giovedì 23 maggio 2013

Note Storiche sul Martinismo 7 - Aldebaran

IL GRAN MAGISTERO DI ARTEPHIUS

Durante la sua ricaduta nella malattia che lo minava, nel gennaio del 1949 Marco Egidio Allegri, preoccupandosi degli Ordini dei quali aveva la responsabilità, aveva stilato l’atto di successione generale (esistente nell’Archivio dell’Ordine) col quale dava al suo sostituto Artephius “tutti i poteri dell’Ordine 83 e del Rito 84 per il tempo di degenza in luogo di cura, e nel caso di un passaggio all’Oriente eterno, i poteri della Successione” 85.
All’osservatore del documento appare evidente la gravità delle condizioni in cui si trovava Allegri: quel testamento è stato scritto con mano tremante, su un letto di dolore, ma la calligrafia e la firma presentano le precise inimitabili caratteristiche non solo grafiche e quindi evidenti, ma anche grafologiche.
Artephius fu molto cauto. Alla “comprensione”, alla “gratitudine” e alla “lealtà”, virtù che Egli aveva sempre professato, si univa quella della prudenza. La situazione italiana, nel settore degli ordini inziatici, particolarmente per quanto riguardava la Massoneria, era ancora caotica e la maggior parte dei Martinisti, rimasti in disparte dopo quanto si era verificato con lo scioglimento della Loggia “Pitagora” alla quale era appartenuto il Porciatti, e la bruciatura, avvenuta a Roma, da parte del Sovrano Gran Commendatore del Rito misto “Le droit humain”, Valentino di Fabio, del Sup.Inc. Ermes (che portava, purtroppo, la sua sigla), tanto per citare due episodi 86, preferivano attendere che l’orizzonte massonico si schiarisse per non doversi trovare – questa era, purtroppo, la mentalità “iniziatica” della maggior parte dei “nuovi” ed anche di un certo gruppo dei “vecchi” – impelagati nelle beghe fra un gruppo massonico e l’altro. Artephius preferì raccogliere intorno a sé un certo numero di fedeli – ci si passi il termine – di quelli cioè che avevano dato prova durante il periodo dell’Ordine clandestino, e di seguire i lavori massonici di loggia nel rispetto del trattato di alleanza che l’Ordine Martinista e il Rito di Misraïm e Memphis avevano firmato col rito scozzese misto “Le droit humain”.
A Napoli intanto, dopo l’abdicazione e la morte di Porciatti, nessuno si era sentito in grado o aveva avuto il coraggio di assumere la successione che non avrebbe potuto essere regolare se non con l’omologazione del Supremo Gran Consiglio Universale. Tanto più che il riconoscimento dato da Allegri, dopo il fatto compiuto di Napoli (e ciò nella speranza di evitare polemiche e scissioni) era stato concesso non come Gran Maestro nazionale, bensì come P:::S:::C:::, grado quinto della gerarchia (presidente nazionale) e non come si sarebbe preteso, di Gran Maestro generale 87. Tuttavia, il fratello Camar, a quanto risulterebbe da due lettere dirette ad Artephius il 14 e il 27 febbraio 1949 da Firenze, con le quali il Superiore Incognito Ambros riprendeva i contatti col Magistero Universale 88, avrebbe preso in pugno la situazione nel Meridione con l’intenzione di riagganciarsi al Nord. Ambros si lamentava della mancata risposta a una sua lettera e citava “la malattia del professor Allegri pregando Artephius di: “esternare al predetto nostro Gran Maestro i più fervidi auguri e voti personali”. Riferendosi, poi, a certe “carte del venerabile Ordine Martinista” scriveva:
“Mi scrive Camar, al quale segnalai che il dottor Alvi di Roma dovrà sistemare le carte del compianto Porciatti, dandomi incarico di trattare con lui avendo io suggerito che quando Porciatti possedeva di carte dell’Ordine Martinista passasse all’archivio originale. In attesa della risposta di Alvi credo, nel caso, non sarebbe male una delega ufficiale a me per il ritiro dei documenti e questo, se Alvi facesse delle difficoltà, e perciò se mi dovessi recare a Roma, sarebbe bene una risposta alla mia del 18 u.s. per gli smarriti fratelli Martinisti di cui scrissi”.
Concludeva la lettera indicata con la seguente postilla: “Auguri sinceri e devoti al nostro Gran Maestro professor Allegri al quale prego porgere anche il mio deferente saluto. Grazie” 89.
Come appare evidente da questi approcci, la morte di Porciatti ed il silenzio da parte di coloro che lo avevano spinto, con un lavorio durato più di sei mesi, a convocare il Convento di Napoli e, poi, con missive e solleciti, per gli altri quattro mesi, a “mostrarsi duro”, a “non retrocedere sulla via intrapresa” aveva aperto la porta ai ripensamenti. Ma la malattia del Sovrano e la prudenza di Artephius lasciarono che le cose rimanessero come avevano voluto coloro che, senza sufficiente esperienza, senza conoscenze martiniste, impelagati nelle beghe massoniche, la situazione avevano creata.
Manca una precisa documentazione in merito ma le voci correnti ed il recupero di alcuni importanti documenti Martinisti, che si sapeva essere nelle mani di Porciatti, dalla biblioteca di Salvatore Farina, ceduta ad altri fratelli dopo la morte di questo luminare dello scozzesismo, fanno pensare che le carte di cui scriveva Ambros siano state affidate allo stesso Farina. Oppure che questi, trovandole fra quelle di Porciatti al momento della sua estromissione dalla direzione della rivista “Atanor”, le abbia ritenute di proprietà della rivista e se le sia tenute, dato anche che non risulterebbe che la richiesta di delega da parte di Ambros abbia avuto l’esito da lui proposto.
