Il simbolismo della "pietra angolare",
nella tradizione cristiana, si basa su questo testo: "La pietra che i
costruttori avevan gettato via è diventata la principale pietra d’angolo", o più
esattamente "testa d’angolo" (caput anguli).1 Lo strano è che
questo simbolismo sia il più delle volte mal compreso, per via di una confusione
fatta comunemente fra la "pietra angolare" e la "pietra fondamentale" cui si
riferisce quest’altro testo ancor più noto: "Tu sei Pietro, e su questa pietra
costruirò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno su di essa".2
Tale confusione è strana, dicevamo, perché, dal punto di vista specificamente
cristiano, essa porta di fatto a confondere san Pietro con Cristo stesso, poiché
è quest’ultimo a essere designato espressamente come "pietra angolare", come
mostra questo passo di san Paolo, che inoltre la distingue nettamente dalle
"fondamenta" dell’edificio: "Voi siete un edificio costruito sul fondamento
degli apostoli e dei profeti, di cui Gesù Cristo è la principale pietra d’angolo
(summo angulari lapide), nel quale ogni edificio, costruito e legato in
tutte le sue parti, si eleva in un tempio consacrato al Signore, per mezzo del
quale voi siete entrati nella sua struttura [più letteralmente "costruiti
assieme", coedificamini] per essere l’abitazione di Dio nello Spirito".3
Se l’equivoco in questione fosse unicamente moderno, non sarebbe certo il caso
di stupirsene oltre misura, ma sembra effettivamente che lo si incontri già in
epoche in cui non è possibile attribuirlo a pura e semplice ignoranza del
simbolismo; si è quindi condotti a chiedersi se in realtà non si sia piuttosto
trattato, in origine, di una "sostituzione" intenzionale, giustificata dal ruolo
di san Pietro come "sostituto" di Cristo (in latino vicarius, che
corrisponde in tal senso all’arabo Khalîfah); se così fosse, questo modo
di "velare" il simbolismo della "pietra angolare" sembrerebbe indicare che lo si
riteneva contenere qualcosa di particolarmente misterioso, e si vedrà in seguito
come una simile supposizione sia lungi dall’essere ingiustificata.4
Comunque sia, in questa identificazione delle due pietre, anche dal punto di
vista della semplice logica, c’è un’impossibilità che appare chiaramente se si
esaminano con un po’ più d’attenzione i testi che abbiamo citato: la "pietra
fondamentale" è quella posta per prima, all’inizio della costruzione di un
edificio (e perciò viene anche chiamata "prima pietra");5 come si
potrebbe dunque gettarla via nel corso della costruzione? Perché sia così,
occorre al contrario che la "pietra angolare" sia tale da non poter trovare
ancora il suo posto; e infatti, come vedremo, lo può trovare solo al momento del
compimento dell’intero edificio, e così diventa realmente la "testa d’angolo".
In un articolo che abbiamo già
segnalato,6 Ananda Coomaraswamy osserva che l’intenzione del testo di
san Paolo è evidentemente di rappresentare Cristo come l’unico principio da cui
dipende tutto l’edificio della Chiesa, e aggiunge che "il principio di una cosa
non si trova né in una delle sue parti né nella totalità delle sue parti, ma là
dove tutte le parti sono ridotte a una unità senza composizione". La "pietra
fondamentale" (foundation-stone) può sì esser chiamata, in un certo
senso, "pietra d’angolo" (corner-stone) come si fa di solito, poiché essa
è posta a un "angolo" (corner) dell’edificio;7 ma non è unica
come tale, giacché l’edificio ha necessariamente quattro angoli; e, anche se si
vuol parlare più particolarmente della "prima pietra", essa non differisce in
nulla dalle pietre di base degli altri angoli, se non per la sua posizione,8
e non se ne distingue né per la forma né per la funzione, essendo in definitiva
solo uno fra quattro sostegni uguali tra loro; si potrebbe dire che una
qualunque di queste quattro corner-stones "riflette" in qualche modo il
principio dominante dell’edificio, ma non potrebbe assolutamente essere
considerata il principio stesso.9 Del resto, se proprio di questo si
trattasse, non si potrebbe neppure parlare logicamente della "pietra
angolare", poiché, di fatto, ce ne sarebbero quattro; essa dev’essere quindi
qualcosa di essenzialmente diverso dalla corner-stone intesa nel senso
corrente di "pietra fondamentale", e queste due pietre hanno in comune solo il
carattere di appartenere a un medesimo simbolismo "costruttivo".
