sabato 2 aprile 2016

LE QUALIFICAZIONI INIZIATICHE NECESSARIE


articolo pubblicato su Ecce Quam Bonum n°9 
per informazioni o contatti: eremitadaisettenodi@gmail.com

“Ricordo ancora quanto molti anni fa mi trovai, a Roma, innanzi a colui che sarebbe divenuto, per sua sventura, il mio iniziatore. Questi, con il fare sbrigativo e scostante che gli è proprio, mi chiese come mai volevo essere associato al martinismo. La mia risposta fu che stavo cercando il cristianesimo esoterico. Dopo alcune domande, attorno alla mia vita e alla mia professione  fui congedato. Mentre sul treno, mi accingevo a tornare nella mia Toscana ricevetti una telefonata. Era il mio futuro iniziatore che mi convocava la settimana successiva per fornirmi la meditazione dei 28 Giorni. Mi chiesi, infastidito, come mai non mi era stata consegnata in quel nostro primo incontro, ma ben presto imparai che le vie dell’iniziazione sono spesso diverse da come noi le immaginiamo. Dopo la mia iniziazione passai i miei migliori anni di vita martinista da “isolato”, successivamente il servizio nei confronti dell’Ordine mi portò alla responsabilità verso fratelli e sorelle. Devo ammettere che la felicità da quel momento è stata messa a dura prova.“

Vi sono molteplici motivazioni per cui si giunge alle soglie dell’Ordine Martinista. Alcune di queste sono dettate da pulsioni sociali, da necessità di essere accolti, dal bisogno di essere compresi, altre da autentico Desiderio di percorrere una via iniziatica tradizionale. Ovviamente le prime, per quanto umane e comprensibili, sono in se e per se non adeguate e, auspicherei, non ricevibili. Un Superiore Incognito Iniziatore esperto cercherà, per quanto possibile, di portare all’evidenza del bussante la reale motivazione che lo spinge alla soglia del Tempio. Sottilmente cercherà di farlo desistere quand’essa risulta essere inadeguata o insufficiente rispetto al duro cammino che l’iniziazione comporta. Attraverso l’attesa si provvederà a far maturare e sedimentare la domanda, attraverso il rimandare si cercherà di saggiarne la volontà iniziatica, oppure si valuteranno gli adempimenti e gli inadempimenti, nel completare le fasi preparatorie all’associazione.  Amo sempre ricordare che non siamo qui per fare beneficienza, e neppure per sostituirci a qualche gruppo di supporto terapeutico o psicologico, quanto piuttosto per trovare uomini e donne meritevoli di ricevere l’iniziazione martinista, ed essere a loro volta i cuori pulsanti e vivificanti della nostra tradizione. Ecco quindi che dobbiamo valutare colui che desidera divenire nostro fratello, e ciò è fattibile grazie all’analisi delle motivazioni che lo spingono, in quanto sintomi del tipo di uomo che sotto tali agiti si cela.
Norbeto Bobbio ebbe a scrivere:” Il dato di fatto è questo: gli uomini sono tra loro tanto uguali quanto diseguali. Sono uguali per certi aspetti, diseguali per altri. Volendo fare l’esempio più familiare: sono eguali di fronte alla morte perché sono tutti mortali, ma sono diseguali di fronte al modo di morire perché ognuno muore in modo diverso.”
Parole vere, ed applicabili anche al contesto iniziatico. In quanto nelle nostre Logge operano fratelli che non sono astrattamente iniziati avulsi dalle contingenze del mondo, bensì vivono, come tutti gli altri, in una società che detta tempi e regole.
Ogni uomo è eguale innanzi ai due estremi della vita (nascita e morte), e certamente ogni uomo è degno di rispetto nella sua umana sofferenza ed aspirazione di vita. Al contempo ogni uomo è diverso innanzi alle cose dello spirito. E’ sufficiente osservare la nostra cerchia di amicizie, per scoprire colui che ha sensibilità verso questioni sottili, ed individuare colui che invece è refrattario ad ogni argomento che esula dal fallace tangibile del quotidiano. Così come la vita profana ci insegna che esistono ruoli e funzioni, per uomini dalle diverse attitudini, così la vita iniziatica dovrebbe suggerire che non è possibile concedere tutto a tutti, perché in realtà niente si concede, ma tutto si priva. La via iniziatica non è una via di immediato accrescimento, ma una via inizialmente di spogliazione. Solo quando l’essenza dell’essere sarà porta alla luce, liberandosi dall’involucro psicologico, essa, come un seme, germoglierà: permettendo a quell’unico fiore che noi siamo  di sbocciare.   Siamo sicuri che tutti, coloro che bussano, anelano a ciò?! Oppure hanno la possibilità di conseguire ciò?!