Da voci circolanti con insistenza negli ambienti massonici romani, si sarebbe poi verificata una specie di nuova scissione in seno ai gruppi della capitale, parte dei quali sarebbero stati quelli “smarriti” di cui scriveva Ambros, mentre l’altra parte si sarebbe raggruppata intorno allo stesso Farina.
E’ proprio in questo periodo, immediatamente successivo alla morte di Umberto Gorel Porciatti che Gianni Camar fondava a Napoli la rivista “di studi e ricerche spirituali” La Fenice, affidandone la direzione ad Ettore Marino, e alla quale collaborava Carlo Gentile il quale, in un suo articolo su “Martinismo e illuminismo” 90 affermava quanto mai perentoriamente, ma altrettanto impropriamente che: “Il Martinismo è un Ordine illuministico e sta fra la Massoneria e il mondo spirituale occulto; l’origine è naturalmente Rosicruciana”. E avanti di questo passo fino a: “Preceduto nel tempo da Emanuele Swedenborg e da Martines de Pasqually colui che fu chiamato il Filosofo Incognito, Louis-Claude de Saint-Martin, costituì una società di filosofi legati tra loro da vincoli di comunione occulta (la catena magnetica) e votati allo studio e alla pratica della iniziazione, partendo da tutti i campi e accogliendo tutte le voci di speranza, di desiderio, di ricerca, che l’umanità emette da sé nel suo travaglio perenne verso la luce della perfezione compiuta”.
In un altro articolo intitolato “L’Iniziazione Martinista e l’esperienza storica” 91 sempre il Gentile riprendeva l’errore di Porciatti (e di altri) sostenendo che tale iniziazione risponde al tono materno della iniziazione jonica, come se l’iniziazione possa essere jonica, dorica o – giacché ci siamo – anche corinzia!!! 92. deve tuttavia riconoscere che in questo secondo articolo il Gentile dimostrava, pur nella confusione fra elementi e dottrine massoniche, teorie illuministiche pseudo
democratiche e lontani richiami evangelici, di aver individuato il fondo del Martinismo, la cui spiritualità, scriveva, “parte dal fondamentale desiderio della reintegrazione dell’uomo nella sua divina essenza”. In sostanza, mentre se ne davano definizioni precise (ecco un altro esempio: “Il Martinismo appare scuola di elevazione superiore del pensiero”) si equivocava, certo in perfetta buona fede, sui metodi, sulle dottrine e sul tipo di realizzazione. Infatti non è vero che Saint-Martin sostenesse che “Dio, l’Uomo e l’Universo sono forme inscindibili”. Che vuol dire ciò? Saint- Martin, invece, poneva il problema dei rapporti tra l’Uomo, Dio e l’Universo, e ciò è ben diverso e si capisce che cosa vuol dire. Ed allora si può anche capire che l’uomo caduto possa tentare, anzi lo dovrebbe, di risalire al punto dal quale è caduto. Questo è lo scopo del Martinismo, e non altro: la ricerca del SE’, di quella particella nascosta che è la Sophia, la Rosa di Luce, il Pneuma Agion che ogni uomo (maschio o femmina) possiede ma non sa come trovarlo nella sua materia.
Ci siamo intrattenuti su “La Fenice” e su Carlo Gentile forse più di quanto era necessario in appunti come questi, ma noi supponiamo che Carlo Gentile si identifichi col Superiore Incognito Antelius, al quale va il merito, pur con tutte le riserve che un tentativo del genere, mancante di ogni autorizzazione da parte di quella Magna Congregazione sotto i cui auspici 93 il tentativo – almeno sulla carta – sorse, di aver tentato di tener vivo quello “spirito” martinista sorto a Napoli col Convento del dicembre 1947. Si deve infatti ad Antelius, nel 1950, la costituzione di un sedicente Centro Martinista indipendente facente capo alla “Loggia” Intelletto e amore, sotto i cui auspici, poi, nel 1951, si sarebbe costituito a Milano un Gran Consiglio Italico dell’Ordine Martinista con la seguente dichiarazione costitutiva: “Il Gran Consiglio nazionale Italico si propone di ridar vita unitaria all’Illuminismo Iniziatico (Che vuol dire? Nota del compilatore) esistente in forme visibili sulla terra di Roma, e di congiungerlo, nel libero vincolo tradizionale e federativo al movimento Latino e Universale. Il Martinismo è da intendersi Ordine Missionario della Comunità Occulta dei Maestri d’Occidente e Scuole di Filosofia Esoterica. Esso trae, quindi, gli affiliati della Massoneria di ogni rito, e svolge la propria azione accademica, umanitaria e mistica – nel quadro delle supreme finalità della Comunione operativa. Il Primo Grado dell’O?I? pienamente reintegrato nella Gerarchia del Rito e corrispondente alla Camera Filosofica, non può essere conferito a profani, ma solo a quanti lavorino comunque, per la erezione del Tempio” 94.A parte le buone intenzioni sulle quali si può anche avere qualche dubbio, un simile coacervo di roboanti parole in libertà e di iniziali maiuscole non si era mai visto dalla fondazione dell’Ordine ad allora. Si deve poi notizia che, fino all’elezione del Gran Maestro, si istituiva “un quadrato simbolico” di cardinali incogniti (delegati generali del Martinismo per l’Italia) che avrebbe lavorato con la seguente suddivisione di compiti: “relazioni col Martinismo internazionale; relazioni con le fratellanze iniziatiche italiane; organizzazione e amministrazione; centro rituale e del proselitismo illuministico”. Alla seduta, oltre ad Antelius, avevano partecipato il Primate gnostico d’Italia dottor de Conca (Lychnus – guarda un po’ chi si ritrova! Nota del compilatore), il delegato del Centro Illuministico di Lione (??), il Filosofo Incognito della “Montagna” di Roma (forse il Farina?) e altri.