Abbiamo appena accennato alla forma
della "pietra angolare", ed è questo effettivamente un punto particolarmente
importante: proprio per il fatto che questa pietra ha una forma speciale, che la
differenzia da tutte le altre, non solo essa non può trovare posto nel corso
della costruzione, ma i costruttori non possono nemmeno capire quale sia la sua
destinazione; se lo capissero è evidente che non la getterebbero via, e si
accontenterebbero di serbarla fino alla fine; ma invece si chiedono "cosa
faranno della pietra", e, non potendo trovare una risposta soddisfacente alla
domanda, decidono, credendola inutilizzabile, di "gettarla fra i rifiuti" (to
heave it over among the rubbish).10 La destinazione di questa
pietra può essere compresa soltanto da un’altra categoria di costruttori, che a
questo stadio non intervengono ancora: sono coloro i quali sono passati "dalla
squadra al compasso", e, con questa distinzione, bisogna naturalmente intendere
quella delle forme geometriche che i due strumenti servono rispettivamente a
tracciare, cioè la forma quadrata e la forma circolare, che simboleggiano in
genere, com’è noto, la terra e il cielo; qui, la forma quadrata corrisponde alla
parte inferiore dell’edificio, e la forma circolare alla sua parte superiore,
che, in tal caso, deve perciò essere costituita da una cupola o una volta.11
Infatti, la "pietra angolare" è in realtà proprio una "chiave di volta" (keystone);
A.K. Coomaraswamy dice che, per rendere il vero significato dell’espressione "è
diventata la testa dell’angolo" (has become the head of the corner) si
potrebbe tradurla con has become the keystone of the arch, il che è
perfettamente esatto; e così questa pietra, tanto per la sua forma quanto per la
sua posizione, è effettivamente unica nell’intero edificio, come dev’esserlo per
poter simboleggiare il principio da cui tutto dipende. Stupirà forse che questa
rappresentazione del principio trovi così il suo posto solo alla fine della
costruzione; ma si può dire che quest’ultima, nel suo complesso, è ordinata in
rapporto a quella (quel che san Paolo esprime dicendo che "in essa tutto
l’edificio si eleva in un tempio consacrato al Signore"), e in essa trova
finalmente la sua unità; anche qui c’è un’applicazione dell’analogia, che
abbiamo già spiegata in altre occasioni, fra il "primo" e l’"ultimo", o il
"principio" e la "fine": la costruzione rappresenta la manifestazione, nella
quale il principio appare solo come il compimento finale; e proprio in virtù di
questa analogia la "prima pietra", o la" pietra fondamentale", può esser
considerata come un "riflesso" dell’"ultima pietra", che è la vera "pietra
angolare".
L’equivoco implicito in un’espressione
quale corner-stone poggia in definitiva sui diversi sensi possibili della
parola "angolo"; Coomaraswamy osserva che in varie lingue le parole che
significano "angolo" sono spesso in rapporto con altre che significano "testa"
ed "estremità": in greco, kephalê, "testa", e in architettura "capitello"
(capitulum, diminutivo di caput) può applicarsi solo a un vertice;
ma akros (sanscrito agra) può indicare un’estremità in qualsiasi
direzione, cioè, nel caso di un edificio, il vertice o uno dei quattro "angoli"
(il francese coin è etimologicamente imparentato con il greco gônia,
"angolo"), per quanto spesso si applichi di preferenza al vertice. Ma la cosa
più importante, dallo speciale punto di vista dei testi sulla "pietra angolare"
nella tradizione giudaico-cristiana, è la considerazione della parola ebraica
che significa "angolo": questa parola è pinnah, e si trovano le
espressioni eben pinnah, "pietra d’angolo", e rosh pinnah, "testa
d’angolo"; ma è particolarmente degno di nota che, in senso figurato, questa
stessa parola pinnah sia usata con il significato di "capo":
un’espressione che designa i "capi del popolo" (pinnoth ha-am) è tradotta
letteralmente nella Vulgata con angulos populorum.12 Un
"capo" etimologicamente è una "testa" (caput), e pinnah si
ricollega per la sua radice a pnê, che significa "faccia"; lo stretto
rapporto fra queste idee di "testa" e di "faccia" è evidente, e, inoltre, il
termine "faccia" appartiene a un simbolismo molto diffuso che meriterebbe di
essere esaminato a parte.13 Un’altra idea connessa è quella di
"punta" (che si trova nel sanscrito agra, nel greco akros, nel
latino acer e acies); abbiamo già parlato del simbolismo delle
punte a proposito di quello delle armi e delle corna,14 e abbiamo
visto come esso si riferisca all’idea di estremità, ma più in particolare
all’estremità superiore, cioè il punto più elevato o il vertice; tutti questi
accostamenti non fanno quindi che confermare quanto abbiamo detto sulla
posizione della "pietra angolare" in cima all’edificio: anche se ci sono altre
"pietre angolari" nel senso più generale dell’espressione,15 quella
sola è realmente la "pietra angolare" per eccellenza.
