo scopo di fare rivivere la tradizione quanto da
quello ben più importante di «animare» la tradizione. È per questo
che esso ha conservato anche quello costituito dal Sacro Tetragramma
nel cui centro si è innestata la «scin» ebraica; non si è inteso con
questo di avvalorare un errore glossologico che risale alla prima
metà del 15° secolo, pare a Joannis Reuclin, quando scarsa era la
conoscenza dell'ebraico (errore ribadito da Cornelio Agrippa, da
Kircher ed altri molti), ma semplicemente per conservare
l'allusione, anche se scorretta, della incarnazione del ternario (la
scin è 21a lettera dell'alfabeto ebraico e vale 300) nel quaternario
del Gran Nome, e su di ciò richiamare l'attenzione dell'Iniziando e
portarlo al desiderio di approfondire la sconosciuta legge del
settenario, legge che impera in modo stupefacente in tutti i campi
della Vita.
Appartengono ai
simboli mobili, i parati, le luminarie, le colonne, l'arco; e quelli
grafici la croce, il cerchio, il pentagramma, il Pentacolo
universale; ai personali, la maschera ed il mantello.
In tutte le scuole
iniziatiche lo studio del simbolo rappresenta una delle parti più
importanti poiché esso rappresenta, come dice Oswald Wirth, «una
finestra sull'infinito» e saremmo tentati di farne oggetto di
qualche nostra breve considerazione se non ci trattenesse il
carattere che abbiamo voluto dare a queste note, di rapido esame
generale che molto tocca e nulla svolge, in modo da obbligare a
pensare, a penetrare, a contribuire con apporto pensativo alla
stabilizzazione del proprio volere. Ma per quanto chi scrive queste
righe non si senta capace di spaziare oltre i limiti di un cerchio
di determinato sviluppo, si ripromette, se altri non lo farà prima e
meglio, di farne oggetto di una breve monografia a parte.
Estratto da:
IL MARTINISMO E
LA SUA ESSENZA
DI UMBERTO GOREL PORCIATTI – RAMA
S.I.I.
Casa Editrice Ardenza - Napoli
1946
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