L’insieme di ciò che è richiesto al bussante, o che dovrebbe essergli richiesto, in relazione al tipo di percorso che lo attende, prende il nome di qualificazioni iniziatiche. Ecco quindi che esse non debbono, erroneamente, essere intese come un qualcosa di esterno ed ostativo, ma bensì come quei talenti di evangelica narrazione, che debbono essere debitamente, se posseduti, impegnati. In quanto non vi è dolo nel non possedere le qualificazioni, ma vi è dramma nel dissiparle.
Quali sarebbero le qualificazioni iniziatiche di cui un bussante al martinismo deve essere munito?
Esse si possono suddividere in caratteristiche psicologiche, ed in qualità spirituali.
Fra le prime troviamo la stabilità e l’equilibrio. L’associando deve avere una vita sociale e affettiva solida, non fonte di eccessivi turbamenti, capace di dare quelle giuste soddisfazioni, o almeno che non sia fonte di perniciose devianze o frustrazioni. Anticamente solamente colui che era sposato, ben inserito all’interno del proprio contesto sociale, e non soggetto all’altrui dominio o ricatto, era ammesso all’iniziazione. La libertà dello Spirito certo non è la libertà dalle cose di questo mondo, ma indubbiamente rendendoci schiavi, delle cose di questo mondo, difficilmente potremo aspirare alla prima.  La stabilità, maturata nel quotidiano, comporta quell’equilibrio interiore necessario per permetterci di operare proficuamente con gli strumenti che l’Ordine mette a disposizione. Essi non sono certo vuoti rituali, ma potenti utensili con cui incidere i veli della lusinghiera ignoranza in cui siamo avvolti. Il nostro rituale di loggia recita “Tutto è calmo ed in pace, tutto è giusto e perfetto”, a significare che questo stato di calma interiore, conduce alla pace e al riposo nelle benevoli braccia dello Spirito. Possibile che tutto ciò sia conseguito da colui che in se cova disagi e disordini psicologici? L’esperienza mi porta a dubitarlo. In realtà colui che è instabile nella vita profana, tenderà ad accentuare tale condizione psicologica: giungendo a compromettere se stesso, e la tenuta di tutta la catena.
La terza qualità psicologica o caratteriale è la capacità di attendere. Vi sono Postulanti che richiedono l'Iniziazione e dopo un lasso di tempo incredibilmente breve pretendono di dare lezioni di docetica, oppure pressano per essere passati di grado. Anche in questo caso la via martinista non è, o non dovrebbe essere, per loro. A tali personaggi, che non sanno attendere, che non comprendono come sia necessario farsi coppa, possiamo solamente suggerire di indagare attorno alla propria bramosia. E’ necessario lasciare i metalli, fra cui l'ambizione e l'ego, oltre la soglia del Tempio. E’ necessario, nei primi scalini della piramide rituale, operare al fine di smussare, integrare, separare, ogni elemento grossolano e spurio che contamina la nostra divina natura. Il lavoro rituale martinista, così come io lo intendo, è cadenzato dal severo ritmo della progressione dei giorni, dell’alternanza delle stagioni. Questi tempi non possono essere forzati, queste misure non possono essere alterate. La vetta di una montagna, raggiunta con mezzi non congrui, non è sinonimo di conquista ma di fallimento ed inganno. Ovviamente, tali qualifiche necessarie ed indispensabili, devono essere attentamente valutate da parte di colui che governa ed amministra. Vediamo fin troppi esempi di confusione e mistificazione, proprio in virtù di valutazioni non piene e sagge
La quarta qualità, di questo primo insieme, é la fermezza. Magari il Postulante ha un carattere stabile, é socialmente inserito nel tessuto sociale, ma non é fermo nella sua risoluzione di lavoro interiore. In questo caso, il postulante è volubile, lunatico, incapace di impegnarsi nella operazioni giornaliere corrispondenti al grado che ricopre nella catena martinista. Tale difetto caratteriale lo porterà a trovare sempre nuove scuse per rimandare, o per evitare, i compiti assegnati. Inizialmente agirà la pigrizia, che suggerirà tempi sempre più ristretti da dedicare ai rituali. Successivamente subentrerà lo scetticismo in merito alle operazioni, alla docetica, e alla filosofia del Nostro Venerabile Ordine. Infine compariranno superbia ed orgoglio che lo porteranno a rompere ogni contatto fraterno. Al contempo non è possibile pretendere che un essere umano si impegni in un rituale giornaliero, quando non dispone della capacità e volontà di disciplinarsi. Non possiamo credere, o auspicare, che egli colga il sommo valore della purificazione mensile, quando egli per primo vive costantemente in una situazione di dissolutezza e confusione. Non possiamo certamente ritenere che colui che persevera in una condizione di vita frammentata, possa intraprendere il nostro cammino. Il quale prevede una tendere alla reintegrazione della nostre parti scisse, e non certo alla disgregazione, all’esaltazione, alla allucinata manifestazione dell’ego.
