venerdì 21 luglio 2017

MARTINISMI E MARTINISTI - Algol S.I.I.



Molte volte in passato si è tentato, in Italia, senza, peraltro, mai riuscirvi, di trovare un punto di coesione fra diversi Ordini Martinisti. Il più noto, sulla spinta di quello che fu stipulato in Francia fra Papus (Encosse) e Aurifer (Ambelain), è stato quello che avvenne, immediatamente dopo, quando, al Convento di Ancona del 1962, l’Ordine Martinista e l’Ordine Martinista degli Eletti Cohen, nelle persone, rispettivamente, di Artephius (Zasio) e Nebo (Brunelli), sottoscrissero un protocollo, dei princìpi da rispettare, per la riunione dei due Ordini. Un secondo tentativo fu espletato, nel 1983, fra Libertus (Comin) G.M. dell’Ordine Martinista Antico e Tradizionale, successore di Nebo, e Vergilius (Caracciolo) G.M. dell’Ordine Martinista, successore di Aldebaran. Entrambi i tentativi fallirono, ufficialmente, per diversità insanabili di impostazione: una visione mistica, quella di Aldebaran (Ventura), successore di Artephius (Zasio), ed una teurgica, quella degli Eletti Cohen di cui era G.M. Nebo (Brunelli).
Quello che sta accadendo, all’indomani del Convento di Ancona, ripropone una certa riflessione, anche se molta acqua è passata sotto i ponti e, fortunatamente, oggi tutti sembrano pervasi dalla opportunità, se non dalla necessità, di creare un qualche cosa di comune che superi le diverse visioni di impostazione tradizionale, per riconoscersi in alcuni principi comuni a tutti i Martinismi di qualsiasi scuola.
Vi sono diversi modi di disporsi, per approcciarsi al mondo iniziatico. L’atteggiamento di coloro che vi si avvicinano con un atteggiamento completamente passivo e che reputano principalmente gratificante sentirsi parte integrante di un circolo, di una associazione, iniziatica, parainiziatica, esoterica o paraesoterica che sia.
Prendere parte, alle vicende dell’associazione, gli consente di sentirsi partecipi di un mondo esclusivo e misterioso, e ciò è sufficiente a farli sentire realizzati. Costoro realizzano il proprio obiettivo, nel far parte del mondo iniziatico, con il porsi in attesa, nella convinzione che otterranno la propria affermazione personale confidando nel destino, rivelando, in ciò, un atteggiamento completamente passivo.
Poi ci sono quelli che, sono convinti di dover fare qualcosa, sanno che, per ottenere una trasmutazione di se stessi, debbono costruire qualcosa. Costoro, avendo chiaro lo scopo, per cui hanno cercato l’appartenenza al mondo dell’iniziazione, pensano di raggiungerlo facendo ricorso alle più svariate tecniche che, al di la delle singole particolarità, possono essere identificate, nella loro generalità, secondo l’accezione più comune, usata dagli studiosi di esoterismo, come tecniche attive o passive.
Di questi, tuttavia, soltanto una piccola parte prende coscienza di come si deve attivare. Nasce allora, nell’affrontare il problema del come attivarsi, la necessità di considerare che non esistono particolari tecniche. In realtà, non esistono tecniche che possono essere definite attive o passive; ma, piuttosto, dobbiamo soltanto considerare che esistono, semplicemente, due atteggiamenti, uno è l’atteggiamento completamente passivo, l’altro è l’atteggiamento attivo, che dovrebbe essere favorito e dinamizzato.
Qualsiasi tecnica, si voglia seguire, sia essa una tecnica passiva od attiva, assume una valenza attiva, soltanto in forza della attività che si pone nel dinamizzarla e nel renderla viva, tanto da farla diventare operante.
Tuttavia, forse, è bene chiarire che tutte le dispute, sulla attività o sulla passività delle tecniche o degli atteggiamenti, come tutte le diatribe, su quale sia la scuola di pensiero più valida, se la corrente mistica, o la corrente solare, sono dispute, tanto ridicole quanto inutili.
Anche in relazione alla tecnica più attiva di questo mondo, come anche in relazione all’atteggiamento più attivo, fintanto che si continua a dissertare, su quale tecnica di realizzazione privilegiare in un futuro, che non si sa bene quando, e se, verrà, si resta sempre in un atteggiamento passivo.
Allora, è, forse, il caso di chiarire che tutte le tecniche di realizzazione, qualsiasi tecnica, diventa attiva, quando viene applicata, ed è inesorabilmente passiva quando non si utilizza.
Anche un atteggiamento attivo, relativo ad una tecnica tradizionale, se non è seguito da una consapevole attuazione, resta a livello di una mera espressione filosofica. E dunque, siccome, di queste discussioni, si sente sempre parlare, diremo, per coloro che vogliono approfondire il problema, dal punto di vista filosofico, che ci sono interi libri scritti, a questo proposito, cui è possibile rifarsi.
