Lapsit Exillis
Da Simboli di Scienza
Sacra
René Guénon
Parlando del simbolismo della "pietra
angolare", abbiamo avuto occasione di menzionare incidentalmente il lapsit
exillis di Wolfram von Eschenbach; può essere interessante tornare più
dettagliatamente su tale questione, per i molteplici accostamenti ai quali dà
luogo. Formulata in modo così strano,1 questa espressione può
racchiudere più di un significato: è certamente, anzitutto, una specie di
contrazione fonetica di lapis lapsus ex coelis, la "pietra caduta dai
cieli"; inoltre, questa pietra è, per la sua stessa origine, come "in esilio"
nella dimora terrestre,2 da cui essa deve del resto, secondo varie
tradizioni che parlano di tale pietra o dei suoi equivalenti, risalire infine ai
cieli.3 Per quanto concerne il simbolismo del Graal, è importante
notare che, benché quest’ultimo sia comunemente descritto come un vaso e sia
dunque questa la sua forma più conosciuta, esso viene anche talvolta
rappresentato in forma di pietra, come nel caso particolare in Wolfram von
Eschenbach; d’altronde il Graal può essere nello stesso tempo l’uno e l’altra,
poiché si dice che il vaso è stato intagliato in una pietra preziosa che,
staccatasi dalla fronte di Lucifero durante la sua caduta, è anch’essa "caduta
dai cieli".4
D’altra parte, quanto stiamo per dire
sembrerà aumentare ulteriormente la complessità di questo simbolismo, ma può in
realtà dare la "chiave" di certe connessioni: come abbiamo già spiegato altrove,
se il Graal è un vaso (grasale), è anche un libro (gradale o
graduale); e in certe versioni della leggenda si tratta non propriamente di
un libro, ma di una iscrizione tracciata sulla coppa da un angelo o da Cristo in
persona. Ora, queste iscrizioni, di origine ugualmente "non-umana", appaiono
anche in certe circostanze sul lapsit exillis;5 esso era
dunque una "pietra parlante", cioè, se vogliamo, una "pietra oracolare" poiché,
se una pietra può "parlare" emettendo dei suoni, essa può anche farlo per mezzo
di caratteri o di figure visibili sulla sua superficie (come lo scudo della
tartaruga nella tradizione estremo-orientale). Ora, da questo punto di vista è
anche assai notevole che la tradizione biblica menzioni una "coppa oracolare",
quella di Giuseppe,6 che potrebbe, almeno sotto questo profilo,
essere considerata una delle forme del Graal stesso; e, fatto curioso, è detto
che proprio un altro Giuseppe, Giuseppe d’Arimatea, divenne il possessore o il
custode del Graal e lo portò dall’Oriente in Bretagna; è incredibile che non si
sia mai prestato attenzione, a quanto sembra, a queste "coincidenze" piuttosto
significative.7
Per tornare al lapsit exillis,
segnaleremo che alcuni l’hanno accostato alla Lia Fail o "pietra del
destino"; infatti, anche questa era una "pietra parlante", e, inoltre, poteva
essere in qualche modo una "pietra venuta dai cieli", poiché secondo la leggenda
irlandese i Tuatha di Danann l’avrebbero portata con sé dalla loro prima
dimora, cui è attribuito un carattere "celeste" o almeno "paradisiaco". È noto
che la Lia Fail era la pietra della consacrazione degli antichi re
d’Irlanda, ed è divenuta in seguito quella dei re d’Inghilterra, essendo stata
portata da Edoardo I nell’abbazia di Westminster, secondo l’ipotesi più
comunemente accettata; ma può sembrare almeno singolare, da un lato, che questa
stessa pietra venga identificata con quella che Giacobbe consacrò a Bethel.8
Non è tutto: quest’ultima, secondo la tradizione ebraica, sembrerebbe essere
stata anche quella che seguiva gli Ebrei nel deserto e da cui usciva l’acqua che
bevevano,9 e che, secondo l’interpretazione di san Paolo, non è altro
che Cristo stesso;10 essa sarebbe in seguito divenuta la pietra
shethiyah o "fondamentale", posta nel Tempio di Gerusalemme sotto
l’ubicazione dell’arca dell’alleanza,11 e che segnava quindi
simbolicamente il "centro del mondo", così come lo segnava, in un’altra forma
tradizionale, l’Omphalos di Delfi;12 e, dal momento che tutte
queste identificazioni sono evidentemente simboliche, si può dire con sicurezza
che, in tutti questi casi, si tratta in realtà sempre di una sola e identica
pietra.