Troviamo altre indicazioni interessanti
nei significati della parola araba rukn, "angolo": questa parola, poiché
designa le estremità di una cosa, cioè le sue parti più remote e di conseguenza
più nascoste (recondita e abscondita, si potrebbe dire in latino),
assume talora il significato di "segreto" o di "mistero"; e, sotto questo
profilo, il suo plurale arkân è da avvicinare al latino arcanum,
che ha lo stesso senso, e con cui presenta una sorprendente somiglianza; del
resto, almeno nel linguaggio degli ermetisti, l’uso del termine "arcano" è stato
certamente influenzato direttamente dal termine arabo in questione.16
Inoltre, rukn ha anche il senso di "base" o di "fondamento", il che ci
riconduce alla corner-stone intesa come "pietra fondamentale"; nella
terminologia alchimistica, el-arkân, quando questa designazione è
impiegata senz’altra precisazione, sono i quattro elementi, cioè le "basi"
sostanziali del nostro mondo, che sono così assimilati alle pietre di base dei
quattro angoli di un edificio, poiché è su di essi che in certo modo è costruito
tutto il mondo corporeo (rappresentato anche dalla forma quadrata);17
e con questo approdiamo direttamente al simbolismo che stiamo esaminando.
Infatti, non ci sono solo questi quattro arkân o elementi "basici" ma c’è
anche un quinto rukn, il quinto elemento o la "quintessenza" (ossia
l’etere, el-athîr); quest’ultimo non è sullo stesso "piano" degli altri,
poiché non è semplicemente una base come quelli, bensì il principio stesso di
questo mondo;18 sarà dunque rappresentato dal quinto "angolo"
dell’edificio, che è il vertice; e a questo "quinto", che è in realtà il
"primo", conviene propriamente l’appellativo di angolo supremo, di angolo per
eccellenza o "angolo degli angoli" (rukn el-arkân), perché in esso la
molteplicità degli altri angoli è ridotta all’unità.19 Si può inoltre
notare che la figura geometrica ottenuta unendo questi cinque angoli è quella di
una piramide a base quadrangolare: gli spigoli laterali della piramide emanano
dal suo vertice come altrettanti raggi, così come i quattro elementi comuni,
rappresentati dalle estremità inferiori degli spigoli, procedono dal quinto e
sono da esso prodotti; e sempre secondo questi spigoli, che abbiamo
intenzionalmente assimilato a dei raggi per questa ragione (e anche in virtù del
carattere "solare" del punto da cui sono usciti, in accordo con quanto abbiamo
detto a proposito dell’"occhio" della cupola), la "pietra angolare" del vertice
si "riflette" in ciascuna delle "pietre fondamentali" dei quattro angoli della
base. Infine, c’è in quanto è stato appena detto la chiarissima indicazione di
una correlazione esistente fra il simbolismo alchimistico e il simbolismo
architettonico, che si spiega d’altronde con il loro comune carattere
"cosmologico"; anche questo è un punto importante, sul quale dovremo tornare a
proposito di altri accostamenti dello stesso ordine.
La "pietra angolare", presa nel suo vero
significato di pietra "del vertice", è designata in inglese sia come keystone,
sia come capstone (che a volte si trova anche scritto capestone),
sia come copestone (o coping-stone); la prima di queste tre parole
è facilmente comprensibile, essendo l’esatto equivalente del termine francese
clef de voûte, "chiave di volta" (o d’arco, poiché la parola in realtà può
applicarsi esattamente alla pietra che forma il vertice sia di un arco sia di
una volta); ma le altre due richiedono maggiori spiegazioni. In capstone,
la parola cap è evidentemente il latino caput, "testa", il che ci
riconduce alla designazione di questa pietra come "testa dell’angolo"; è
propriamente la pietra che achève, cioè compie o "corona" un edificio; ed
è anche un capitello, il quale è allo stesso modo il "coronamento" di una
colonna.20 Abbiamo appena parlato di achèvement, "compimento",
e le due parole cap e chef, "capo", sono, in effetti,
etimologicamente identiche;21 la capstone è dunque il "capo"
dell’edificio o dell’"opera", e per via della sua forma speciale che richiede,
per tagliarla, particolari conoscenze o capacità, essa è anche, nello stesso
tempo, un chef-d’œuvre, "capolavoro", nel senso che quest’espressione ha
nel compagnonnage;22 grazie a essa l’edificio è completamente
terminato, o, in altri termini, è finalmente condotto alla "perfezione".23
In quanto al termine copestone,
la parola cope esprime l’idea di "coprire"; ciò si spiega per il fatto,
non solo che la parte superiore dell’edificio è propriamente la sua "copertura"
ma anche, e diremmo soprattutto, che questa pietra si pone in modo tale da
coprire l’apertura del vertice cioè l’"occhio" della cupola o della volta, di
cui abbiamo già parlato in precedenza.24 È quindi insomma, in questo
senso, l’equivalente di una roof-plate, come osserva Coomaraswamy, il