Qualora accada che una persona sprovvista dei requisiti, sopra menzionati, abbandoni il percorso non mi lamento troppo: un albero sano è una pianta che muta la chioma, e indirizza la linfa vitale a quei rami capaci di dare frutto. Il nostro primo proposito è la trasmissione e la salvaguardia della compiuta iniziazione martinista, rispetto ad essa tutto è secondario e funzionale.
Quanto, brevemente, esaminato in precedenza è ascrivibile alle necessarie qualità psicologiche che il bussante deve avere per potersi impegnare su di un cammino iniziatico. Non credendo il sottoscritto ad una sostanziale comparabilità fra i diversi cammini, e ciò per semplice spirito di osservazione e mancanza di asservimento al politicamente corretto che tanto imperversa anche nei nostri ambienti, ritengo necessario che colui che aspira a divenire prima associato, poi iniziato, ed infine adepto di una particolare Gnosi, debba possedere delle peculiari qualificazioni spirituali. Concetto assai poco comprensibile per quei molti dispersi in fugaci e scomposte esternazioni,  in cui di ama parlare di Filosofi di Unità, di eguaglianza a prescindere da mezzi e possibilità, di impegno sociale e di apertura al mondo profano. Ancora le qualificazioni spirituali poco valgono per colui che ritiene che comunque tutto è assimilabile nella forma, per chi, saltando da ambito ad ambito, non cerca la conoscenza in esso raccolta ma un luogo dove depositare le proprie elucubrazioni o cercare ribalta.
Eppure la ragione d’essere di un Ordine Iniziatico o di un’Obbedienza non risiede in ciò che ha in comune con altri Ordini od Obbedienze, ma in ciò che da essi deferisce. In quanto se a fondamento, dell’esistenza stessa di tali strutture, poniamo quanto è inevitabilmente eguale, allora non vi sarebbe motivazione alla molteplicità dei depositi, delle forme, e dei rituali. Ovviamente per alcuni di essi non vi è altro motivo di esistenza che l’ego di taluni, ma avendo io riguardo a quanto è sano e non quanto è malato, ritengo che è nella varietà la ricchezza e non nella mortifera livella della eguaglianza e fratellanza formale. Gli Ordini e le Obbedienze, qualora sani e tradizionali, incarnano aspetti filosofici ed operativi peculiari, in quanto molteplici sono i tipi di uomo a cui si rivolgono. Discende da ciò che le qualificazioni sono necessarie, proprio perché ad ogni percorso corrisponde un tipo d'uomo, ed ad ogni tipo d'uomo corrisponde un percorso. Poniamo che decidiamo di giungere sulla vetta della montagna. Sarà in virtù della nostra capacità, costituzione fisica, e intelligenza che sceglieremo la via a noi maggiormente congeniale. Coloro che ritengono che non sussista qualificazione inevitabilmente procederanno lungo una via che si tramuterà, per loro, in danno e dolore. Fin qui poco male, tutto rientra all’interno di quel rigido meccanismi di causa ed effetto, ma qualora queste persone sono inserite all’interno di una catena, ed esercitano un ruolo che non gli è proprio, allora il dramma si ripercuoterà su molti. Disastro ancora maggiore qualora colui che è inadeguato, a causa di non comprensione o convenienza, si è ritrovato, ed i casi non sono rari, in posizione di governo rispetto ad altri. Un cattivo iniziato sarà, inevitabilmente, un cattivo maestro.