Ed allora, schierarsi per l’attività o per la passività o dibattere sulla via attiva, via passiva, via solare, via mistica, via umida, come si voglia chiamarla, non serve a niente. È l’attività del comportamento che, rendendole indistinguibili, determina la identificazione delle vie.
Tutto diventa attivo, quando lo si applica concretamente. Anche la contemplazione del proprio ombelico può essere attiva, se è realmente perseguita con continuità e serietà. Se non ci si applica concretamente, si otterrà soltanto una contemplazione di tipo orientale, che porta, tutt’al più, alla concentrazione.
Né si può fare discorso diverso, anche in relazione al massimo concetto dell’attività, rappresentata proprio dall’atteggiamento alla teurgia. Del tutto inutili si presentano le discussioni, sulla natura stessa della reintegrazione, di cui parla Martinez de Pasquallis; non vale certo la pena discutere, se dobbiamo integrarci o se dobbiamo reintegrarci, su cui si dividono molte scuole di pensiero. Per taluni non possiamo parlare di reintegrazione perché non è mai esistita una caduta, mentre altri naturalmente dicono l’opposto
Che cosa volete che importi, a colui che desidera veramente progredire, nel cammino della propria reintegrazione od integrazione, stabilire se siamo caduti da uno stato edenico primitivo ovvero se sorgiamo con la terra e vediamo maturare, piano piano, dentro di noi, il fiore d’oro.
In realtà il problema è uno solo. Quello della costruzione della propria personalità, del proprio Sé o della rivelazione del proprio Sé, già esistente.
Ma, dico! Per stabilire se costruirlo, ovvero per farlo risplendere se c’è già, c’è forse bisogno di discutere? C’è, soltanto, da operare una decantazione delle cose che opprimono o che impediscono la manifestazione di questo Sé, e basta.
E però, quando uno ha capito che deve assolutamente fare qualcosa, se vuole avviarsi verso la sua integrazione - o verso la sua reintegrazione, non importa – deve, anche, assolutamente, stabilire dei punti fermi da cui partire.
Prima, dobbiamo metterci di fronte allo specchio e studiare il nostro essere, qual è, in questo momento, e quale dovrebbe essere. Qual è il nostro essere, con i nostri misteri, i nostri istinti, i nostri desideri; tutta la nostra personalità, tutta insieme, così come è, e come dovrebbe essere, secondo modelli ideali, che ci siamo creati, facendo riferimento a coloro che ci hanno preceduto, o che si sono affacciati nella nostra vita.
Il secondo punto è studiare com’è il mondo in cui noi siamo - e ci accorgeremo, magari, che il mondo non è che una semplice rappresentazione - e poi stabilire quali sono i rapporti tra noi e il mondo, tra il microcosmo ed il macrocosmo.
È chiaro che ognuno di noi ambisce a divenire qualcosa di diverso da quello che è attualmente. Si debbono, quindi, studiare i mezzi per trasformarci, da come siamo a come desideriamo diventare; per studiare questi mezzi, bisogna cominciare con il valutare noi stessi, dove siamo in questo momento.
Si capisce, così, che gli atteggiamenti, da tenere, sono l’uno in funzione dell’altro; il momento della attività passiva non si disgiunge da quella attiva. È abbastanza noto che esiste un legame segreto, che ci unisce al mondo, che lega il microcosmo al macrocosmo.
Quando vogliamo intraprendere un iter iniziatico, quale esso sia, dobbiamo prendere coscienza di tre basi fondamentali: noi stessi, quali siamo; ciò che ci circonda ed i rapporti che intercorrono, tra noi e quello che ci circonda.
Superare la soglia dell’evidente, immergersi nell’esame delle nostre emozioni, fino alla contemplazione della soglia, in cui si fissano i pensieri, fino ad arrivare a riconoscere le varie forze che ci animano. Prendere coscienza delle forze che animano l’universo, la natura e la consistenza della manifestazione, per giungere ad una conferma, più o meno consapevole, che le forze, che ci animano, sono analoghe a quelle che pervadono la manifestazione.
Questo percorso, se effettivamente intrapreso, è, in linea di principio, lo stesso, sia che si affronti con una tecnica meditativa, sia che si affronti ricorrendo ad una qualunque tecnica teurgica.
La conseguenza è che si manifesta, come del tutto inutile, stabilire quale delle due vie sia migliore, e che non ha senso voler convincere qualcuno, sulla prevalenza dell’una sull’altra. Quello che conta è operare secondo la Tradizione.
Solo così potremo lavorare proficuamente per la nostra reintegrazione e, secondo l’indirizzo di Martinez de Pasquallis, per la reintegrazione di tutti gli esseri nelle loro primitive proprietà, virtù e potenza spirituali e divine.