Il successivo 6 novembre del 1951 Antelius indirizzava ai “Figli di Saint-Martin, ai fratelli di ogni ordine e rito, agli operai di ogni terra, Amore nella luce” un riassunto dei lavori della “Camera filosofica” della Loggia Intelletto ed Amore che, a mezzo del suo Filosofo Incognito, aveva avviato “relazioni feconde con lo Spiritualismo esoterico contemporaneo, con “l’Acta gnostica”, con la “Scuola Arcana”, col Centro studi indo-svizzeri (sic: manifestazione visibile dell’opera occulta del ven. Maestro B.D.), con la “Siritualist Church of South Africa”, con il “Concilium Spiritus Mundi”, con la “Comunione spirituale della visione interiore”, con l’”Onde”, con la “Società Teosofica”, con la R.M.L d’Italia risorta all’Oriente di Parigi, con la rivista “de estudios psicologicos Fraternidad”, con la “Fratellanza bianca del Maestro Deinor” e con altri strani e numerosi nonché sconosciuti cenacoli del genere 95.
A Venezia, Artephius e il suo gruppo prendevano nota, fra il divertito e lo sgomento, attendendo che la carnevalata cessasse. Ed infatti cessò, per il decoro dell’Ordine Martinista, protraendosi tuttavia fino al febbraio del 1954 quando, visto che il tentativo del 1951 non aveva dato altro che i frutti dei suoi contatti personali, Antelius, dallo “Zenith della triplice fiamma, il primo giorno della Luna di Shevat del 5714 Anno del Mondo, pari al XVIII° del primo mese del 1954 dell’Era Volgare, apparizione sul piano fisico del Filosofo Sconosciuto (??!!), indirizzava una circolare intestata all’Ordine Martinista, Comunione Italiana, nella quale diceva: “Intelletto e Amore, Loggia madre del Martinismo italiano, ritenuto che il lavoro fin qui condotto in plenitudine rituale e organica, per un settenario solare, abbia raggiunto i punti determinati della sua Guida etc. etc” poneva in libertà i fratelli dell’officina ed i membri affiliati, “restituendoli in piena libertà” causa lo scioglimento della Comunione “alla missione individuale” di operai del Tempio”. (94)
Aveva così fine il tentativo di Antelius di continuare quel “Martinismo” acefalo sorto nel Convento di Napoli e che, forse, avrebbe avuto maggior sviluppo se Umberto Gorel Porciatti non fosse morto prematuramente 96.
A Roma, intanto, il gruppo che aveva fatto capo al Superiore Incognito Porfirio (Sorgi) e al quale era stata rilasciata regolare patente da Allegri 97 continuava saltuariamente i suoi lavori, e alcuni dei suoi componenti prendevano contatti con gruppi Martinisti, o similari, che si stavano faticosamente riorganizzando in Francia, ciò che portò nel 1958 – come vedremo – alla nomina di un Gran Maestro di un Ordine che non era più quello Martinista tradizionale di Saint-Martin, ma si era costituito con statuti e rituali portati dalla Francia 98.
In Italia, per sentito dire, ci sono sette od otto Gran Maestri; in Francia ci sono diversi Ordini (…..) ci siamo chiesti se non era il caso di fare l’Ordine Martinista degli Eletti Cohen nel senso che sono i Cohen che guidano i Martinisti al che si è influito sul Gran Consiglio cambiando la denominazione dell’Ordine da Ordine Martinista o degli Eletti Cohen in Ordine Martinista e degli Eletti Coen, e ci siamo dichiarati Cohen. Quindi, praticamente, abbiamo costituito un Ordine a sé che si è attaccato agli Eletti Cohen e cioè a Robert Ambelain (cfr: Registrazione magnetica delle dichiarazioni di Hermete S?I?I? al sedicente Convento Martinista di Perugia del dicembre 1958).
Sempre a questo proposito va rilevato anche che il Convento sedicente Martinista non aveva alcuna facoltà di decisione per quanto riguardava l’Ordine Martinista Italiano regolare (filiazione Sacchi-Allegri-Artephius) in quanto le due persone che dichiaravano di rappresentarlo non avevano alcuna veste per farlo, non solo, ma effettuarono false e diffamatorie affermazioni convalidandolo con un documento di un sedicente Gran Consiglio dell’Ordine Martinista sedente a Venezia e composto di sette persone nessuna delle quali colà risiedeva, e che si era autoproclamato a Udine il 29 novembre 1958 (Cfr:Relazione dell’Ordine Martinista degli Eletti Cohen sul fratello Philalettes (Vitali) in Archivio O.M. Fondo Magistero Artephius – Vitali 1955-61, Gruppo C).