quale aggiunge che questa pietra può essere considerata la terminazione
superiore o il capitello del "pilastro assiale" (in sanscrito skambha, in
greco stauros);25 tale pilastro, come abbiamo già spiegato,
può anche non essere materialmente rappresentato nella struttura dell’edificio,
ma ne costituisce nondimeno la parte essenziale, quella intorno a cui si dispone
tutto l’insieme. Il carattere di vertice del "pilastro assiale", presente in
modo solo "ideale", è indicato in una maniera particolarmente evidente nel caso
in cui la "chiave di volta" scende in forma di "pendente" che si prolunga
all’interno dell’edificio, senza essere visibilmente sostenuto da nulla nella
sua parte inferiore;26 tutta la costruzione ha il suo principio in
questo pilastro, e tutte le sue varie parti vengono finalmente a unificarsi nel
suo "fastigio", che è il vertice del pilastro, e la chiave di "volta" o la
"testa dell’angolo".27
La reale interpretazione della "pietra
angolare" come "pietra del vertice" sembra di fatto esser stata conosciuta
abbastanza generalmente nel Medioevo, come mostra in particolare
un’illustrazione dello Speculum Humanae Salvationis che riproduciamo qui
(fig. 14);28 quest’opera era molto diffusa, giacché ne esistono
ancora parecchie centinaia di manoscritti; vi si vedono due muratori che tengono
una cazzuola in una mano, e con l’altra sostengono la pietra che si apprestano a
porre al vertice dell’edificio (apparentemente la torre di una chiesa di cui
questa pietra deve completare la sommità), il che non lascia alcun dubbio sul
suo significato. È opportuno notare, sempre a proposito di questa figura, che la
pietra in questione, in quanto "chiave di volta", o in qualunque altra funzione
similare a seconda della struttura dell’edificio che è destinata a "coronare",
non può, per la sua stessa forma, essere posta che dall’alto (senza di che, del
resto, è evidente che potrebbe cadere all’interno dell’edificio); per questo,
essa rappresenta in certo modo la "pietra discesa dal cielo", espressione che si
applica benissimo a Cristo,29 e che ricorda pure la pietra del Graal
(il lapsit exillis di Wolfram von Eschenbach, che si può interpretare
come lapis ex coelis).30
Fig. 14
E c’è ancora un altro punto importante
da segnalare: Erwin Panofsky ha osservato che nell’illustrazione di cui stiamo
trattando la pietra presenta l’aspetto di un oggetto a forma di diamante (il che
la avvicina ancora alla pietra del Graal, dal momento che secondo le descrizioni
anch’essa era sfaccettata); tale questione merita di essere esaminata più da
vicino, poiché, sebbene simile rappresentazione sia ben lungi dall’essere il
caso più generale, essa si riferisce ad alcuni lati del complesso simbolismo
della "pietra angolare" diversi da quelli che abbiamo studiato sin qui, ma non
meno interessanti per metterne in risalto i legami con tutto l’insieme del
simbolismo tradizionale.
Tuttavia, prima di giungervi, ci resta
da chiarire un problema accessorio: abbiamo appena detto che la "pietra del
vertice" può anche non essere in tutti i casi una "chiave di volta", e, infatti,
lo è soltanto in una costruzione la cui parte superiore sia a forma di cupola;
in ogni altro caso, per esempio quello di un edificio sormontato da un tetto
appuntito o a forma di tenda, c’è ugualmente un’"ultima pietra" che, posta al
vertice, svolge la stessa funzione della "chiave di volta" e, di conseguenza, le
corrisponde anche dal punto di vista simbolico, ma senza che la si possa
comunque chiamare con questo nome; e bisogna dire altrettanto del caso speciale
della "piramidetta", cui abbiamo già accennato in altra occasione. Dev’essere
ben chiaro che nel simbolismo dei costruttori medioevali, che si fonda sulla
tradizione giudaico-cristiana ed è in particolar modo collegato alla costruzione
del Tempio di Salomone31 in quanto suo" prototipo", si tratta sempre,
per quanto concerne la "pietra angolare", propriamente di una "chiave di volta";
e la forma esatta del Tempio di Salomone, se ha potuto far nascere discussioni
dal punto di vista storico, comunque non era certamente quella di una piramide;
sono fatti di cui bisogna assolutamente tener conto nell’interpretare i testi
biblici che si riferiscono alla "pietra angolare".32 La "piramidetta",
cioè la pietra che forma la punta superiore della piramide, non è affatto una
"chiave di volta", è tuttavia il "coronamento" dell’edificio, e si può osservare
che ne riproduce in scala ridotta l’intera forma, come se l’insieme della
struttura fosse così sintetizzato in quell’unica pietra; l’espressione "testa
dell’angolo", nel senso letterale, le conviene di fatto, e così pure il senso
figurato del nome ebraico dell’"angolo" per designare il "capo", tanto più che