Algol Superiore Incognito Iniziatore e decano del martinismo italiano

pubblicato sulla rivista martinista "ECCE QUAM BONUM"


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martedì 18 luglio 2017

FORMA DEL MARTINISMO



Immagino che sia già emerso, dalla semplice lettura di quanto fino adesso scritto, che il martinismo contemporaneo si è caratterizzato per una serie di fratture e gemmazioni. Queste, dettate dalle più varie motivazioni, hanno determinato una frammentazione del movimento in una miriade di strutture fra loro variamente diversificate. Tali difformità riguardano la strutturazione, i corpi rituali, i depositi docetici, e le filiazioni. Alcune di essi mi inducono a ritenere che neppure siamo in presenza di fratellanze che raccolgono la forma e la sostanza martinista, bensì di vettori al cui interno è veicolato altro, oppure di involucri privi della legittimazione iniziatica. Altrettanto fonte di dubbio attorno alla regolarità iniziatica, è la constatazione, per colui che desidera constatare, che alcune strutture trovano nascita in figure umanamente rispettabili, ma che presentano nella loro vita marinista qualche discontinuità. Ad esempio l’aver conseguito in modo eterogeneo i gradi, oppure l’espulsione per gravi motivi da altra struttura martinista, oppure l’aver concesso, ad un Maestro ancora vivente, delega dei propri poteri iniziatici, da cui discenderebbe l’ovvia considerazione che non hanno il potere di formare nuovi Superiori Incogniti Iniziatori.
Senza attardarmi in siffatte osservazioni, che ritengo ci spingerebbero troppo lontano, mi permetto in questo breve paragrafo di descrivere la forma strutturale, in cui viene raccolta l’iniziazione martinista.
Abbiamo visto, caro e paziente lettore, come la piramide martinista sia per sua natura poco elevata nel suo insieme di gradi. Abbiamo l’Associato Incognito, grado probatorio, l’Iniziato Incognito, grado in cui si lavora sul piano ciclo lunare, il Superiore Incognito, grado di opera Luni-Solare, e il grado di Superiore Incognito Iniziatore, colui che trasmette l’iniziazione martinista. Ogni grado è caratterizzato da un sistema rituale e filosofico rituale che gli è proprio, e al contempo ogni grado trova fondamento nel precedente e completamento nei seguenti. Questo in ottemperanza della natura del Nostro Venerabile Ordine che vuole, o vorrebbe, i propri iniziati impegnati in un lavoro giornaliero, rituale e meditativo, volto alla reintegrazione dell’Uomo nel Divino. A tale insieme rituale, si aggiunge il lavoro collettivo di loggia,articolata nei tre gradi, ed eventuali corpi rituali collaterali. Quanto sopra, è in breve sintesi, l’articolazione del lavoro martinista. Devo però adesso indicare come l’iniziazione martinista è raccolta e trasmessa, o in altre parole quale forma visibile e tangibile caratterizza il Nostro Venerabile Ordine.