A Venezia il Gran Magistero taceva. Artephius, nonostante i pareri di una parte di coloro che gli erano vicini e le lettere che gli giungevano, spingendolo ad intervenire 99 non intendeva esporsi, né esporre l’autentico Gran Magistero dell’Ordine ad essere contestato da gruppuscoli acefali generando polemiche che nulla di nuovo avrebbero provocato. Il suo pensiero era che chi aveva veramente intenzione di agganciarsi a Venezia sapeva dove rivolgersi: De Conca(Lychnus), Camar, Sorgi, Giuliani, lo stesso Gentile sapevano ch’egli esisteva, che era stato sempre il sostituto di Allegri, che Porciatti era stato riconosciuto Gran Maestro nazionale da una lettera firmata da lui per ordine di Allegri e sapevano quindi dove trovarlo; nella peggiore delle ipotesi, qualora avessero perduto il suo indirizzo profano (che era ancora quello dei tempi clandestini) potevano ritrovarlo consultando l’elenco telefonico delle Tre Venezie, o chiedendolo a fratelli di altri ordini iniziatici. Ambros lo aveva pur fatto durante la ricaduta di Allegri nel 1949 dopo la morte di Porciatti, e lo trovò pure un altro, come diremo poi.
“Lasciamo che tutti questi gran babuassi si friggano nel loro grasso. Il tempo è galantuomo e chi non ha l’investitura regolare finisce sempre per essere assorbito da altri o per bruciarsi da solo” diceva. “In quanto a me – aggiungeva – è mio compito attendere che le acque si schiariscano e che i tempi maturino. Mi considero una specie di depositario, di notaio “della corona” e aspetto che si presenti colui che meriterà ch’io gli consegni quanto mi è stato trasmesso” 100.
Poi, nel 1955 apparve il Vitali, del quale è opportuno segnalare il tentativo di agganciarsi al gruppo di Antelius, almeno secondo quanto ne riferì Ambros in una sua lettera del 2 luglio 1968 all’attuale Gran Maestro: “Nello spulciare vecchi pacchi, ho rintracciato una lettera a me del 4 dicembre 1952 del detto Philalettes nella quale – dopo una sua frettolosa visita qui – mi confermava che dalla Camera di direzione della Rosa Croce cabalistica di Lione aveva a suo tempo avuto anche una nomina “ad nutum” come Superiore Incognito dell’Ordine Martinista, per cui mi pregava di far presente al prof. Carlo Gentile, che egli, VTLI (pur avendo avuto un incarico per l’Italia) preferiva (troppe essendo le ambizioni, le divisioni etc.) collegarsi col detto Gentile (membro come il VTLI della Società Teosofica italiana). Naturalmente poi non se ne fece nulla sia da parte mia che di Gentile che, forse, sarà stato informato da Lychnus sul VTL” 101
Fallito, almeno secondo quanto risulterebbe dalla lettera succitata, il tentato aggancio ad Antelius (forse le carte del VTL non erano valide o erano state rilasciate da qualche gruppo spurio come, ad esempio, quello del sedicente principe Lind), il VTL, quotizzante del Rito massonico Misto “Le droit humain”, forse giunto a conoscenza del trattato a suo tempo stipulato fra Artephius ed il prof. Di Fabio nel 1945, piombò a Venezia dove riuscì a persuadere Zasio a confermarlo Superiore Incognito ed a riagganciare i vecchi martinisti.
Tenteremo di essere il più possibile sintetici su questo nuovo tentativo di prevaricazione (pare che nessun Maestro martinista, in Italia almeno, abbia potuto sottrarsi a tali azioni poco iniziatiche) ma è necessario soffermarvisi dato che il VTL sta ancor oggi riempiendo delle sue invenzioni la cronaca delle associazioni iniziatiche alle quali, dall’una all’altra, si è successivamente spostato.
Nel Fondo “Magistero Artephius, Philalettes 1955-61 e strascichi” al quale ci richiameremo spesso, esistono 45 lettere originali, manoscritte o dattilografate, del VTL, da lui firmate come tale o col nome di Philalettes, che danno un’idea esatta di quest’uomo, normalissimo nella vita profana ma indubbiamente vittima di una esaltazione megalomane ed egocentrica nella sua vita pseudoiniziatica. E diciamo pseudo perché un iniziato non può comportarsi in quel modo. Avuta da Artephius – ch’egli seppe circuire con abile mimetismo, cauta adulazione e finta sottomissione – una delega, prima per il Martinismo e poi per il Misraïm e Memphis, riempì il mondo cosiddetto occultistico italiano e anche francese delle sue gesta provocando beghe, polemiche e scissioni dovunque riuscì ad intrufolarsi. Ancor oggi – come abbiamo detto – queste sue gesta non sono finite, o lo sono appena: l’ultima è quella rappresentata da una denuncia da lui fatta presentare da un suo seguace (che probabilmente gli crede) al Grande Oriente d’Italia e riferentesi al Rito Filosofico Italiano di cui afferma avere il deposito attraverso il Misraïm e Memphis, successione (inventata) Yarker, Frosini, Allegri. Ora, il Frosini non ebbe alcuna successione dallo Yarker ma fondò il Rito Filosofico Italiano su una patente della “Sovrana Gran Loggia simbolica di Rito Antico e Primitivo di Memphis e Misraïm” dipendente dal Sovrano Gran Consiglio generale iberico sedente in Madrid 102, ed Allegri non ebbe alcuna successione dal Frosini, bensì patente dal Mc. Bean per il Memphis e dal Borselli per il Misraïm 103 e, di conseguenza, il Misraïm e Memphis dell’Allegri non aveva e non ha alcun diritto sul Rito Filosofico Italiano in 7 gradi scozzesi, invenzione del Frosini. Ma, il più grave è che il VTL non ha mai avuto la successione Allegri ma si è autonominato preparandosi carte e documenti. Ma questa è un’altra faccenda che non riguarda il Martinismo anche se rientra nella prevaricazione accennata.