Bisogna tuttavia notare, per quanto
concerne il simbolismo "costruttivo", che la pietra fondamentale di cui si è
parlato in ultimo luogo non deve assolutamente essere confusa con la "pietra
angolare", poiché questa è il coronamento dell’edificio, mentre l’altra si situa
al centro della sua base.13 Abbiamo detto che nelle pietre di base
dei quattro angoli c’era quasi un riflesso e una partecipazione della vera
"pietra angolare" o "pietra del vertice"; qui si può certo parlare ancora di
riflesso, ma si tratta di una relazione più diretta rispetto al caso precedente,
poiché la "pietra del vertice" e la "pietra fondamentale" in questione sono
situate su una stessa verticale, di modo che quest’ultima è quasi la proiezione
di quella sul piano della base;14 Si potrebbe dire che la "pietra
fondamentale" sintetizza in sé, pur rimanendo sullo stesso piano, gli aspetti
parziali rappresentati dalle pietre dei quattro angoli (questo carattere
parziale è espresso dall’obliquità delle linee che le uniscono al vertice
dell’edificio). Di fatto, la "pietra fondamentale" del centro e la "pietra
angolare" sono rispettivamente la base e il vertice del pilastro assiale, che
quest’ultimo sia raffigurato visibilmente oppure esista soltanto "idealmente";
in quest’ultimo caso, la "pietra fondamentale" può essere una pietra di focolare
o una pietra d’altare (che sono poi la stessa cosa nel loro principio), la
quale, comunque, corrisponde in certo modo al "cuore" stesso dell’edificio.
Abbiamo detto, a proposito della "pietra
angolare" che essa rappresenta la "pietra discesa dal cielo", ed ora abbiamo
visto che il lapsit exillis è più propriamente la "pietra caduta dal
cielo", il che può del resto esser messo ancora in relazione con la "pietra che
i costruttori avevano gettato via", se si considerano, dal punto di vista
cosmico, questi "costruttori" come gli Angeli o i Dêva;15 ma
siccome non ogni "discesa" è necessariamente una "caduta",16 è
opportuno fare una certa distinzione fra le due espressioni. In ogni caso,
l’idea di "caduta" non potrebbe assolutamente più applicarsi quando la "pietra
angolare" occupi la sua posizione definitiva al vertice;17 si può
parlare ancora di "discesa" se si riferisce l’edificio a un insieme più esteso
(in corrispondenza al fatto, abbiamo detto, che la pietra può essere posta solo
dall’alto), ma, se si considera soltanto l’edificio in sé e il simbolismo delle
sue diverse parti, la stessa posizione può esser detta "celeste", poiché la base
e il tetto corrispondono rispettivamente, secondo il loro "modello cosmico",
alla terra e al cielo.18 Ora, bisogna aggiungere ancora, e su questa
osservazione concluderemo, che tutto ciò che è situato sull’asse, a diversi
livelli, può essere in certo modo considerato rappresentare le posizioni diverse
di una sola e identica cosa, posizioni a loro volta in rapporto con diverse
condizioni di un essere o di un mondo, a seconda che ci,si ponga dal punto di
vista "microcosmico" o da quello "macrocosmico"; e a tale riguardo indicheremo
solo, a titolo d’applicazione all’essere umano, che le relazioni fra la "pietra
fondamentale" del centro e la "pietra angolare" del vertice non mancano di
presentare un certo rapporto con quel che abbiamo detto altrove sulle diverse
"localizzazioni" del luz o "nocciolo d’immortalità".19
Note
1. A.E. Waite, nella sua opera su The
Holy Grail, fornisce le varianti lapis exilis e lapis exilix,
poiché sembra che l’ortografia differisca a seconda dei manoscritti; e segnala
anche che, secondo il Rosarium Philosophorum che cita Arnaldo da
Villanova, lapis exilis negli alchimisti era una delle designazioni della
"pietra filosofale", il che si deve naturalmente accostare ad alcune
considerazioni da noi indicate alla fine dello studio sulla "pietra angolare".
2. Lapis exilii o lapis
exsulis, secondo le interpretazioni suggerite da Waite come possibili a tale
riguardo.
3. Non pensiamo sia il caso di tenere
eccessivo conto della parola latina exilis presa letteralmente nel senso
di "esile" o "tenue", a meno che non si voglia forse attribuirvi una qualche
idea di "sottigliezza".
4. Sul simbolismo del Graal, si veda
Le Roi du Monde, cap. V. Ricorderemo anche in proposito il simbolo dell’Estoile
Internelle, in cui la coppa e la pietra preziosa sono riunite, pur essendo
in questo caso distinte l’una dall’altra.