Superiore Incognito Libero Iniziatore. E’ un martinista che elevato al quarto grado, all’interno di una struttura, o da parte di un Superiore Incognito Libero Iniziatore, decide di non affiliarsi a nessuna struttura martinista. Egli quindi si organizzerà autonomamente, si spera all’interno di quella che è la docetica fondamentale del martinismo, per quanto concerne i lavori individuali e i lavori di loggia. In genere il Superiore Incognito Libero Iniziatore farà propri i rituali e i vademecum, l’insieme delle informazioni filosofiche e storiche sul martinismo, a lui consegnati dal proprio Iniziatore. Taluni S.I.L.I. hanno manifestato la tendenza, in parte poco comprensibile, di riunirsi in federazioni onde godere di un contatto con altri fratelli, e di una certa rappresentanza. In genere siffatte strutturazioni trovano espressione apicale in un Grande Maestro soggetto a termine, con conseguente nuova elezione, o in una qualche figura carismatica da cui tutti i Superiori Incogniti Liberi Iniziatori dipendono. Tale strutturazione, almeno qui in Italia, sembra non aver dato frutti durevoli. In genere si riscontra una notevole movimentazione, in entrata ed in uscita, di S.I.L.I. dettata da almeno due motivazioni. La prima consiste nella proliferazione di innalzamenti al quarto grado immediatamente a ridosso dell’elezione del Grande Maestro, ed una volta esaurita la funzione di elettori, con conseguente insoddisfazione per alcuni, si assiste ad un rompete le righe generale. La seconda è da ricercarsi in una docetica e ritualia fin troppo libera, che comporta inevitabilmente una discrepanza profonda di orientamenti filosofici ed operativi, tanto da rendere nei fatti i vari Filosofi/Iniziatori fra loro estranei. Nel momento in cui si prende coscienza di ciò, accade che le strade tendono a separarsi.

Ordini Martinisti. I maggiori ordini marinisti italiani sono: l’Ordine Martinista Universale, Ordine Martinista degli Eletti Cohen, Ordine Martinista filiazione Aldebaran-Vergilius-Arturus, Ordine Martinista filiazione Aldebaran-Vergilius-Gabriel, Ordine Martinista Antico e Tradizionale, Sovrano Ordine Gnostico Martinista, e Ordine Esoterico Martinista. A ciò si aggiungono due ordini di filiazione non italiana, i quali sono: l’Ordine Martinista Tradizionale (Amorc), e l'Ordine Martinista Isidiaco Osirideo (filiazione francese). Questi ordini per diffusione territoriale, presenza di logge in almeno tre regioni, e numero di affiliati, almeno 40 per Ordine, rappresentano la parte maggiormente consistente del movimento martinista italiano. Ad essi andrebbero sommati, se proprio lo desideriamo, una serie di altre realtà dalla genesi spesso variegata e misteriosa: frutto di scissioni, filiazioni di non chiara origine, ed espulsioni.
Un Ordine martinista che sia tale presenta in alcuni elementi caratteristici, di cui vado a dare traccia:
1. La presenza di un Grande Maestro in genere eletto a vita che, coadiuvato da una grande maestranza, rappresenta e governa pienamente l’Ordine. In genere al Grande Maestro è delegato il potere di elevare al quarto grado, seppur con difformità riscontrate tra i vari ordini.
2. L’esistenza di un corpo rituale e docetico pressoché eguale fra le varie logge che compongono l’Ordine.
3. Una certa stabilità eggregorica, almeno per quelle strutture sedimentate nel tempo e sufficientemente consistenti.
4. L’esistenza di una rete di rapporti formali ed informali con le altre strutture.