Per quasi tre anni, dal 1955 al 1958 il VTL, che indicheremo d’ora in avanti come Philalettes, tentò, in tutti i modi, di strappare ad Artephius qualcosa di più della qualifica di suo delegato: voleva il Gran Magistero nazionale e non potendolo avere per regolare via iniziatica e tradizionale, lo ebbe lungo una serie di azioni che non oggettiviamo per prudenza dato che non vogliamo compromettere altre persone non sappiamo se in buona o cattiva fede. Dopo esser stato redarguito con minacce di ritiro della delega e poi perdonato già nel novembre 1956 104, nel gennaio del 1958 tentò di porre il suo Maestro di fronte al fatto compiuto prospettandogli la cosa sotto un punto di vista che riteneva – secondo la sua mentalità – potesse essere gradito ad Artephius, inviandogli la seguente lettera arbitrariamente intestata al Governo dell’Ordine         Martinista, datata da Udine, Epifania 1958:
Al Pot.mo e Ill.mo Artephius S.I.L.I. (IV)
Presidente del Gr. Cons. dei SS.II. dell’Ordine
Martinista per l’Italia

Ti mando il quaderno di Sup. Inc. ed il testo precedente nonché i rituali d’iniziazione riservati al solo Iniziatore libero. Io adopero questi. Se tu lo riterrai ti troverai ad avere dei rituali pronti, in quanto sarebbe bene averne di specialissimi per noi. Comunque usatili, questi hanno veramente dato un’impronta di carattere iniziatico fortissima al fratello che li ha sentiti sulla sua anima. Inoltre allo scopo di dire e fare qualcosa per le Colline in formazione (una qui a Trieste) per poter lavorare ho fatto un verbale (ipotetico, si sa!) di decisioni del Gran Consiglio nazionale che mando alla tua approvazione, con i quali (sic!) viene dato un regolamento e una divisione di responsabilità in seno all’Ordine. Dividendo la potestà d’Ordine da quella di giurisdizione e mettendo questa in sottordine alla prima in modo perfettamente iniziatico. Viene costituito un Consiglio segreto riservato ai soli S.I.L.I. (non meno di 3 e non più di 5) che ha ampi poteri, e che cumula in sé la potestà d’Ordine e di giurisdizione. Per poter lavorare più speditamente ti prego di approvare la mia posizione di Gran Maestro nazionale con a capo il governo e l’Esecutivo dell’Ordine, mentre tu tieni la carica di Presidente dell’Ordine Martinista e di Capo del Consiglio segreto. In questo modo, tu da dietro l’ombra, dirigi il governo, gli lasci quell’autonomia e speditezza di lavoro che attualmente, cumulando tu le due funzioni è impossibile; ti riservi per statuto, il veto su tutte le sue decisioni, dai l’autorizzazione alle iniziazioni superiori, incameri per la potestà d’Ordine la metà delle tasse, mentre l’altra metà va per le spese amministrative (quante!) della potestà di giurisdizione. Il Consiglio segreto porta per sigillo il timbro della R+C latina. Ti manderò a Venezia il timbro grande, di fronte al quale l’Ordine, per statuto deve porsi in silenzio e all’ordine, i timbri di Presidente, i timbri per il Segretario del Gran Consiglio chiamato Frater Cancillarius. Più, ti faccio fare un sigillo personale quale Presidente dell’Ordine Martinista con l’esagramma in centro. Mi riservo di tenere il timbro che vedi in calce quale Gran Maestro nazionale, che vale quello di Gran Maestro delle logge azzurre della Libera Muratoria. Insieme, poi, in Camera di Consiglio segreto, ti prego di voler nominare i Gran Maestri regionali o Delegati regionali. Delle due copie delle decisioni da te firmate ti prego di trattenerne una e una mandarne a me, per farne copia e mandarla alle logge.
Il Gran Consiglio nazionale usa il colore verde (già caro ad Allegri) e ti manderò il cuscinetto verde. La Gran Loggia Amministrativa e il Governo l’usano nero. I membri del Consiglio segreto nei loro carteggi ad alto livello e le stesse decisioni e decreti del C. segreto vanno in rosso. Ti prego di non far arenare l’Ordine ora che sta salendo in alto rinunciando al lavoro per la Mista perché se non è giusto che tu solo sgobbi è giusto che ti si dia una mano nel modo più proficuo. A fine mese ti manderò un acconto delle somme introitate, già spese, ma che, per statuto devo inviarti. Col tr. Fr. Ampl. Con Amore e silenzio. In attesa di leggerti abbiti i segni della mia affezione. Philalettes”
Nel retro, a mano: “Ti allego 3 brevetti per PSR, DMR, PLTT, i primi due (esentati da tasse sono della Mista, l’altro è giustinianeo e paga. Ti prego di ritornarmeli firmati con cortese sollecitudine. Non so quando verrò a Venezia, vecchio mio, ma se verrò sarà per portarti del grano e i timbri. Un abbraccio dal tuo Alfredo. N.B: Ti allego una mia poesia su Rock and Roll”.
Alla lettera 105 erano allegati: una copia delle decisioni inventate dell’inesistente Supremo Consiglio, con l’assegnazione delle cariche così come segue:
“Elezioni e cariche per l’anno iniziatico 1958:
Il Gr. Consiglio naz. dei SS.II. ha deciso quanto segue:

    Presidente del Gr. Cons. naz. dei SS.II.        Artephius SILI IV
    Gr. Maestro naz. e del gen.        Philalettes SILI IV
    Delegato Alta Italia        Orthrus S I III
    id Italia Centrale        U/V S I III
    id Italia Meridionale        Antelius S I III
    id Italia Insulare        Orpheus S I III”,

un rituale per il ricevimento dell’Iniziato; uno per l’Iniziato Superiore e uno per l’iniziazione a Superiore Incognito, un quaderno iniziatico di III grado e quattro brevetti di nuovo tipo, il tutto di invenzione del Philalettes 106.