la piramide, che parte dalla molteplicità della base per terminare gradualmente
nell’unità del vertice, è spesso presa come simbolo di una gerarchia. D’altra
parte, secondo quanto abbiamo spiegato in precedenza a proposito del vertice e
dei quattro angoli della base, in connessione con il significato della parola
araba rukn, si potrebbe dire che la forma della piramide è in certo qual
modo contenuta implicitamente in ogni struttura architettonica; il simbolismo
"solare" di tale forma, da noi indicato altrove, si ritrova d’altronde espresso
in modo più particolare nella "piramidetta", come mostrano chiaramente varie
descrizioni archeologiche citate da Coomaraswamy: il punto centrale o il vertice
corrisponde al sole stesso, e le quattro facce (ciascuna delle quali è compresa
fra due "raggi" estremi che delimitano l’ambito che essa rappresenta) ad
altrettanti aspetti secondari del sole stesso, in rapporto con i punti cardinali
verso cui le facce rispettivamente sono volte. Con tutto ciò, è pur sempre vero
che la "piramidetta" è solo un caso particolare di "pietra angolare" e la
rappresenta soltanto in una forma tradizionale specifica, quella degli antichi
Egizi; per corrispondere al simbolismo giudaico-cristiano di questa stessa
pietra, che appartiene a un’altra forma tradizionale, sicuramente molto diversa
da quella, le manca un carattere essenziale, quello cioè di essere una "chiave
di volta".
Detto questo, possiamo tornare alla
raffigurazione della "pietra angolare" sotto forma di diamante: A.K.
Coomaraswamy, nell’articolo al quale ci siamo riferiti, parte da un’osservazione
che è stata fatta a proposito della parola tedesca Eckstein, che ha
precisamente sia il senso di "pietra angolare" sia quello di "diamante";33
e ricorda in proposito i significati simbolici del vajra, che abbiamo già
a diverse riprese esaminati: in linea generale, la pietra o il metallo che era
considerato il più duro o il più brillante è stato preso in varie tradizioni
come "simbolo di indistruttibilità, di invulnerabilità, di stabilità, di luce e
di immortalità"; e, in particolare, queste qualità vengono molto spesso
attribuite al diamante. L’idea di "indistruttibilità" o di "indivisibilità" (che
sono strettamente legate ed espresse in sanscrito dalla stessa parola akshara)
si addice evidentemente alla pietra che rappresenta il principio unico
dell’edificio (essendo la vera unità essenzialmente indivisibile); quella di
"stabilità, che nell’ordine architettonico si applica propriamente a un
pilastro, conviene anch’essa a tale pietra in quanto costituisce il capitello
del "pilastro assiale", che simboleggia l’"Asse del Mondo"; e quest’ultimo, che
Platone, in particolare, descrive come un "asse di diamante", è d’altra parte
anche un "pilastro di luce" (come simbolo di Agni e come "raggio
solare"); a maggior ragione quest’ultima qualità si applica ("eminentemente",
sarebbe il caso di dire) al suo "coronamento", che rappresenta la fonte stessa
da cui esso emana in quanto raggio luminoso.34 Nel simbolismo indù e
buddistico, tutto ciò che ha un significato "centrale" o "assiale" è
generalmente assimilato al diamante (per esempio in espressioni come
vajrâsana, "trono di diamante"); ed è facile rendersi conto che tutte queste
associazioni fanno parte di una tradizione che si può dire veramente universale.
Non è ancora tutto: il diamante è
considerato "la pietra preziosa" per eccellenza; ora questa "pietra preziosa" è
anche, in quanto tale, un simbolo di Cristo, che è qui identificato con l’altro
suo simbolo, la "pietra angolare"; o, se si preferisce, i due simboli sono così
riuniti in uno solo. Si potrebbe dire allora che questa pietra, in quanto
rappresenta un "compimento" o una "realizzazione",35 è nel linguaggio
della tradizione indù un chintâmani, che equivale all’espressione
alchimistica occidentale di "pietra filosofale";36 ed è assai
significativo a tale riguardo che gli ermetisti cristiani parlino spesso di
Cristo come della vera "pietra filosofale", non meno che come della "pietra
angolare".37 Siamo così ricondotti a quanto dicevamo in precedenza, a
proposito dei due sensi nei quali si può intendere l’espressione araba rukn
el-arkân, sulla corrispondenza esistente fra il simbolismo architettonico e
quello alchimistico; e, per terminare con un’osservazione di portata generale
questo studio già lungo, ma certamente ancora incompleto, dato che l’argomento è
di quelli che sono quasi inesauribili, possiamo aggiungere che tale
corrispondenza è in fondo solo un caso particolare di quella che similmente
esiste, per quanto in modo forse non sempre così evidente, fra tutte le scienze
e tutte le arti tradizionali, poiché queste sono tutte, in realtà, altrettante
espressioni e applicazioni diverse delle stesse verità di ordine principiale e
universale.