Mi preme, giunto a questo punto della narrazione, che molti degli Ordini sopra menzionati sono figli delle varie fratture, che nel tempo si sono verificate all'interno delle due grandi famiglie del martinismo italiano: quella riconducibile a Ventura e a Brunelli. I Venturiani, molto amanti degli intonsi documenti e vademecum, hanno la tendenza di spaccarsi, alle volte in modo assai colorito come nel caso del fratello Arjuna, al momento della lettura dei testamenti. Lanciarsi vicendevoli scomuniche, separarsi, e mantenere identico nome fino a consunzione di uno dei presunti Grande Maestro. I Brunelliani sono in genere dotati di maggiore fantasia. Non solo hanno la tendenza a spaccarsi al rinnovo della Grande Maestranza, ma essendo le loro strutture meno ancorate al tempo dei graffiti, e quindi maggiormente mutevoli, hanno la tendenza a separarsi per ogni questione docetica che assuma, ai loro occhi, una certa rilevanza: poteri del Grande Maestro, questione delle sorelle al quarto grado, ritualia, ecc. In entrambi i casi sono rare le strutture che presentano un proprio manifesto (una carata rappresentativa ed identificativa dell’Ordine), richiamandosi, piuttosto, alla presunta fedeltà verso il proprio fondatore, o hai, cosiddetti, intonsi rituali. Quasi che un lume tutelare o una carta siano in grado di sopperire a mancanze di carisma, e di quei requisiti essenziali che rendono un iniziato degno di tale nome.



Vorrebbe la tradizione che un Ordine Martinista trovi fondazione nell’atto di volontà di almeno tre iniziatori. Vorrebbe, dico io, la logica delle cose, che questi S.I.I., riuniti in Gran Consiglio, non fossero elevati al bisogno per insediare sullo scranno un qualche grande maestro. E’ triste pensare che la nascita di un ordine martinista sia dettata da logiche legate al personalismo, e dalla contingenza del momento. Purtroppo è dato di conoscere che spesso non è così. Rari sono i casi in cui un Ordine è tradizionalmente costituito, e ancora più rari sono i casi in cui un Ordine trovi in bolla di fondazione crogiolo di intendimenti, linee iniziatiche, ed idee di volontà. Detto ciò è sempre il tempo il grande giudice delle cose degli uomini, ma a noi non rimane che guardare con una certa curiosità quelle strutture rette da Grandi Maestri espulsi da altri ordini, o gemmate da altre strutture di cui mantengono eguali depositi docetici e rituali, o sorte dalla sera alla mattina con carte provenienti da qualche occulto circuito. Qualcuno potrà, certo, invocare la buona volontà, l’amore fraterno,  e la libertà fra pari. Indubbiamente belle e giuste parole, in bocca ad un associato od ad un estraneo. Purtroppo stonate agli orecchi di un divulgatore, il quale si permette di far notare che una realtà iniziatica è tale, solamente se ha in se quei requisiti iniziatici, e non illuministici ideali o democratiche aspirazioni, indispensabili per renderla tale. Questi sono la continuazione tradizionale all’interno di una chiara filiazione, la peculiarità docetica e rituale, e una ricchezza iniziatica non riconducibile ad unica radice. Qualora siamo in presenza di tali requisiti, allora sicuramente l’Ordine Martinista ha ragione d’essere e può ambire ad un futuro ricco di soddisfazioni spirituali. Qualora questi requisiti abbiamo a mancare, siamo innanzi ad una questione umana. Ogni tanto si leggono proclami, esternazioni, di fantasiose riunificazioni, vi sarebbe da chiedere e da chiedersi su quali basi e a che pro. Qualora siamo in presenza di Ordini senza i necessari fondamentali, ovviamente non possiamo, serenamente, neppure parlare di ordini. Qualora questi presentino identità docetica e rituale con altri strutture, dovrebbe semplicemente sciogliersi gli uni con gli altri. E’ possibile ipotizzare che una struttura che prevede un progressivo lavoro rituale, una peculiare docetica, e una ricchezza iniziatica, proceda la proprio scioglimento per perseguire i sogni di qualche visionario, che spesso neppure sa di cosa sta parlando ? Quale omogeneità spirituale ed energetica, quali qualificazioni spirituali saranno ottenute e richieste?

Le strutture sono necessarie in quanto offrono per le persone accorte la possibilità di riflettere, di porre domande, e di scegliere quanto maggiormente affine. Al contempo permettono che la trasmissione iniziatica martinista sopravviva, nella sostanza e non solo nella forma, al sovvertimento che sempre può insinuarsi in talune di esse.