A proposito di questo pregnante argomento propongo un estratto di R. Le Forestier  ("La Massoneria Occultistica nel XVIII secolo e l'Ordine degli Eletti Coen"): "Per quanto fossero importanti le cerimonie delle Operazioni: prosternazioni, incensamenti, invocazioni con preghiere, tuttavia esse non erano del tutto efficaci; erano necessarie, ma non sufficienti. Per convalidare la loro azione  erano indispensabili tre fattori: la virtù mistica dell'operante, un'influenza astrale favorevole ed il concorso della  grazia divina. La virtù mistica dell'adepto, a sua volta, dipendeva da tre  condizioni: dal suo stato di grazia, da una soprannaturale  facoltà conferitagli dall'ordinazione, dalla cooperazione simpatica a distanza dei suoi uguali in iniziazione. La sola  precisione della cerimonia non basta" scriveva Pasqually nel  1768 a Bacon de la Chevalerie " sono necessarie anche l'esattezza della santità di vita [...] (all'adepto che vuole entrare in relazione con gli Spiriti), gli occorre una preparazione spirituale  fatta di preghiera, ritiro ed attesa" (V,229). L'Eletto Coen  doveva osservare una "regola di vita" molto ascetica. Gli  era proibito "per tutta la vita", nutrirsi di sangue, grasso e rognoni di qualsiasi animale, mangiare carne di piccione  domestico (111,76/77). Con estrema moderazione poteva darsi  ai piaceri dei sensi, poiché, per poter giungere al grado supremo, egli doveva astenersi da qualsiasi materia impura soprattutto dalla "fornicazione (relazioni sessuali) che crea  turbamenti all'anima" (11,105)"
Emerge chiaramente che l’iniziato, il reale iniziato, non deve avere una visione “rituale centrica”, non considera il rituale, qualunque esso sia, una sorta di panacea, o grande Totem, in grado di sopperire ad ogni mancanza morale, intellettuale, o spirituale. Egli inizialmente deve considerare la propria condotta di vita, e l’attinenza delle medesima agli impegni rituali che deve compiere. Ecco quindi che emerge il concetto di qualificazione, intenso non tanto come un “tesoretto” di varie qualità inerte e passivo, quanto piuttosto come un’assonanza armonica interiore, con il percorso su cui dobbiamo e possiamo procedere.
Nel martinismo, inteso come realtà operativa, vi è un complesso di rituali di varia prospettiva. Alcuni volti ad esercitare la teurgia, altri in chiave prevalentemente mistica, ed altri, infine, chiaramente sacerdotali. Colui che non ha in se le adeguate caratteristiche spirituali (il silenzio interiore e l’abbandono per il mistico, la capacità di governo interiore per il teurgo, e il sacro fare per il sacerdote) si troverà sicuramente nell’impossibilità di trarre reale giovamento da quanto porrà in essere. Da cui discende il decadimento del rituale in cerimonia, e dell’opera in farsa.
Altresì le qualificazioni, oltre ad essere necessitare per ricoprire un determinato ruolo all’interno di una qualsiasi struttura iniziatica, sono condizione indispensabile e necessaria per essere iniziati. In quanto se è pur vero che all’interno di una struttura sussistono mansioni diverse per tipi diversi di fratelli (esercizio del comando, esercizio amministrativo, esercizio sacerdotale, ecc.. ecc.) vi è comunque una matrice di fondo che unisce i vari fratelli ad essa aderenti. Matrice di fondo comune indispensabile affinchè l’Ordine sia realmente iniziatico, e non una semplice associazione umana, o una pantomina teatrale.
Ecco quindi se il nostro Venerabile Ordine ha come finalità quella di pervenire alla reintegrazione dell’Uomo, bisognerà che ogni singolo fratello sia orientato a tale nobile Opera. Al contempo essendo il nostro un percorso atto a forgiare dei Monaci Guerrieri, si dovrà verificare, nei bussanti, la presenza di quelle qualità ed attitudini psicologiche e spirituali affini con tale forma. Attitudine alla celebrazione e comprensione del sacro, servizio nei confronti dei fratelli, e quella santa virilità atta a difendere il sacro e i fratelli dagli agenti di prevaricazione.