1. Salmo CXVIII, 22; Matteo,
XXI, 42; Marco, XII, 10; Luca, XX, 17.
2. Matteo, XVI, 18.
3. Epistola agli Efesini, II,
20-22.
4. La "sostituzione" è stata forse
aiutata dalla somiglianza fonetica esistente fra il nome ebraico Kephas,
che significa "pietra", e la parola greca Kephalé, "testa"; ma non c’è
fra queste due parole alcun altro rapporto, e le fondamenta di un edificio non
possono evidentemente essere identificate con la sua "testa", cioè il suo
vertice, il che equivarrebbe a rovesciare l’intero edificio; si potrebbe del
resto domandarsi anche se questo "rovesciamento" non abbia una certa
corrispondenza simbolica con la crocifissione di san Pietro a testa in giù.
5. Questa pietra dev’essere posta
all’angolo nord-est dell’edificio; noteremo a questo proposito che nel
simbolismo di san Pietro è opportuno distinguere diversi aspetti o funzioni cui
corrispondono diverse "posizioni", poiché d’altra parte, in quanto janitor,
il suo posto è a Occidente, ove si trova l’entrata di ogni chiesa normalmente
orientata; inoltre, san Pietro e san Paolo sono anche rappresentati come le due
"colonne" della Chiesa, e sono allora di solito raffigurati uno con le chiavi e
l’altro con la spada, nell’atteggiamento di due dwârapâla.
6. Eckstein, nella rivista "Speculum",
gennaio 1939.
7. In questo studio saremo costretti a
riferirci spesso ai termini "tecnici" inglesi, perché, appartenendo
originariamente al linguaggio dell’antica massoneria operativa, sono stati per
lo più conservati nei rituali della Royal Arch Masonry e dei gradi
accessori che vi sono collegati, rituali di cui non esiste alcun equivalente in
francese; si vedrà che alcuni di questi termini sono di traduzione abbastanza
difficile.
8. Secondo il rituale operativo, questa
"prima pietra" è, come abbiamo detto, quella dell’angolo nord-est; le pietre
degli altri angoli sono poste successivamente secondo il senso del cammino
apparente del sole, cioè in quest’ordine: sud-est, sud-ovest, nord-ovest.
9. Questa "riflessione" è evidentemente
in rapporto diretto con la sostituzione di cui abbiamo parlato.
10. L’espressione to heave over è
abbastanza singolare, e apparentemente inusitata in questo senso nell’inglese
moderno; essa sembrerebbe poter significare "sollevare" o "elevare", ma, dal
resto della frase citata, risulta chiaro che qui si applica proprio al gesto del
"gettar via" la pietra.
11. Tale distinzione è, in altri
termini, quella fra la Square Masonry e la Arch Masonry, che per i
loro rispettivi rapporti con la "terra" e il "cielo", o con le parti
dell’edificio che li rappresentano, sono messe qui in corrispondenza con i
"piccoli misteri" e i "grandi misteri".
12. I Samuele, XIV, 38; la
versione greca dei Settanta usa anch’essa la parola gônia.
13. Cfr. A.-M, Hocart, Les Castes,
pp. 151-154, a proposito dell’espressione "facce della terra" usata nelle isole
Figi per designare i capi. La parola greca Karai, nei primi secoli del
cristianesimo, serviva a designare le cinque "facce" o "teste della Chiesa",
cioè i cinque principali patriarchi, le cui iniziali riunite formavano
precisamente questa parola: Costantinopoli, Alessandria, Roma, Antiochia,
Gerusalemme.
14. Si può osservare che la parola
inglese corner è evidentemente derivata da "corno".
15. In tal senso, non ci sono solo
quattro "pietre angolari" alla base, ma anche a qualsiasi livello della
costruzione; e queste pietre sono tutte della stessa forma comune, rettilinea e
rettangolare (cioè tagliate on the square, avendo del resto la parola
square il duplice senso di "squadra" e di "quadrato"), contrariamente a
quanto avviene nel caso unico della keystone.