5. Come sulla "pietra nera" di Urga, che
doveva essere, al pari delle altre "pietre nere" che hanno una funzione in
diverse tradizioni, un aerolito, cioè ancora una "pietra caduta dai cieli" (si
veda Le Roi du Monde, cap. I).
6. Genesi, XLIV, 5.
7. La "coppa oracolare" è in qualche
modo il prototipo degli "specchi magici", e dobbiamo fare a questo proposito
un’importante osservazione: e cioè che l’interpretazione puramente "magica", che
riduce i simboli ad avere soltanto un carattere "divinatorio" o "talismanico", a
seconda dei casi, segna una certa tappa nel processo di degenerazione di questi
simboli, o piuttosto del modo in cui vengono compresi, tappa del resto meno
avanzata, poiché si riferisce malgrado tutto a una scienza tradizionale, della
deviazione tutta profana che attribuisce a essi solo un valore "estetico";
conviene aggiungere, del resto, che spesso unicamente sotto la maschera di
questa interpretazione "magica" certi simboli possono essere conservati e
trasmessi allo stato di sopravvivenze "folkloristiche", il che mostra come essa
abbia la sua utilità. Osserviamo ancora, a proposito della "coppa divinatoria",
che la visione di tutte le cose come presenti, se la s’intende nel suo vero
senso (il solo cui possa essere attribuita l’"infallibilità" di cui si parla
espressamente nel caso di Giuseppe), è in relazione manifesta con il simbolismo
del "terzo occhio", quindi anche della pietra caduta dalla fronte di Lucifero
ove essa occupava il posto di tale occhio; del resto proprio per la sua caduta
l’uomo ha perduto il "terzo occhio", cioè il "senso dell’eternità", che il Graal
restituisce a colui che riesce a conquistarlo.
8. Cfr. Le Roi du Monde, cap. IX.
9. Esodo, XVII, 5. La bevanda
fornita da questa pietra dev’essere accostata al nutrimento offerto dal Graal
considerato come "vaso dell’abbondanza".
10. I Corinti, X, 4. Si osserverà
il rapporto esistente fra l’unzione della pietra da parte di Giacobbe, quella
dei re alla loro consacrazione, e il carattere del Cristo o Messia, che è
propriamente l’"Unto" per eccellenza.
11. Nel simbolismo delle Sephiroth,
questa "pietra fondamentale" si riferisce a Iesod; la "pietra angolare",
sulla quale torneremo fra poco, si riferisce a Kether.
12. Cfr. ancora Le Roi du Monde,
cap. IX. L’Omphalos era d’altronde un "betilo", designazione identica a
Beith-El o "Casa di Dio".
13. Dal momento che la posizione di
questa "pietra fondamentale" non è angolare, non può, almeno sotto questo
profilo, dar adito a confusione, ed è per questa ragione che non abbiamo dovuto
parlarne a proposito della "pietra angolare".
14. Ciò corrisponde a quanto abbiamo già
indicato a proposito della proiezione orizzontale della piramide, il cui vertice
si proietta nel punto d’incontro delle diagonali del quadrato di base, cioè al
centro del quadrato. Nella massoneria operativa, l’ubicazione di un edificio era
determinata, prima di intraprenderne la costruzione, da quello che si chiama il
"metodo dei cinque punti", che consisteva nel fissare anzitutto i quattro
angoli, ove si dovevano porre le prime quattro pietre, poi il centro, cioè,
siccome la base era di norma quadrata o rettangolare, il punto d’incontro delle
sue diagonali; i pioli che segnavano questi cinque punti erano chiamati
landmarks, e questo è probabilmente il senso primo e originario di tale
termine massonico.
15. Si deve pensare che questi lavorino
sotto la direzione di Vishwakarma, che è, come abbiamo già spiegato in
altre occasioni, la stessa cosa che il "Grande Architetto dello Universo" (cfr.
in particolare Le Règne de la Quantité et les Signes des Temps, cap. III).
16. Va da sé che questa osservazione si
applica anzitutto alla "discesa" dell’Avatâra, per quanto la sua presenza
nel mondo terrestre possa essere anche un "esilio", ma solo secondo le apparenze
esteriori.
17. Lo avrebbe potuto solo quando, prima
della sua sistemazione, si considerava la pietra stessa nel suo stato di
"reiezione".
18. Si veda Le symbolisme du dôme
[qui sopra, come cap. 39], e anche La Grande Triade, cap. XIV.
19. Si veda Aperçus sur l’initiation,
cap. XLVIII. Questo rapporto con il luz è del resto suggerito chiaramente
dagli accostamenti da noi sopra indicati con Bethel e con il "terzo
occhio" (si veda a tale proposito Le Roi du Monde, cap. VII).
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