Parlar di danaro a un gentiluomo, tentando di “prenderlo” dal lato interesse materiale è come lanciargli un sanguinoso insulto. Parlar di modifiche di statuti e di rituali (decisi arbitrariamente senza consultar nessuno, senza riunioni di chi può decidere, e farli passare per reali ed approvati) a un iniziato è come proporgli di passare alla controiniziazione. Dopo tre anni di visite, colloqui, discussioni e corrispondenza con Artephius, Philalettes non aveva capito questo. E la replica di Artephius alle invenzioni, alle nomine e autonomie, ai sistemi del Philalettes non si fece attendere. Nello stesso fascio di documenti dell’Archivio dell’Ordine sono conservate due copie (a carta carbone) della seguente lettera inviatagli da Artephius il 9 gennaio 1958:
“Governo dell’Ordine       Dalla Grande Montagna
il 9 gennaio 1958 e v
Al S.I. Philalettes Zenith di Udine
Fratello carissimo,
non so con quale autorità tu ti sia autonominato Gran Maestro nazionale del N.V.O., e ti sia permesso persino far dei sigilli che ti affermano tale. E infine ancor meno capisco come tu abbia osato apporre tali sigilli sul quaderno iniziatico mio personale, quasi a segno di tua approvazione. Indelicatezza enorme anche nei nostri diretti rapporti iniziatici personali. Inoltre tu da tempo stai mettendo in atto le tue personali iniziative facendo, rifacendo, modificando, ordinando circa statuti, regolamenti etc., senza tener lealmente conto che se una delega ti è stata affidata, questo è stato nei limiti ragionevoli della tua onestà, del tuo rispetto alla gerarchia tradizionale. Quanto hai fatto purtroppo ingenera molta perplessità. Non che il tuo entusiasmo non sia sufficientemente apprezzato e ben voluto. La tua preparazione in un certo senso è pregevole, ma assai lontana dai gradi dell’esperienza che si acquista con inenarrabili sacrifici, nella ricerca di un nesso tra l’atto e l’azione. Di un ponte attraverso il quale la parola e l’atto vibrano della stessa universale armonia e da questa ricevono forza e possanza. Questo ho appreso dai miei Maestri e questo Principio iniziatico sono decisissimo a mantenere e far rispettare. Le deleghe affidate alla tua lealtà e al tuo buon volere, furono date con pieno convincimento del tuo rispetto alla gerarchia e alla tradizione. Tu, e nonostante il mio continuo avvertirti, ti sei lasciato andare ignorando quasi volutamente che tu non puoi autonominarti il Presidente exempli-gratia di un Consiglio di SS.II. né il Caio di codesti Philosofi Incogniti delle officine tuttora operanti e delle quali tu non hai avuto modo di conoscere l’esistenza. Non bastano, carissimo, i sigilli che si possono fare ovunque, né basta la carta intestata; né ancor meno, il deprecabile proposito di partire dando ad intendere che si sono tenuti Consigli e Conventi. Ed è inoltre deprecabilissimo metter le mani, come tu hai fatto, sia pure nelle intenzioni, sull’essenza degli stessi rituali. Di quelle consuetudini che hanno fatto vivere e sopravvivere l’Ordine, in tempi in cui tu eri ancora un bambino. Sono quindi addivenuto, confortato anche dall’autorità di altri insigni fratelli, molto più anziani di te, alla dolorosa necessità di richiamare la tua attenzione. E di decidere che, essendo tu troppo incline ad interpretare in modo diverso da quanto fu a suo tempo stabilito, le varie deleghe affidate alla tua onestà e spirito gerarchico, l’unica che resta da farsi, a meno che tu non rientri in un più ragionevole modo di vedere, di pensare, di agire secondo la tradizione, l’unica cosa da farsi è il revocare ogni delega conferitati e invitarti a dar conto del tuo operato.
Il decreto di revoca dei tuoi poteri sarebbe assai ben motivato e, anzi, lo è. E, dovesse venir applicato fino in fondo, ti garantisco che, pure a malincuore, sarà fino in fondo applicato secondo la nostra consuetudine templare, memphitica, martinista.
Il decreto ti è stato comunicato. Per l’affetto e la stima che ti porto, e impegnandomi personalmente presso le Potenze superiori, ho implorato una sospensiva circa la sua esecutività. E ho ancora, in nome del nostro affetto ed amicizia, ottenuto che il decreto non venga pubblicato, prima di aver sentito e accolto le tue verbali spiegazioni. Di più non posso fare. Ora interroga l’anima tua e regolati come meglio credi. Hai avuto ogni e possibile prova di fraterno amore e di fraterna comprensione”.
Ma il Philalettes anziché recedere dalle sue assurde pretese e dalle sue invenzioni, forte dei precedenti perdoni, accusò il suo Maestro di vedere usurpazioni dappertutto, di non saper leggere, di non capire; poi preoccupandosi della minaccia del ritiro delle deleghe scriveva: “Non capisco una cosa. Se il sottoscritto è colpevole nel Martinismo, che centra l’Ordine di Memphis etc., quello Templare e affini?”. Si lasciava poi andare a dichiarazioni d’affetto, d’amore e di devozione, rimettendosi alle decisioni di Artephius.