Indubbiamente il panorama odierno non è fra quelli maggiormente edificanti. Nel volgere di pochi anni ben due Federazioni di Ordini Martinisti (La federazione ordini marinisti, e la fratellanza martinista italiana) hanno provato a raccogliere i martinisti italiani attorno ad una casa comune. I risultati sono stati a dir poco sconfortanti. Questo perché sussistono troppe differenze di genesi e di sviluppo nei vari ordini, e perché, aggiungo io, alcune strutture con molta difficoltà possono dichiararsi autenticamente martiniste. Ecco perché è auspicabile che vi siano si contatti, ma riservati, in questa fase, ai soli Grandi Maestri.


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La Costituzione di un Ordine Martinista





Distrattamente ho letto in questi giorni delle "buffe" osservazioni attorno al modo di costituire un Ordine Martinista. Le quali  sarebbero trascurabili se proferite da un "profano", ma essendo una divagazione da parte di un SII, di altra struttura, segnano fortemente il livello di impreparazione, che serpeggia in taluni.

Lo strabordante personaggio affermava, rivolgendosi a un profano e dimostrando così la propria statura ideale e morale, che un tale Ordine si era "autocostituito". 

Ora è bene precisare quanto segue: "ogni Ordine Martinista è autocostituito". 

Prendiamo ad esempio la notoria spaccatura che si è verificata nel 1923 fra il martinismo francese, al cui governo vi era Bricaud, e il martinismo italiano. Questa spaccatura legata ad una serie di innovazioni iniziatiche introdotte dal Grande Maestro Bricaud, portò la quasi totalità dei martinisti italiani, fino a quel momento governati dalla Francia, a staccarsi. Tale azione condusse i medesimi a costituire un nuovo Ordine Martinista, che nelle loro intenzioni doveva raccogliere la legittima docetica del Papus. 

In Italia, a seguito di ciò, si ebbe, per un numero imprecisato di anni, un delegato magistrale facente riferimento a Bricaud e un "nuovo" Ordine Martinista Italiano. Ordine che noi di radice Brunelliana chiamiamo di Venezia.

Sempre citando la storia, che è sana Maestra e non come le curiosità che sono insane pettegole, come non ricordare alla morte del Papus la costituzione dei seguenti Ordini Martinisti:

–  Ordine Martinista Tradizionale: Martines, Saint-Martin, La Noue, Hannequin, Le Touche, Desbarolles, Boisse de Mortemart, A. Chaboseau, Papus, Michelet, Jean Chaboseau (ultimo Gran Maestro che sciolse l’Ordine nel 1947),
–  Ordine Martinista di Lione: Martines, Saint-Martin, Chaptal, Bernois(??), Delaage, Papus, Teder, Bricaud, Chevillon.
–  Ordine Martinista Martinesista: come al precedente e da Chevillon e Dupont.
–  Ordine Martinista e Sinarchico: come quello di Lione fino a Teder, e poi a Blanchard.
–  Ordine Martinista Rettificato: come l’O.M.T. fino ad A. Chaboseau dopo Papus, e da questi a Boucher, Fusiller e Aurifer (R. Ambelain).
–  Ordine Martinista degli Eletti Cohen: Martines, Bacon de la Chevalerie, J.B. Willermoz (con agganci alla Stretta Osservanza ed ai Cavalieri Beneficenti della Città santa), Lagrèze, Aurifer.
– Ordine Martinista propriamente detto: discendenze dirette da Papus e suo figlio Philippe (con accordi del 1952 e 1958 e successivi con Dupont, Aurifer e Hermete (Ivan Mosca).

Tornando in Italia, chi mi conosce sa che non amo molto parlare di quanto accade oltre i nostri confini, dobbiamo ricordare come nel 1971 il Maestro Francesco Brunelli, uscendo dall'Ordine Martinista di Venezia assieme ad altri fratelli, costituì l'Ordine Martinista di Lingua Italica che poi prese il nome di Ordine Martinista Antico e Tradizionale (OMAT ancora oggi esistente). Da tale Ordine, per motivi non sempre lineari, sono gemmati (attraverso costituzione) molteplici altre strutture. Fra cui cito a memoria: OMEC, OMU, UNIONE MARTINISTA, ecc.. ecc...

Avendo ampiamente dimostrato, con la storia e non le barzellette, come tutti gli Ordini Martinisti presenti in Italia siano autocostituiti, vediamo adesso quali sono, o sarebbero, i requisiti per fondare un Ordine Martinista. 