16. Potrebbe essere interessante cercare
se può esservi un’affinità etimologica reale fra le due parole araba e latina,
anche nell’uso antico di quest’ultima (per esempio nella disciplina arcani
dei cristiani dei primi secoli) o se si tratta soltanto di una "convergenza"
prodottasi ulteriormente fra gli ermetisti del Medioevo.
17. Questa assimilazione degli elementi
ai quattro angoli di un quadrato è naturalmente in rapporto anche con la
corrispondenza che esiste fra questi stessi elementi e i punti cardinali.
18. Sarebbe sullo stesso piano (nel suo
punto centrale) se tale piano rappresentasse uno stato di esistenza tutto
intero; ma non è questo il nostro caso, poiché tutto l’insieme dell’edificio è
un’immagine del mondo. Osserviamo a questo proposito che la proiezione
orizzontale della Piramide è costituita dal quadrato di base con le sue
diagonali, poiché gli spigoli laterali si proiettano secondo queste ultime e il
vertice nel loro punto d’incontro, cioè al centro del quadrato.
19. Nel senso di "mistero" che abbiamo
indicato sopra, rukn el-arkân equivale a sirr el-asrâr,
rappresentato, come abbiamo spiegato altrove, dalla punta superiore della
lettera alif:, l’alif stesso raffigura l’"Asse del Mondo", e tutto
ciò, come si vedrà ancor meglio in seguito, corrisponde esattamente alla
posizione della keystone.
20. Il termine di "coronamento" è da
accostare alla designazione di "corona" della testa, per via dell’assimilazione
simbolica, precedentemente segnalata, dell’"occhio" della cupola con il
Brahrna-randhra; è noto d’altronde che la corona, come le corna, esprime
essenzialmente l’idea di elevazione. È anche opportuno notare, a questo
proposito, che il giuramento del grado di Royal Arch contiene
un’allusione alla "corona del cranio" (the crown of the skull), che
suggerisce un rapporto fra l’apertura di quest’ultima (come nei riti di
trapanazione postuma) e la rimozione (removing) della keystone;
del resto, in genere, le cosiddette "penalità" espresse nei giuramenti dei vari
gradi massonici, come pure i segni che vi corrispondono, si riferiscono in
realtà ai vari centri sottili dell’essere umano.
21. Nel significato della parola
achever, "compiere" o dell’antica espressione equivalente mener à chef,
"portare a capo", l’idea di "testa" è associata a quella di "fine", il che
risponde bene alla posizione della "pietra angolare", sia come "pietra del
vertice", sia come "ultima pietra" dell’edificio. Menzioneremo ancora un altro
termine derivato da chef: lo chevet della chiesa, in fondo dietro
l’altar maggiore, è la sua "testa", cioè l’estremità orientale in cui si trova
l’abside, la cui forma semicircolare corrisponde, nel piano orizzontale, alla
cupola in elevazione verticale, come abbiamo spiegato in altra occasione.
22. La parola "opera" è usata sia in
architettura sia in alchimia, e si vedrà che non senza ragione facciamo questo
accostamento: in architettura, il compimento dell’opera è la "pietra angolare";
in alchimia è la "pietra filosofale".
23. Si deve osservare che in certi riti
massonici i gradi che corrispondono più o meno esattamente alla parte superiore
della costruzione di cui parliamo qui (diciamo più o meno esattamente, perché
talora in tutto questo c’è un po’ di confusione) sono designati precisamente con
il nome di "gradi di perfezione". D’altra parte, la parola "esaltazione", che
designa l’accesso al grado di Royal Arch, può essere intesa come
un’allusione alla posizione elevata della keystone.
24. Per la sistemazione di questa
pietra, si trova l’espressione to bring forth the copestone, il
cui senso è, ancora una volta, abbastanza poco chiaro a prima vista: to bring
forth significa letteralmente "produrre" (nel senso etimologico dei latino
producere) o "portare alla luce"; siccome la pietra è già stata gettata
via precedentemente nel corso della costruzione, non può trattarsi, nel giorno
del compimento dell’opera, della sua "produzione" nel senso di "confezione"; ma,
poiché essa è stata seppellita "fra i rifiuti", si tratta di liberarla, e quindi
di riportarla alla luce, per porla in evidenza al vertice dell’edificio, in modo
che essa divenga la "testa dell’angolo"; e così to bring forth si
contrappone qui a to heave over.
25. Stauros significa anche
"croce", ed è noto che nel simbolismo cristiano la croce è assimilata all’"Asse
dei Mondo"; Coomaraswamy accosta questa parola al sanscrito sthâvara,
"fermo" o "stabile", il che ben si addice in effetti a un pilastro, e inoltre si
accorda esattamente con il significato di "stabilità" dato all’unione dei nomi
delle due colonne del Tempio di Salomone.
