giovedì 16 maggio 2013

Aforismi di Jakob Böhme

Riportiamo qui alcuni aforismi illuminanti del pensiero mistico di Jakob Böhme, la cui figura molto influenzò Louis Cloude de Saint Martin 



«La nostra conoscenza deve essere completa nell'amore di Cristo (amore divino), in modo da amarci reciprocamente. Senza di ciò, la nostra conoscenza non servirà a nulla. Se non introduco la mia conoscenza, insieme al mio desiderio, nell'amore di Dio, in cui Egli ci ha amato in Cristo, e se non amo il mio prossimo nell'amore di Dio nel Cristo, nell'amore con cui Dio ci ama e con cui egli ci amò sebbene fossimo suoi nemici, non possiedo la luce di Dio dimorante in me stesso».

«Non acquisisco la mia conoscenza dalle lettere e dai libri, ma la posseggo entro me stesso, poiché il cielo e la terra con tutti i loro abitanti, e inoltre Dio stesso, sono nell'uomo».

«Il tuo stesso udito, la tua stessa volontà e la tua stessa vista ti impediscono di vedere e udire Dio. Esercitando la tua volontà, ti separi da quella di Dio e impiegando la tua vista, tu vedi solo entro i tuoi desideri, mentre tali desideri ostruiscono il tuo stesso senso dell'udito, chiudendoti le orecchie con ciò che appartiene alle cose terrene e materiali. Ciò ti mette a tal punto in ombra che non puoi scorgere ciò che è supersensoriale e al di là della tua natura umana. Ma se rimani tranquillo, e ti trattiene dal pensare e dal sentire con il tuo sé personale, allora ti verranno rivelati l'udito, la vista e la parola eterni, e Dio vedrà, sentirà e udrà attraverso di te».

«Colui che legge questi scritti e non riesce a comprenderli, non dovrebbe metterli da parte, immaginando che non possano mai essere afferrati. Dovrebbe cercare di mutare la sua volontà ed elevare la propria anima a Dio, chiedendogli la grazia e la comprensione, e quindi potrebbe riprendere la lettura. Troverà allora maggiori verità di quanto aveva potuto fare precedentemente, finché il potere di Dio finalmente si manifesterà in lui ed egli verrà tratto nelle massime profondità, nei fondamenti soprannaturali, cioè nell'unità eterna di Dio. Allora udrà parole di Dio reali ma inesprimibili, che lo condurranno attraverso la radiazione divina della luce celeste, perfino entro le forme più rozze della materia terrestre, e da questa risalirà a Dio; e lo Spirito di Dio investigherà ogni cosa in lui e con lui».

    «Non devi fare nulla, ma abbandonare la tua volontà alla propria disposizione. Le tue cattive qualità si indeboliranno e ti tufferai con la tua volontà nell'Uno dal quale uscisti in principio. Tu giaci prigioniera delle creature: abbandona la tua stessa volontà e morranno in te le creature e le loro  cattive inclinazioni, che ti trattengono perché tu non vada a Dio»

« L'Uno, il "Sì", è puro potere, è la vita e la verità di Dio, o Dio stesso. Dio però sarebbe inconoscibile a Se stesso e in Lui non vi sarebbe alcuna gioia o percezione, se non fosse per la presenza del "No". Quest'ultimo è l'antitesi, o l'opposto, del positivo o verità; esso consente che questa divenga manifesta, e ciò è possibile solo perché è l'opposto in cui l'amore eterno può divenire attivo e percepibile. »

"Il regno di Dio è nella nostra interiorità."

«Non si tratta in nessun modo di distoglierci da noi stessi e di guardare altrove in maniera puramente formale, negando semplicemente "noi-stessi" e tuffandoci in un aldilà vuoto. È impossibile, dunque, immaginare di essere ciò che non siamo. Che cosa potremmo pensare di diverso, se non la nostra stessa morte - e questo con la folle pretesa di considerarla come la nostra vita? "Perdere" se stessi non significa assolutamente trovare se stessi. È impossibile - fortunatamente, per la nostra salvezza - essere in grado di pensare questo e, peggio ancora, di rendere reale il contenuto di un tale pensiero - cioè la negazione e la perdita di noi stessi. Nessun mistico è riuscito ancora in modo puramente formale a distogliersi veramente da se stesso e fissare l'aldilà - meno ancora a uscire da sé e superarsi mediante una negazione pienamente formale del suo io. Chi cerca di guardare nell'aldilà vuoto, ancora una volta, non fa che trovare se stesso, benché pretenda il contrario. Perché possiamo distoglierci veramente da noi stessi e guardare all'aldilà, occorre che il nostro sguardo sia irresistibilmente attratto da un oggetto, che sia uno sguardo materialmente pieno. Occorre, di conseguenza, che ciò che noi riteniamo essere il nostro aldilà non sia il vuoto, il niente, ma qualche cosa, o piuttosto qualcuno... Questo "qualcuno", questo "altro" è Gesù Cristo».


«Dio - ed è l'errore di molti misticismi - non è né oggetto di contemplazione né di meditazione fra tanti altri. Anzi, Dio si sottrae a ogni contemplazione. Perché Dio agisce e lo fa mediante la sua Parola. Parla e vuole farsi ascoltare».

«Il Padre, che governa il primo principio, il fuoco, genera eternamente il Figlio, la luce, mediante le sette forme della natura eterna; e il Figlio, rivelandosi nel secondo principio come luce, per sempre glorifica il Padre. La volontà eterna, il Padre, conduce il Suo cuore, il Suo Figlio Eterno, mediante il fuoco fino al grande trionfo nel suo regno di gioia. Quando il Padre pronuncia la Sua Parola, cioè quando genera il Figlio, il che viene compiuto eternamente e continuamente, tale Parola prima di tutto assume la sua origine nella prima e aspra qualità, dove diviene concepita. Nella seconda o dolce qualità riceve la sua attività; nella terza si muove; nel calore sorge e accende il dolce flusso del potere e del fuoco. Ora tutte le qualità sono fatte ardere dal fuoco acceso, e il fuoco viene alimentato da esse; ma questo fuoco è uno solo e non molti. Questo fuoco è il vero Figlio di Dio Stesso, che continua a nascere dall'eternità all'eternità. Il Padre è il primo di tutti gli esseri concepibili, ma se il secondo principio non divenisse manifesto nella nascita del Figlio, Egli non verrebbe rivelato. Lo Spirito Santo, manifestando Se stesso nel terzo principio, deriva eternamente dal Padre e dal Figlio, e in Lui e con Lui emana lo splendore della maestà di Dio».

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