Sennonché, ormai sicuro del perdono, Philalettes continuò a brigare e ciò provocò la pubblicazione del decreto di revoca delle deleghe, con la data dell’otto febbraio di quell’anno. Ci fu ancora un tentativo: Philalettes raggiunse Venezia ed ebbe un colloquio con Artephius ma si trovò di fronte a una irrevocabile decisione. Di qui la sua lettera del 24 Pesci 1958 con la quale consegnava la delega 107, lettera che in parte si riproduce:
“Riconsegno nelle tue mani, come formalmente con queste righe faccio, la delega generale, affinché tu sia libero di ogni e qualsiasi iniziativa nel darla o meno ad altri fratelli (…). Curerò come dovere residuo il gruppo di Perugia e iniziatili di persona li consegnerò direttamente a te 108. Ti abbraccio fraternamente, anche se sabato non lo abbiamo fatto”.
Ma si trattava soltanto di un ritiro formale in quanto Philalettes continuò ad intessere intrighi particolarmente avvalendosi di coloro che egli stesso aveva iniziato con i suoi rituali inventati. Artephius ne fu avvertito dal seguente foglio di carta ricevuto per posta da un paese della provincia di Padova:

“ O in )-( 21° giorno

Al fratello Artephius Pace profonda e serenità.
Forze oscure tendono a carpirti la Montagna! Non permetterlo!! Per aiutarti in questo, con altri ti sono vicino

Caph Beth Schin Sup. Inc.”

Note
83 - Ordine Martinista.
84 - Rito di Misraïm e Memphis.
85 - Archivio dell’Ordine, Fondo Tesoro dell’Ordine, successione originale autografa di Allegri a Ottavio Ulderico Zasio qualificato Gran Gerofante Aggiunto e Gran Maestro aggiunto. Cfr. anche: G. Ventura: I riti di Misraïm e Memphis, Atanor Roma 1975 pag. 143.
86 - Archivio dell’Ordine, Fondo ripresa e Magistero Allegri, cartella 2^ gruppo C, Corrispondenza Di Fabio. Ma non si trattava di questi soli due casi. Martinisti che appartenevano all’una o all’altra obbedienza massonica venivano a trovarsi in difficoltà perché si rinfacciava loro di frequentare ambienti dove si faceva comunella con massoni rivali. Negli incontri i Martinisti, dimenticandosi di essere tali, ed anteponendo il loro “spirito massonico” (per usare un eufemismo) facevano propaganda per la loro obbedienza. In tal modo si veniva a turbare la serenità di spirito e la fraternità che doveva regnare fra Martinisti, e giustamente coloro che volevano mantenersi estranei a tali antipatiche e poco iniziatiche questioni, preferivano isolarsi. Soltanto i “vecchi” (e non tutti) che nel periodo clandestino avevano avuto modo di comprendere che cosa era veramente lo spirito iniziatico e che, nell’autentica fraternità dei momenti difficili, avevano superato la mentalità profana – quando cioè non c’erano “Obbedienze”, gradi, orpelli ma soltanto la gioia di ritrovarsi – erano gli autentici martinisti che avevano raggiunto il mantello dopo essersi posta la maschera, e solo su quelli, Artephius sapeva di poter contare e decise di appoggiarsi ad essi in attesa che la situazione si chiarificasse.
87 - Decreto del Supremo Consiglio del 16 gennaio in Registro dei verbali, Fondo Tesoro dell’Ordine, pagina 18. Per la nomenclatura dei gradi amministrativi vedi anche: M.E. Allegri, Introduzione al segreto massonico, nota a pag. 80.
88 - Archivio dell’Ordine – Fondo Ripresa e Magistero Allegri, Cartella 3, Gruppo A.
89 - Purtroppo la lettera del 18 febbraio non esiste nell’Archivio. Sapendo con quanta cura Artephius conservasse anche i foglietti di appunti resta una sola ipotesi e cioè ch’Egli l’abbia portata al Gran Maestro e che questi se la sia tenuta. È noto che dell’Archivio personale di Allegri non molto si è potuto recuperare, e parte di ciò ch’Egli consegnò prima di morire è andato disperso come sarà illustrato più avanti.
90 - Rivista “La Fenice”, numeri 1-2, volume 1°, febbraio-aprile 1949 pagina 6 e seguenti.
91 - Idem, numero 3 del giugno stesso anno alle pagine 66 e seguenti.
92 - Vedi pag. seguente – È evidente l’influenza del Porciatti e del suo “Martinismo e la sua essenza” dove si sostiene, nel tentativo di giustificare una inesistente complementarietà fra il Martinismo e il Rito Scozzese, che la colonna B (o dorica, maschia, osidirica) è assegnata alla Massoneria mentre al Martinismo toccherebbe la colonna J (o ionica, femminile o iliaca). In proposito ci si richiama a quanto ha brillantemente affermato il Sup. Inc. Vergilius nel suo intervento su “Il Martinismo e la sua essenza” al Convento nazionale di Venezia del 1975, e cioè che l’iniziazione è contemporaneamente dorica e jonica (se proprio si vogliono affibbiare questi aggettivi architettonici all’iniziazione) perché il Tempio ha bisogno di ambedue le colonne per reggere l’architrave (o per sostenere l’Arco Reale).