«Finché scorgerai la minima macchia, e la minima sostanza opporrà una barriera ai tuoi sguardi, non abbi riposo perché sia dissipato quest’ostacolo: più penetrerai nelle profondità del tuo essere, più riconoscerai su quali basi riposa l’Opera»
(«Il ministero dell’Uomo-Spirito», Louis-Claude de Saint-Martin)
Come non condividere queste profonde parole del Filosofo Incognito. Le quali ci spingono senza sosta a ricercare il motivo profondo delle nostre azioni, e del basamento della nostra Opera Iniziatica? La quale, come un gigante dai piedi di argilla, crollerà rovinosamente qualora poggi sulla vanagloria, o su di una motivazione estranea all’ordine iniziatico. Quanto sarebbe utile che ognuno di noi incessantemente si chiedesse di cosa deve spogliarsi, per essere adeguato al percorso iniziatico intrapreso.
Purtroppo in alcuni ingenui vi è la credenza che il percorso debba essere comunque offerto, a prescindere dalle qualificazioni richieste. Creando situazioni di profondo sconforto personale, e alle volte tragiche ripercussioni per tutto il movimento martinista. Altri ancora ritengono di godere di un potere tale che possa sopperire ogni mancanza, spirituale o psicologica, dell’associando. In quanto menzionato, l’accorto osservatore, intravedrà l’incipiente ombra della rovina: il crollo della torre.
In conclusione di questo breve intervento riporto le parole, che spero siano per noi tutti fonte di riflessione, di Réne Guénon sulle qualificazioni iniziatiche:” Bisogna ritornare ora alle questioni che si riferiscono alla condizione prima e preliminare dell'iniziazione, vale a dire alle cosiddette « qualificazioni » iniziatiche; in vero, questo soggetto è dl quelli che non è possibile pretendere di trattare in modo completo, ma possiamo almeno apportarvi qualche chiarimento. In primo luogo, deve ben'essere inteso che queste qualificazioni sono esclusivamente del dominio dell'individualità; infatti se non vi fosse da considerane che la personalità o il « Sè », non vi sarebbe alcuna differenza da fare a tal riguardo fra gli esseri, e tutti sarebbero ugualmente qualificati, senza bisogno di fare la minima eccezione; ma la questione si presenta in modo ben diverso per il fatto che l'individualità deve necessariamente esser presa come mezzo ed appoggio della realizzazione iniziatica; in conseguenza, bisogna che essa possegga le attitudini richieste per rappresentare questa parte, ed il caso non è sempre tale. Se si vuole, l'individualità non è che lo strumento dell'essere vero; ma, se questo strumento presenta certi difetti, può essere più o meno completamente inutilizzabile, od anche esserlo del tutto. D'altronde, non v'è da meravigliarsi, volendo soltanto riflettere che, anche nell'ordine delle attività profane (o almeno divenute tali nelle condizioni dell'epoca attuale), ciò che è possibile per uno non lo è per un altro, e così, ad esempio, l'esercizio di tale o di tal'altro mestiere esige certe attitudini speciali, in pari tempo mentali e corporee. In questo caso, la, differenza essenziale è che si tratta di una attività appartenente al dominio individuale, attività che non lo oltrepassa minimanete e sotto alcun rapporto, mentre, in riguardo all'iniziazione, il risultato da raggiungere è invece oltre i limiti dell'individualità; ma, ripetiamolo ancora, quest'ultima deve non di meno essere presa come punto di partenza, e si tratta di una condizione cui è impossibile sottrarsi.”
Tristemente osservo come taluni, che si definiscono iniziati, siano sprovvisti non solo delle qualità iniziatiche necessarie, ma anche e soprattutto delle qualità umane. Per questi il martinismo è divenuto il luogo dove scaricare malumori, frustrazioni, mitomanie, deliri e fantasie maturate in altre istituzioni. Riversando in esso quei liquami che hanno contributo proprio a rendere le strutture di origine delle piante sterili. Ovviamente ciechi nel proprio orgoglio scaricano sugli altri i motivi della propria inadeguatezza e miseria.

Purtroppo è evidente il Tallone d’Achille di queste persone, e si può semplicemente riassumere in un concetto: ”Giunto l’estremo iato della loro vita, rendendosi conto che niente hanno realizzato, altro non hanno da fare che colpire coloro che ancora cercano di procedere rettamente lungo la via.”

ELENANDRO XI S:::I:::I::: 

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