Vorrebbe la Tradizione Martinista che fossero necessaria almeno TRE Superiori Incogni Iniziatori per costituire/fondare un Ordine Martinista. Quello che la nostra Tradizione omette esplicitamente, in quanto essendo essa Pura è Ingenua rispetto alle cose degli Uomini, è quanto segue: La fondazione di un Ordine Martinista dovrebbe avvenire in forza di reali motivazioni iniziatiche e docetiche, e non per il semplice trastullo di qualche isolato/scontento/ambizioso, che in virtù di impuntature varie secta l'Eggregore Martinsita. 

Ora, vorrei ben sperare come l'attuale panorama italiano, sia caratterizzato da strutture che hanno questi due semplici requisiti. Celiando posso affermare che formalmente tutto è spesso, non sempre, rispettato, ma sostanzialmente qualche osservazione si potrebbe pure avanzare attorno a situazioni di assoluta "MANCANZA DI OPPORTUNITA'". 

Nelle quali qualche frettoloso Iniziatore, che aveva prestato solenne giuramento al proprio Magistero, ha elevato al quarto due suoi fidati secondi ed assieme a loro ha costituito il proprio Ordine. Il quale è specularmente eguale, sotto il profilo docetico e rituale, rispetto a quello da cui si è "fratturato". Purtroppo coloro che causano siffatte azioni, hanno ben presto la dovuta ricompensa. La quale è spesso rappresentata dalla confusione generata proprio dall'impuntatura stessa (ad esempio: esco perchè un mio secondo non viene fatto terzo ? Questo novello terzo elevato quarto troverà modo di uscire, confondere e fare altrettanto).

Venendo adesso alla storia del Sovrano Ordine Gnostico Martinista, esso si costituisce il 26 Ottobre 2015 attraverso la sottoscrizione di una bolla di fondazione da parte di 11, cifra magica, Superiori Incogniti Iniziatori di varie linee italiane e non italiane. Alcuni di essi trovano posto nel nostro Supremo Consiglio, altri per spirito di fratellanza, e condividendo la bolla, posero di buon grado la loro firma alla bolla o consegnarono delega. Attualmente, che io sappia, solamente il Nostro Ordine nasce attraverso la sottoscrizione di una bolla fondativa, capace di raccogliere le diverse anime del martinismo. 

Auspico una maggiore capacità da parte di taluni di erudirsi, specie quando questi hanno, non si sa in forza di quali conquiste, compiti formativi.


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domenica 9 luglio 2017

Lettera ai Grandi Maestri: Le quattro criticità

Il 28 Aprile 2017, a seguito dì attenta analisi attorno allo stato dei nostri perimetri, il Sovrano Ordine Gnostico Martinista ha inviato la lettera che segue ai vari Grandi Maestri del martinismo italiano. In questa lettera venivano evidenziate quattro criticità tali da compromettere la trasmissione dell'iniziazione martinista. 

A tale lettera hanno risposto solamente due Ordini. 

Abbiamo, in virtù di tale fatto, ritenuto necessario investire l'intera fratellanza con queste modeste riflessioni. Le quali hanno come unico obiettivo quello di preservare la "Casa Comune", fin troppo funestata da passati rancori.



Amatissimo Fratello, 

Perdona questo modo non tradizionale attraverso cui ti contatto e perdona anche il disturbo che forse ti arrecherò con questa mia missiva. Ritengo, ma ciò che è importante ai miei occhi può non esserlo ai tuoi, che sia utile a livello di Grandi Maestri mantenere, specie in tempi confusi come quelli attuali, una qualche forma di dialogo. 

Il cuore di questa mia lettera è per esporti alcune riflessioni, attorno al panorama in cui i Nostri Venerabili Ordini sono necessariamente chiamati ad operare, onde preservare la testimonianza e la trasmissione dell’iniziazione martinista. Vi sono quattro fattori potenzialmente disastrosi per l’intero Nostro Movimento, ed essi devono essere oggetto delle nostre preoccupazioni e dialoghi, onde non dissipare l’integrità iniziatica e tradizionale del “martinismo italiano”. 