26. Il vertice del "pilastro assiale"
corrisponde, come abbiamo detto, alla punta superiore dell’alif nel
simbolismo arabo delle lettere: ricordiamo anche, a proposito dei termini
keystone e "chiave di volta" che lo stesso simbolo della chiave ha un
significato "assiale".
27. Coomaraswamy ricorda l’identità
simbolica del tetto (e più in particolare quando è a forma di volta) e del
parasole; aggiungeremo anche, a questo proposito, che il simbolo cinese del
"Grande Estremo" (Tai-ki) designa letteralmente un "fastigio" o un
"tetto": è propriamente il vertice del "tetto del mondo".
28. Manoscritto di Monaco, cml.
146, fol. 35 (Lutz e Perdrizet, II, tav. 64): la fotografia ci è stata
trasmessa da A.K. Coomaraswamy; essa è stata riprodotta nell’"Art Bulletin",
XVII, p. 450 e fig. 20, da Erwin Panofsky, che considera questa illustrazione
come la più vicina al prototipo, e parla, a questo proposito, del lapis in
caput anguli come di una keystone; si potrebbe anche dire, secondo le
nostre precedenti spiegazioni, che questa figura rappresenta the bringing
forth of the copestone.
29. Ci sarebbe un accostamento da fare
al riguardo tra la "pietra discesa dal cielo" e il "pane disceso dal cielo",
poiché vi sono dei rapporti simbolici notevoli fra pietra e pane; ma questo
esula dall’argomento del presente studio; in ogni caso, la "discesa dal cielo"
rappresenta naturalmente l’avatarana.
30. Cfr. anche la pietra simbolica dell’Estoile
Internelle, di cui ha parlato Charbonneau-Lassay, e che è, come lo smeraldo
del Graal, una pietra sfaccettata; tale pietra, nella coppa ove è posta,
corrisponde esattamente al "gioiello nel loto (mani padmê) del buddismo
mahâyânico.
31. Ne fanno fede le "leggende" del
compagnonnage in tutte le sue ramificazioni non meno delle "sopravvivenze"
dell’antica massoneria operativa che abbiamo qui considerato.
32. Non potrebbe quindi assolutamente
trattarsi, come hanno preteso alcuni, di un’allusione a un incidente capitato
durante la costruzione della "Grande Piramide", in seguito al quale essa sarebbe
rimasta incompiuta, ipotesi del resto assai dubbia di per se stessa oltre che
problema storico probabilmente insolubile; inoltre, questa stessa
"incompiutezza" sarebbe in diretto contrasto con il simbolismo secondo cui la
pietra gettata via prende infine il suo posto eminente come "testa d’angolo".
33. Stoudt, Consider the lilies, how
they grow, a proposito del significato di un motivo ornamentale a forma di
diamante, spiegato da scritti in cui si parla di Cristo come dell’Eckstein.
Il duplice senso di questa parola si spiega verosimilmente, dal punto di vista
etimologico, con il fatto che la si può intendere sia come "pietra d’angolo" sia
come "pietra ad angoli", cioè sfaccettata; ma questa spiegazione, beninteso, non
toglie nulla al valore dell’accostamento simbolico indicato dall’unione di
questi due significati in una sola parola.
34. Il diamante grezzo ha naturalmente
otto angoli, e il palo sacrificale (yûpa) dev’essere fatto "a otto
angoli" (ashtashri) per raffigurare il vajra (inteso qui soltanto
nell’altro suo senso di "fulmine"); e la parola pâli attansa,
letteralmente "a otto angoli", significa sia "diamante" sia "pilastro".
35. Dal punto di vista "costruttivo", è
la "perfezione" della realizzazione del piano dell’architetto; dal punto di
vista alchimistico, è la "perfezione" o la meta ultima della "Grande Opera"; e
vi è una corrispondenza esatta fra l’una e l’altra.
36. Il diamante tra le pietre o l’oro
tra i metalli sono quel che c’è di più prezioso, e hanno entrambi un carattere
"luminoso" e "solare"; ma il diamante, come la "pietra filosofale", alla quale è
qui assimilato, è considerato più prezioso ancora dell’oro.
37. Il simbolismo della "pietra
angolare" si trova espressamente menzionato, ad esempio, in vari passi delle
opere ermetiche di Robert Fludd, citati da A.E. Waite, The Secret Tradition
in Freernasonry, pp. 27-28; bisogna dire del resto che questi testi sembrano
contenere la confusione con la "pietra fondamentale" di cui abbiamo parlato
all’inizio; e quel che l’autore che li riferisce dice da parte sua intorno alla
"pietra angolare" in molti passi dello stesso libro non è veramente adatto a
illuminare il problema, ma può solo contribuire, piuttosto, a mantenere tale
confusione.
Nessun commento:
Posta un commento