93 - Relazione del 19 luglio 1950 della R?L? Intelletto e Amore (la carta intestata era quella dell’Ordine Martinista o degli Eletti Cohen sotto gli auspici del Supremo Consiglio della Vera e Aurea R+C). Si continuava, poi, ad usare il calendario scozzese. Va detto che nel secondo foglio, sotto il titolo Celebrazioni rituali era annotata: Commemorazione di M.E. Allegri, ciò che dimostrerebbe che Antelius, a quella data, si riteneva ancora collegato all’Ordine regolare.
94 - Cfr.: “Initium” Ann 1° nr. 1 (Bollettino della Comunione Italiana del Ven. O.M.) del 21-V-1951.
95 - Circolare della R.L. Intelletto e Amore A.V. Circ. II Luna di Heshvan 5711 A.M. (Archivio dell’Ordine, Fondo citato, Cartella 3, Gruppo B).
96 - Con la circolare sulla fondazione a Milano del sedicente Gran Consiglio Italico e le norme promulgate (le stesse che avevano provocato nel 1923 la proclamazione dell’indipendenza italiana dal Magistero Bricaud) i partecipanti alla riunione di Milano e i loro aderenti, si erano definitivamente posti fuori della catena martinista ed avevano posto in essere un tradimento verso Colui del quale, alla Gloria di Jod Hé Schin Vau Hé, invocavano gli auspici ad ogni apertura dei lavori e sulla carta e documenti da essi usati. E ciò forse senza volerlo e senza saperlo proprio a causa della loro scarsa conoscenza delle dottrine e della tradizione martinista, dimenticandosi – o non avendolo mai saputo – che Louis-Claude de Saint-Martin, unanimemente conosciuto come il capostipite del Martinismo al quale aveva dato il suo nome, e fin dal 1790, aveva presentato domanda di esser cancellato da tutti i registri e libri massonici nei quali figurava iscritto. Praticamente essi avevano formato una specie di Rito massonico che di martinista aveva soltanto il nome usurpato.
97 -Si tratta del gruppo “Silentium” ricostituito con bolla nr. 17 a Roma e poi uscito dalla catena dell’Ordine. La prima Bolla, miniata a mano dal fratello Manas è in possesso del Sup. Inc. Hermete; la seconda (di ricostituzione) non è stata restituita e, con la morte del suo destinatario, Aloysius, poco dopo la sua uscita dalla catena, non si sa dove sia finita. Comunque essa è stata sbarrata.
98 - Il fratello Sorgi ebbe praticamente da Porciatti la successione, che è quella della Reggenza. Persi i contatti con Venezia ed atteso tre anni che qualcuno si facesse vivo, a un certo momento i fratelli romani si costituirono in Gran Consiglio. Però, e questo è importante, inviarono fratelli all’estero per prendere contatti con le autorità martiniste. Cosa questa che, dal 1951 ho fatto io e il fratello SC…. che ora è a Londra, e i contatti furono fruttuosi. Abbiamo così ottenuto la rappresentanza dell’Ordine Martinista Rettificato e successivamente dell’Ordine Martinista di Papus e abbiamo nominato un Gran Maestro nella persona di Manfredo de Franchis riconosciuto dai rettificati, dal martinismo di Papus e da quello tradizionale. Però, anche in Francia esistevano diversi gruppi e fu un lavoro improbo e molto faticoso anche quello di porsi in contatto con Venezia e con le voci dell’esistenza di altri Gran Maestri. Poi, nel luglio di quest’anno c’è stata una determinazione del nostro Gran Consiglio:
99 -Archivio O.M. Fondo Ripresa e Magistero Allegri 1945-54, cartella 3, gruppo B.
100 - Ibidem – Fondo Convento di Ancona, Fascio III, mazzo B, lettera segreta di Aldebaran a Mercurius (Racc. R/R) del 10/5/1961: “Artephius pensò che, data la situazione, l’invadenza dei partiti, le continue evasioni e il sempre minor interesse per l’illuminismo dimostrato in quel periodo dagli stessi fratelli, succubi di ambizioni profane, fosse saggio dare tempo al tempo (…) seguiva la strada che Allegri gli aveva indicato, non ho alcun dubbio in proposito (…) in quel tempo ebbe anche un grave incidente d’auto che per poco non gli costò la vita (…). Fu allora che mi accorsi che cominciava a preoccuparsi per l’avvenire. Nel 1955, a Parigi, su suo incarico la sorella Myriam, in via privata ebbe approcci con il figlio di Papus che le disse testualmente di non aver “mai sentito parlare di Martinismo italiano” (…). Ogni qualvolta toccavo con lui l’argomento della successione diceva: “Sono una specie di Notaio della corona; sto cercando”. Poi apparve all’improvviso il VTL (Philalettes).
101 - Ibidem – Fondo Magistero Artephius, Vitali 1955-61, Gruppo A, lettera di Ambros ad Aldebaran del 2 luglio 1968.
102 - Cfr. E. Frosini: Massoneria italiana e tradizione iniziatica, Traidelli, Pescara, 1911, pag. 180.
103 - G. Ventura: I Riti massonici di Misraïm e Memphis, Atanor, Roma 1975, pag. 50 e pagg. 110-111.
104 - Archivio e Fondo citato, Gruppo A 1955-57.
105 - Ibidem.
106 - Fondo citato – Rituali e brevetti non furono né firmati né restituiti ma rimasero in Archivio quale prova dell’Onestübr> di chi li aveva inventati.
107 - Cfr. G. Ventura: I riti massonici etc, citato, dove il documento è riprodotto a pagina 149 con l’indicazione della fonte.
108 - Philalettes aveva già in atto il tentativo di agganciarsi ai francesi facendosi passare per il successore di Allegri attraverso Orthnus, servendosi anche dell’appoggio dei perugini.

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