1. Il primo elemento è dato dall'irruzione massiccia, nel panorama virtuale e sul territorio, di strutture martiniste o sedicenti tali. Queste strutture si avvolgano di pittoresche linee iniziatiche della più esotica provenienza e fornite dai ben noti mercanti dell’iniziazione. Attraverso composite strutturazioni rituali, che niente hanno a che vedere con i nostri sacri perimetri, gettano confusione attorno a quella via di Conoscenza e Purificazione rappresenta dal martinismo. Purtroppo tale stato di cose è aggravato dal fenomeno social ed internet, su cui tornerò nei prossimi punti, che tutto mortalmente livella. 

2. Il secondo elemento è dato da una certa confusione, sempre in ambito social e internet, fra martinismo e Libera Muratoria. Ovviamente le difformità fra queste due Nobili Scuole di Formazione è per Noi ben chiara, purtroppo non lo è per molti. I quali, sovente, sono gettati in confusione proprio da comportamenti non lineari, a livello divulgativo, di certi personaggi. I quali, per me in modo incomprensibile, godono di un qualche richiamo nei nostri perimetri. Ho la sensazione, grazie alla presenza territoriale del Mio Ordine, che taluni utilizzino il martinismo, come una sorta di reclutamento ed avviamento alla Libera Muratoria; oppure come un luogo dove raccogliere Fratelli Liberi Muratori per finalità estranee alle nostre Prospettive Spirituali ed Iniziatiche. 

3. La presenza di sedicenti fratelli che, a corrente alternata, gettono discredito su tale Ordine o tale Grande Maestro. Fratelli dal percorso iniziatico non lineare, che hanno varcato la soglia di più Ordini, fino poi a dare vita a strutture, nominalmente e sostanzialmente, fuori da ogni REGOLARITA’ martinista e associativa profana. 

4. L’incapacità di impedire l’accesso ai perimetri dei nostri Templi a soggetti evidentemente disturbati e inadeguati, per qualifiche spirituali e psicologiche, al lavoro interiore che proponiamo. 
Ben comprendo, come per taluni, la necessità di dare sostanza alla propria Loggia sia impellente. Desidero però attestare, sapendo di avere la tua fraterna comprensione, che il martinismo non trova apparenza nei numeri, ma essenza nella qualità dei suoi devoti. Possibile che persone espulse da una struttura, o che ben sappiamo avere profondi disturbi psicologici, o instabilità profana siano accolte, a modo di TRANSUMANZA INIZIATICA, in altri ORDINI?! Mi chiedo cosa avverrà nel momento in cui tali individui, per l’ennesima volta si scaglieranno contro la Nuova, o Vecchia Casa? Quando metteranno alla berlina il proprio Iniziatore o Grande Maestro? Come sta accadendo in questo momento, e come è già accaduto, nei confronti di un Nostro Pari (che incidentalmente non è il sottoscritto)?! 

Amatissimo Fratello, ritengo che certi ragionamenti siano prerogativa solamente di coloro che, essendo al Governo di Ordini, abbiano sviluppato quelle determinate caratteristiche psicologiche e spirituali di Servizio per i Fratelli e Amore per la Nostra Via; ovviamente tutto ciò nel rispetto dell’autonomia docetica, rituale ed organizzativa delle Varie Strutture. Purtroppo, Amato Fratello, dobbiamo ben comprendere come il danno arrecato ad Uno di Noi o ad Un Ordine, inevitabilmente si ripercuote su tutte le altre strutture. Al contempo la perniciosa percezione, spesso frutto di disonesta divulgazione, attorno al martinismo, può causare un nocumento a tutta la fraterna collegialità. Infine ritengo, concludendo, profondamente deleterio, e miope, dare spazio e voce a personaggi ambigui e anarcoidi, che per loro intrinseca NATURA, ben conosciuti dagli annali dei Nostri Ordini, sono più portati al Danno che all’Amore. Nutro la speranza che sia possibile assieme alla Tua Amata Persona, come con agli Altri Grandi Maestri che dimostrino sensibilità a questo mio scritto, di prevedere azioni concrete o almeno concertazione per salvaguardare il deposito e i perimetri del Martinismo Italiano. 

Ti Saluto Innanzi alle Nostre Sacre Luci. Elenandro XI Grande Maestro Sovrano Ordine Gnostico Martinista